SANITÀ

Cure palliative, il Piemonte senza scuola per specialisti

Mancano professionisti mentre cresce la richiesta. Non solo per malati oncologici, a questo terapie ricorrono ogni anno mezzo milione di italiani. Ma l'Università ha perso il treno dei nuovi corsi. Gelosie e interessi corporativi? Icardi: "Un grave danno"

Oltre mezzo milione di italiani, ogni anno, ha bisogno di cure palliative. Malati terminali oncologici che rappresentano oltre il 40%, ma non solo: di questo tipo di trattamento necessitano anche pazienti con diverse patologie croniche e degenerative. Tutti gli studi indicano nel giro di pochi anni un notevole aumento delle richieste di cure palliative e, quindi, cresce anche il fabbisogno di medici specializzati in questa disciplina, per coprire le necessità negli ospedali, soprattutto negli hospice e in misura ancora maggiore della domiciliarità. Oggi ancora il 39% dei malati oncologici muore nei reparti ospedalieri anziché negli hospice o in casa, tra gli affetti.

Eppure, nonostante la già pesante carenza di palliativisti e una necessità crescente nei prossimi anni di questi specialisti, in Piemonte si è persa una occasione importante rinunciando all’apertura della scuola di specializzazione e l’avvio di corsi che, invece, sono già attivi in molte altre regioni. Tanto più che con i nuovi criteri fissati nel decreto 77 del 23 maggio 2022 del ministero della Salute, le Regioni dovranno dotarsi di 8 posti letto in hospice ogni 100mila abitanti e negli hospice servono palliativisti.

Una storia davvero strana quella che è finita sommersa nel pieno dell’estate dello scorso anno, quando anche la politica è meno attenta e una vicenda come questa nasce e muore (almeno per ora) in ambito accademico senza troppo clamore. Nasce bene e in una regione che in questo settore è da anni all’avanguardia con le positive esperienze alla Città della Salute, ma anche a livello territoriale all’Asl Città di Torino e in altre aziende sul territorio regionale che, pur in assenza di quella specialità che verrà istituita solo nel 2021 con un decreto del ministro Roberto Speranza, operano con professionisti di varie specialità che da tempo si dedicano alle cure palliative.

Il Piemonte, insomma, ha tutte le carte in regola per avere nella sua Università di Torino una delle prime scuole per questa branca della medicina, guardando alle esigenze attuali, ma ancor più ai prossimi anni, superando quella miopia di cui purtroppo si sta pagando un prezzo molto caro nella sanità. A giugno 2022 parte la procedura, il marzo successivo chi ha preso a cuore la questione sta già predisponendo l’elenco dei docenti delle varie discipline richieste dal ministero per l’approvazione della scuola. C’è ovviamente l’avallo e il sostegno del massimo vertice dell’ateneo di cui è rettore Stefano Geuna, un medico. C’è il più che convinto appoggio della Regione che oggi, con l’assessore alla Sanità Luigi Icardi conferma come “di questa scuola ci sarebbe una gran bisogno” e che all’epoca pare aver tentato, per quanto nelle sue prerogative, una moral suasion per evitare quel che invece è accaduto. Già perché quando tutto era praticamente pronto, secondo quanto risulta da più fonti, dall’Oncologia universitaria vengono ritirati gli annunciati docenti per i corsi e, ovviamente, senza un organico completo il ministero non può dare l’approvazione. 

Gelosie? Baronati in lotta? Questioni sostanziali mai del tutto chiarite? Il clima estivo e le imminenti elezioni fanno finire sotto silenzio, o quasi, una vicenda assai poco edificante. Oggi, le prime scuole per futuri palliativisti sono state attivate nelle università di Milano, Brescia, Bologna, Ferrara, Firenze, Genova, L’Aquila, Napoli, Padova, Palermo, Roma, Verona, Trieste e nelle Marche. “Che il Piemonte abbia perso questa occasione è un fatto molto grave. Mi auguro si rimedi al più presto”, sottolinea Icardi, ricordando come “di specialisti in cure palliative abbiamo bisogno e ne avremo sempre più negli anni a venire”. Intanto per ora il Piemonte, con la sua Università e forse con qualche gelosia corporativa di troppo, resta al palo.

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