TRAVAGLI DEMOCRATICI

"Con Bonaccini Pd fuori dal guado".
Bresso torna in campo (e a Bruxelles)

L'ex presidente della Regione si schiera con il governatore emiliano. Schlein? "La conosco e non la voterei mai". In Piemonte Rossi "farà bene, ma mi sarebbe piaciuta la Rossa". Succederà a Majorino che ha promesso di lasciare il parlamento europeo

“Credo che siamo tutti d’accordo sul fatto che il Pd non stia bene. Non so quanti sono d’accordo sulla mia convinzione che questo stato di salute sia colpa dei nostri dirigenti”. Anche stavolta Mercedes Bresso non smentisce il suo approccio deciso, spesso ruvido, alle questioni su cui altri si esercitano in equilibrismi prossimi alle supercazzole.

L’ex presidente della Regione Piemonte, europarlamentare non rieletta alle ultime consultazioni, ma pronta a tornare, nei prossimi mesi, a Bruxelles subentrando quale prima dei non eletti al candidato alla guida della Lombardia Pierfrancesco Maiorino che ha già annunciato la sua rinuncia allo scranno in Europa, non usa troppa diplomazia. Neppure per liquidare come “menate” le farraginose procedure per arrivare al congresso e individuarne nuove regole.

Parla con lo Spiffero mentre viaggia in macchina, ma la direzione da prendere per portare un nuovo segretario al Nazareno le è ben chiara, senza bisogno di fermarsi a un bivio: “Stefano Bonaccini è la persona giusta. Ha vinto una sfida difficilissima nella sua regione e poi non possiamo essere né un partito di centro, né di estrema sinistra, siamo il perno del centrosinistra. E lui è perfetto per interpretare il ruolo che il Pd deve esercitare”.

Non mette nel mirino Eddy Schlein, ma certo Bresso si mostra molto, molto lontana dall’ex collega europarlamentare: “La conosco bene, a me quelli che usano le porte girevoli, se ne vanno poi tornano, non mi piacciono. Simpatica, intelligente, ma non la voterei mai”, anche se l’ex “zarina” di Piazza Castello non nega che l’idea di una donna segretario sarebbe più che buona. D’accordo ci sarebbe Paola Demicheli, ma nessuno nel partito finge di non sapere che il duello sarà tra il governatore dell’Emilia-Romagna e la sua ex vice. “Si, mi piacerebbe votare una donna, però bisogna essere realisti. Magari, ecco si potrebbe fare in Piemonte”. Ad oggi l’unico candidato alla segreteria è il consigliere regionale novarese Domenico Rossi. “Non lo conosco molto, ma credo che farà bene. Il fatto che non sia un torinese può essere un segnale a una parte del Piemonte che non ci ha mai votato molto. A me piacerebbe che ci fosse anche una donna a contendere, le cose unanimiste non mi piacciono molto. Penso per esempio a Rita Rossa, una figura che viene da una esperienza amministrativa, che ha la grinta necessaria e una storia di provenienza socialista”. Assai meno lusinghiero il giudizio sulla segreteria regionale uscente “dove di grinta non se ne è vista, con una gestione molto debole di un partito che non ha fatto campagna elettorale tant’è che non abbiamo un parlamentare piemontese in Europa”.

Ritorna spesso, l’ex presidente della Regione, su “quegli errori imperdonabili, come pensare ed essersi presentati come gli unici sconfitti dalle elezioni politiche” e non di meno “aver rinunciato troppo presto ad aprire ad alleanze che avrebbero potuto cambiare lo scenario”. Con la premessa che “in politica non si deve usare ma parola mai”, Bresso va giù per le trippe con i Cinquestelle: “andava detto loro che erano degli abietti deficienti, avendo fatto cadere il governo di Mario Draghi, una porcata. Dopodiché io ricordo di aver governato anche con Rifondazione Comunista, e altre forze estreme, perché le maggioranze vanno costruite senza pregiudizi”. Convinta di “alleanza che avrebbe potuto vincere”, bolla quella chiusura come “errore clamoroso della dirigenza”, cui si aggiunge quello “di essere il partito che ha sempre segretari che fanno harakiri, portando a una situazione ridicola di stare sei mesi a discutere sul congresso. Adesso, finalmente, facciamolo e scegliamo chi ha la caratura del vincente”. 

print_icon