Popolari e Pd al capolinea

Diciamoci la verità. Le stagioni politiche si susseguono rapidamente e cambiano, altrettanto frettolosamente, le condizioni che hanno caratterizzato anche solo in un recente passato il cammino concreto dei partiti. È il caso, ad esempio, del Partito democratico. Oggettivamente, e senza alcuna polemica, è del tutto evidente – come emerge da tutte le riflessioni dei vari opinionisti e commentatori sul campo – che il Pd ha un grande ed esclusivo obiettivo: ridisegnare e rilanciare il patrimonio, la storia e la cultura della sinistra italiana nello scacchiere politico nazionale. Un elemento che quasi si impone dopo la bruciante sconfitta elettorale del 25 settembre scorso e la necessità, al contempo, di competere con la “sinistra per caso” del partito populista, demagogico e antipolitico per eccellenza rappresentato dai 5 stelle.

Non a caso, la priorità del Pd, oggi – è appena sufficiente scorrere i propositi dei molteplici candidati alla segretaria nazionale del partito per rendersene conto – è quello di recuperare e riattualizzare il progetto di una “nuova sinistra”. In perfetta sintonia con la tradizione e la storia del Pci/Pds/Ds/Pd. E quindi, e di conseguenza, nulla a che vedere con la stagione e la cultura originaria del Partito democratico a guida Veltroni. Del resto, la decisione di riscrivere il “Manifesto dei valori” del partito risponde oggettivamente a quell’obiettivo. Una discontinuità netta e secca rispetto al percorso intrapreso nel lontano 2007 quando le principali culture riformiste e costituzionali dovevano convergere per elaborare un progetto politico inclusivo, culturalmente plurale e politicamente innovativo.

Ora, alla luce di ciò che sta oggettivamente capitando oggi, che cosa c’entra la cultura Popolare e cattolico-sociale con il Pd contemporaneo? La risposta è abbastanza scontata per chi non ha il prosciutto agli occhi: ovviamente nulla. Certo, il mondo e l’area popolare è variegata e articolata. E cioè, come ovvio, è un’area plurale almeno sotto il profilo delle concrete scelte partitiche. E, di conseguenza, alcuni Popolari continueranno a lavorare per costruire il nuovo progetto del Pd, cioè quello di dare consistenza e visibilità alla storia della sinistra italiana. Soprattutto coloro che sono stati premiati, per l’ennesima volta in compagnia dei propri cari e cortigiani, con le recenti candidature al Parlamento. È di tutta evidenza, e comprensibilmente, che questi amici non abbandoneranno il Pd anche quando cambia radicalmente la sua “ragione sociale” e il suo progetto politico originario.

Detto questo, però, si apre un nuovo spazio per l’area popolare italiana e per tutti coloro che, semplicemente, non hanno più una rappresentanza politica organizzata. Cioè non hanno più un partito di riferimento. E, non a caso, c’è una forte e massiccia mobilitazione a livello nazionale e a livello locale per favorire una nuova e rinnovata “ricomposizione” di quest’area fatta da amministratori locali, di pezzi consistenti dell’associazionismo cattolico, di mondi vitali, di realtà sociali e, soprattutto, riconducibili al pianeta del volontariato. Oltre a tutti coloro, e sono la stragrande maggioranza, che molto semplicemente non si riconoscono più nell’attuale geografia politica/partitica italiana. E cioè, che sono anche radicalmente indifferenti a ricostruire la sinistra italiana e non si riconoscono pienamente in altri soggetti politici. Certo, l’area centrista resta quella privilegiata, com’è facilmente comprensibile. Ma, anche su questo versante, i partiti di Renzi e di Calenda, com’è a tutti noto, non possono ridursi ad essere due partiti sostanzialmente “personali” dove c’è la totale ed esclusiva identificazione tra il “capo” e il partito. Dev’essere, cioè, un centro plurale, inclusivo e realmente democratico. Sul versante del centro destra occorre attendere come si evolverà il quadro politico di quell’alleanza, cioè se vengono abbandonate definitivamente le spinte sovraniste e massimaliste di alcuni partiti.

Comunque sia, per l’area popolare e cattolico sociale si apre una nuova fase politica e, soprattutto, organizzativa. Una stagione accompagnata da un nuovo protagonismo politico e culturale. Al di fuori di ciò che capita nel campo della sinistra e della sua ristrutturazione. Quella pagina è, ormai, archiviata e consegnata alla storia.

print_icon