Jobs Act e art. 18, la politica tiktoker

Ancora l’art. 18. Lo rispolvera Antonio Misiani, responsabile economico del Pd, in relazione alla proposta rifiutata due anni fa dall’ingegnera edile genovese a cui è stato proposto, non un contratto di lavoro, ma di aprire una, di fatto, finta partita Iva. Tutti i soggetti, l’ingegnera due anni dopo e l’esponente Pd a cui si aggiunge l’eletto nelle liste dem, Nicola Fratoianni, si chiedono dov’è la sinistra e di bloccare la discesa dell’asticella dei diritti. Ovviamente, essendo in campagna elettorale per le regionali nel Lazio e in Lombardia e sono in corso le primarie del Pd parte l’attacco al Jobs Act e si riesuma l’art. 18.

Ecco, se il Pd rispolvera l’art. 18 è chiaro dove va la sinistra: verso l’ennesimo abbaglio demagogico e populista, di sinistra, ma perdente e irreale.

Ho passato la mia vita lavorativa e sindacale, quarantennale, tra i metalmeccanici e devo dire che ho visto pochissimi, salvo rare eccezioni, lavoratori che hanno accettato il reintegro con l’art.18. Tutti sanno che rientrare in un luogo di lavoro in cui sei riammesso per sentenza è difficile per le condizioni ambientali che ritrovi. Infatti, la stragrande maggioranza sceglie l’indennizzo economico. Ma non è questo il tema vero. Però questa è la realtà dei fatti e lo dico per chi approccia questo tema ideologicamente confermando che non vive la realtà, normale, dei lavoratori. Perché non è sempre piacevole affrontarla dalla loro parte quando non corrisponde con la scelta ideologica della sinistra.

L’oggetto vero è che di licenziamenti con l’art. 18 nel corso degli anni ce ne sono stati pochissimi. Si invitano gli scettici a leggere le statistiche. Ed è altrettanto vero che con il Jobs Act non sono aumentati i licenziamenti che possono essere ricondotti all’art. 18. Di cosa sta parlando la sinistra? Che colpo deve battere? Oppure deve risvegliarsi alla realtà?

Quando emergono fatti sgradevoli come quello dell’ingegneria genovese bisogna chiedere subito di che contratto stiamo parlando. Nel caso specifico di nessun contratto perché lo studio professionale proponeva, ingiustamente, una finta partita Iva ma proprio perché stiamo parlando di una partita Iva, essa non può essere comparata a uno stipendio fisso, data la variabilità della prestazione e del suo compenso.

Certo che fare il dibattito sulla sinistra e sulle tipologie contrattuali su Tik Tok è ormai il limite estremo che rischia di correre qualcuno a sinistra. Oltretutto ci sono molte attività in cui è il lavoratore stesso che accetta di lavorare a partita Iva perché guadagna sulle provvigioni, ma sicuramente questo non può valere per uno studio professionale. Quando si enfatizzano dei casi specifici, si dovrebbe fornire per prima cosa il contratto che viene proposto e leggere ogni riga. Altrimenti non si ha la chiarezza del caso.

Invece del caso singolo, che in sé non dice nulla e non dovrebbe dirlo nemmeno alla sinistra, proviamo a guardare i dati generali sull’andamento occupazionale dove su base congiunturale, i dipendenti presentano un lieve calo in termini di occupati con -0,1. Il rallentamento della crescita congiunturale delle posizioni lavorative dipendenti trova riscontro nei dati del Ministero del lavoro che, in tre mesi, evidenziano una crescita di 22 mila posizioni dei contratti a tempo indeterminato con +110 mila rispetto al secondo trimestre 2022 e invece un calo delle posizioni a tempo determinato con -88 mila. Su base tendenziale il numero di dipendenti è in aumento, in termini sia di occupati (+1,0% in un anno) sia di posizioni lavorative dei settori dell’industria e dei servizi (+3,8%). La crescita delle posizioni lavorative si registra con +565 mila rispetto al terzo trimestre del 2021, in tutti i settori di attività economica, con l’unica eccezione di quello agricolo. Prosegue la crescita tendenziale delle posizioni lavorative a tempo indeterminato con +365 mila rispetto al terzo trimestre 2021. La dinamica è positiva anche per le posizioni a tempo determinato con un +201 mila posizioni che comprendono anche il lavoro in somministrazione e a chiamata. Nel terzo trimestre 2022, il numero dei lavoratori in somministrazione raggiunge le 482 mila unità presentando un nuovo aumento tendenziale (+14 mila, +3,0% in un anno), seppur a ritmi meno intensi di quelli registrati nei precedenti sei trimestri. In rallentamento anche la crescita del numero di lavoratori a chiamata o intermittenti (+25 mila, +10,0% rispetto al terzo trimestre 2021) che si attestano a 271 mila unità.

Ritornare a discutere dell’art.18 mi ricorda il dibattito sulla scala mobile che si è protratto per oltre vent’anni nel sindacato e nella sinistra bloccando, svilendo e deviandoci dai problemi veri che investono i lavoratori. La sinistra provi a occuparsi di loro, non su Tik Tok ma nei luoghi di lavoro senza usare slogan che sono irritanti come se con due presenze ai cancelli di una fabbrica ci si legittima alla riconquista della causa dei lavoratori. Nei luoghi di lavoro bisogna esserci ogni giorno uscendo dai social e tornando alla realtà, dura e contraddittoria del mondo del lavoro. Per chi scaglia la “prima pietra”, da sinistra, sul lavoro precario ripassi la storia su chi gli ha dato il “via libera”.  Servono proposte, serie e credibili perché dall’altra parte del tavolo c’è Confindustria, non tiktoker.

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