Agnelli e Rossa, due morti e il filo spezzato

Vent’anni fa, il 24 gennaio 2003, moriva Giovanni Agnelli. Una folla immensa, si disse circa 100mila torinesi e non solo, si mise in fila per rendere omaggio all’Avvocato. Duecentocinquantamila persone, lavoratori, pensionati, semplici cittadini e politici ipocriti, escludendo il grande Presidente Sandro Pertini ed Enrico Berlinguer, parteciparono sempre il 24 gennaio ma 44 anni fa, ai funerali di Guido Rossa, ucciso dalle Brigate Rosse.

C’è un filo che lega queste due morti, la scomparsa di uno dei simboli dell’industria e quella di Rossa, violenta e inaccettabile: la storia sindacale, del movimento operaio e dei conflitti sociali che, seppur in modo diverso, pervadono ancora il nostro Paese.

Il filo che non li lega ma dovrebbe far riflettere è che oggi Gianni Agnelli viene ricordato in tutte le sue sfaccettature e ricordi tranne che nel suo ruolo politico di imprenditore che ha ricoperto incarichi importanti nelle relazioni sindacali in Italia, a partire dalla presidenza di Confindustria dal 1974 al 1976 che sarà ricordata attraverso l’accordo sulla scala mobile, o meglio la modifica della scala mobile nata nel 1945, che aboliva la differenziazione fra categorie. Lo scatto di contingenza (importo mensile lordo da corrispondere in più a ogni punto di incremento del costo della vita) diveniva uguale per tutti, dal semplice manovale allo specialista, al quadro impiegatizio.

Come non bisogna dimenticare la sconfitta sindacale dei 35 giorni del 1980, dove la forza del movimento operaio italiano si infranse contro la contromanifestazione della marcia dei quarantamila.

Il filo che non lega Guido Rossa alla morte di Giovanni Agnelli avvenuta nello stesso giorno ma 24 anni prima è che oggi nessuno parla di Guido Rossa. Eppure, l’uccisione del sindacalista Fiom, che denunciò la presenza delle Brigate rosse all’Italsider di Genova (consiglio la lettura del libro di Sergio Luzzato, anche per quanto riguarda il sostegno che ricevette dal sindacato alla sua denuncia dei terroristi) insieme al pentimento di Patrizio Peci e alla successiva uccisione del fratello Roberto, contribuirono alla presa di coscienza nel paese, nella sinistra, nel sindacato che bisognava agire per sconfiggere il terrorismo.

Cronologicamente Peci compì le sue azioni terroristiche contro dirigenti Fiat nel 1977 e fu arrestato e si pentì, nel 1980. Guido Rossa fu ucciso nel 1979 e il fratello di Peci nel 1981. E può sembrare paradossale che l’accordo sulla modifica della scala mobile, favorevole per i lavoratori, avendo l’Avvocato come sottoscrittore che fu, però, fortemente criticato da economisti come Modigliani e da molti industriali. Agnelli, quindi, passava come un “agnello” nei confronti del movimento sindacale, avendo anche costruito un feeling in particolare con Luciano Lama. Ancora agnello o messo da parte, vedere alla voce Enrico Cuccia, quando cinque anni dopo Cesare Romiti assume i pieni poteri in Fiat e si apre lo scontro con il sindacato.

Al sindacato oggi corre il dovere di ricordare Guido Rossa perché valorizzò la coerenza anche in momenti difficili come denunciare il collega di lavoro terrorista con tutti i pericoli, sino alla sua morte, che ne derivarono. Un insegnamento che vale ancora oggi in tutte le situazioni e se pensiamo all’omertà che ha circondato la latitanza di Matteo Messina Denaro possiamo tranquillamente affermare che quel valore di rettitudine etica e morale resta un insegnamento attuale per tutti i sindacalisti e non solo nel sindacato.

Ecco perché oggi nel ventennale della morte dell’Avvocato Agnelli voglio ricordare un operaio che ha dato la vita per salvaguardare la democrazia nel nostro Paese e ci ha insegnato che denunciare l’ingiustizia non è infamia ma rettitudine e onestà, come dovrebbe spettare a ogni cittadino.

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