Con Lo Russo tutta un'altra cosa

Ad appena un anno dal suo insediamento a palazzo di Città, Stefano Lo Russo – almeno a mio parere come di molti altri sindaci e amministratori locali della provincia di Torino – ha confermato le attese della vigilia. Si tratta, cioè, di un sindaco che conosce profondamente e dettagliatamente la macchina amministrativa, dotato di una spiccata cultura politica e con le idee sufficientemente chiare sul futuro e sulla cosiddetta “vocazione” della città capoluogo. E, soprattutto, per la prima volta dopo l’istituzione della giustamente tanto contestata Città metropolitana, si intravede un governo del territorio extra cittadino degno di nota. Cosa, è bene sottolinearlo con forza, che non era mai accaduto nel passato recente e meno recente. Cioè, né con Fassino e men che meno con Appendino. Adesso la percezione di una inversione di rotta è netta.

Ora, è francamente difficile nonché impossibile trarre un bilancio politico ed amministrativo dopo appena un anno di mandato. Ma, tuttavia, è possibile almeno su due versanti arrivare a delle conclusioni oggettive.

Innanzitutto, con le prime scelte politiche della giunta Lo Russo c’è la piena consapevolezza che senza crescita economica e produttiva non ci può essere un serio e credibile rilancio della città. E, soprattutto, del suo reddito pro-capite e della sua ricchezza complessiva. E le scelte concrete fatte da un lato e i progetti in cantiere dall’altro confermano pienamente questo assunto. Insomma, si tratta di perseguire sino in fondo quello che comunemente viene definito come “visione di insieme della città”. Ovvero, il suo progetto politico ed amministrativo.

In secondo luogo, la volontà, peraltro tenace, di proseguire e soprattutto rafforzare la vocazione turistica, culturale, tecnologica e sportiva della città. Una vocazione maturata durante la straordinaria esperienza di Torino 2006 che poi si è progressivamente dispersa ma non del tutto appannata, malgrado la stagione caratterizzata dal grillismo. Un tassello, questo, che non va confuso ovviamente con l’antica e pur sempre contemporanea vocazione industriale, manifatturiera, produttiva e tecnologica del capoluogo subalpino ma che, tuttavia, contribuisce a dare prestigio ed autorevolezza al ruolo di questa città nello scacchiere italiano, europeo e mondiale.

Dopodiché, com’è altrettanto ovvio, restano aperte alcune grandi questioni che sono comuni a tutte le altre grandi città del nostro paese. E cioè, dalla tutela dell’ordine pubblico alle condizioni reali delle periferie, dalla “questione sociale” che si manifesta in tutte le sue multiformi espressioni alla crescente povertà di molti cittadini. Elementi drammaticamente importanti che si intrecciano, però, con problematiche nazionali che, del resto, sono in cima alle priorità del nuovo governo guidato da Giorgia Meloni. Certo, anche il governo locale deve contribuire ad affrontare queste problematiche che toccano direttamente le condizioni di vita di tutti i cittadini, soprattutto di quelli che sono più in difficoltà.

Comunque sia, mi pare che si possa tranquillamente dire che anche al Comune di Torino e nella Città metropolitana è ritornata la politica. E con la politica una visione progettuale e un disegno di città. Tasselli di un mosaico, quindi, che non possono che rafforzare Torino e il suo hinterland nello scacchiere nazionale ed europeo.

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