Portici di cartone

Natale è alle porte. Il traffico frenetico, le luminarie nelle vetrine e sulle strade, le persone a passo spedito cariche di pacchi, i palinsesti televisivi, sono l’indice incontrovertibile dell’approssimarsi del 25 dicembre. La festa della Natività, dagli anni del boom economico, concilia il consumismo dominante (regali e cibo in abbondanza durante i cenoni) con i buoni sentimenti.

Lo strano connubio lusso/pietas si manifesta soprattutto in centro città, dove lo shopping natalizio si imbatte in una miriade di mendicanti. Coloro che escono dai negozi griffati vengono colpiti da un irrefrenabile moto interno, forse dovuto a un considerevole senso di colpa, che li obbliga a mettere mano al portafogli per offrire elemosine.

Il passante, di norma indifferente a tutto, se dopo aver speso un piccolo capitale per acquistare un gioiello, oppure un capo firmato, incontra una persona senza fissa dimora può cadere vittima del profondo imbarazzo. Il meccanismo psicologico è facile da comprendere e pure da sfruttare, generando in tal modo un surrogato della ridistribuzione della ricchezza e una parvenza di giustizia sociale. Purtroppo però c’è chi approfitta di questa tensione interna per togliere non solo ai ricchi, ma soprattutto ai veri senza tetto.

Nel gennaio 2021, l’allora comandante della polizia municipale torinese descriveva ai giornalisti un centro città trasformatosi in un gigantesco bancomat. L’ufficiale sbagliò poiché non fece, nella sua dichiarazione, le opportune distinzioni tra persone davvero allo stremo e simulatori, ma la carta stampata preferì non approfondire scegliendo di attaccare indirettamente la sindaca bollando il comandante di cinismo.

Il meccanismo fu più o meno uguale durante il percorso d’aula della delibera che si proponeva di regolare l’uso di animali d’affezione per questuare sulle strade. L’atto voleva prevenire maltrattamenti o traffici di esseri (compresi rapimenti) usati per garantire ai “finti” mendicanti incassi sicuri. Ma ancora una volta la superficialità della conoscenza dei fatti, l’ipocrisia e la strumentalizzazione politica, etichettarono il provvedimento come un atto disumano a danno della povera gente.

L’assenza di capacità di osservazione, in primis dei fenomeni che attraversano Torino, e la mancata presa di coscienza di quanto accade sulle nostre strade rendono impossibile la ricerca di soluzioni a problemi complessi. Antonio Gramsci nell’articolo “Politici inetti” pubblicato il 3 aprile 1917 scriveva: “Se l’uomo politico sbaglia la sua ipotesi, è la vita degli uomini che corre pericolo, è la fame, è la rivolta, è la rivoluzione per non morire di fame”. Terminava poi: “I politici italiani ignorano la realtà […] sono dei dilettanti, dei superficiali […] sono retori pieni di sentimentalismo, non uomini che sentono concretamente”. Victor Hugo ne “I Miserabili” descrive la realtà oltre il sentimentalismo, il mondo degli oppressi spaccato in due: da una parte coloro che prendono coscienza di classe e lottano; dall’altra chi truffa i propri simili con lo scopo di fare denaro a tutti i costi.

Fermarsi ad osservare è oggi più utile che mai. Guardare la Torino dei cartoni sotto i portici e comprendere cosa davvero sta avvenendo, permette di constatare il tuffo nel passato che ha fatto la nostra città. Il sistema del welfare, infatti, è arretrato a livelli ottocenteschi e non è in grado di occuparsi degli adulti in difficoltà, degli homeless, se non in piccola parte. Del resto, una città civile non può ammettere che persone dormano in strada: non lo può permettere in estate e meno che mai in inverno con le temperature minime sotto zero. Il diritto alla casa è sostanzialmente negato e le istituzioni non sono capaci di porre rimedio al dramma in corso, così come non riescono a individuare i veri senza tetto da chi invece finge per far mettere ai passanti mano al portafogli.

In questa Torino oramai annichilita qualcuno ha compreso il business che poteva derivare da un sistematico rastrellamento di elemosine. Probabilmente è nato da questo presupposto il “giro” dei mendicanti che ha costruito una baraccopoli di cartone nel cuore della città, e che paradossalmente è riuscito ad emarginare ulteriormente i veri emarginati. Il cosiddetto “racket delle questue” ha occupato “militarmente” via Roma, alcuni tratti di piazza San Carlo e altri portici, spartendosi le aree di intervento. All’alba, questi inverosimili clochard raccolgono in enormi scatoloni i materassini e i piumoni usati di notte, accatastando il tutto sotto i portici. Sovente è possibile constatare turnover e pause di riposo fatte probabilmente sotto un tetto, in una casa.

Solitamente si tratta di ragazzoni che parlano lingue slave, ma la comunità include donne, qualche anziano e soprattutto cani di taglia media. Una sorta di immagine standard che comprende anche il cartello “Dormo in strada”. Li coordina una capofamiglia, il quale all’arrivo della sera controlla non vi siano zone scoperte e che tutto vada per il meglio.

Macchina da guerra vera e propria, l’organizzazione è stata ideata solo per raccattare soldi e quanto distribuito dalle ronde notturne dei volontari (convinti di aiutare bisognosi e clamorosamente raggirati), mentre i clochard, le vittime di licenziamenti, gli esuli, i migranti senza alcun sostegno, gli sfrattati o coloro in preda a un crollo psicologico devono cercarsi posti meno trafficati (anche meno protetti) per non fare concorrenza alla moderna “Corte dei miracoli”.

Fare errori nell’analisi di quel che accade sul territorio significa vanificare qualsiasi forma di prevenzione del disagio, e quindi abbandonare la città a sé stessa. Non fornire una sistemazione ai senza fissa dimora, separando il vero dramma dalle tante truffe, e tollerare che il più fragile soccomba davanti a sfruttatori senza scrupoli porta la nostra mente all’Europa narrata da Dickens e Hugo, ma con una differenza importante: oggi manca la speranza in un mondo nuovo, fatto di fratelli, e nella giustizia sociale.

Buon Natale, Torino di cartone. Se il tuo sogno è quello di diventare una metropoli statunitense o sudamericana, allora ti trovi davvero ad un passo dal realizzarlo.

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