IL RISIKO DELLE UTILITY

Iren fa shopping in Toscana e dimentica il mercato di casa

Mentre Armani attende una chiamata da Roma e Dal Fabbro briga per diventare ad, l'azienda rischia di farsi soffiare uno dei suoi principali partner, Egea. La concorrenza di A2a in Piemonte e gli interessi tra Siena e Firenze. L'imbarazzo di Lo Russo

Iren fa shopping a Siena e si scorda il mercato di casa. Mentre il presidente Luca Dal Fabbro e l’amministratore delegato Gianni Vittorio Armani discutevano su chi avrebbe dovuto trattare la partnership con Egea, dopo essere corsi in soccorso dell’utility di Alba quando aveva bisogno del gas, la concorrente A2a non solo si è messa di mezzo ma ora tratta con i cuneesi da una posizione di vantaggio. Iren lascia filtrare che proverà a rientrare in partita - magari cercando una sponda nella politica, visto che la quota di minoranza dell’azienda è in mano ai Comuni del territorio e molti soci privati (da Merlo a Miroglio, da Mondo a Rolfo) sono tutt'altro che insensibili a quelle sirene - ma intanto si trova a rincorrere dopo essere stata a lungo il principale interlocutore della multiservizi cuneese.

Distrazione o una strategia ben precisa? Di certo nell’ultimo anno le attenzioni di Iren si sono rivolte molto più verso la Toscana, soprattutto con la sua divisione Ambiente, che alle regioni in cui hanno sede i suoi soci istituzionali (Piemonte, Liguria ed Emilia-Romagna). Risale alla scorsa estate la notizia della realizzazione di un impianto per l’estrazione di metalli preziosi dai Raee aTerranuova Bracciolini, in provincia di Arezzo. Le porte verso i territori etruschi si erano aperte alla fine del 2020 quando Iren aveva acquisito con un’operazione da 121 milioni la divisione Ambiente di Unieco, grazie alla quale ora controlla il 40 percento di Siena Ambiente, il 33 di Sei Toscana– che a sua volta è il gestore del ciclo integrato dei rifiuti nei 104 Comuni dell’Ato rifiuti Toscana Sud – il 40% di Csai (discarica di Terranova Bracciolini, dove sta per nascere il nuovo impianto). E ancora il 90% di Scarlino Energia (cogeneratore) e il 60% di Futura Spa (produzione di compost). Inoltre Iren ha acquisito il controllo di Unirecuperi che detiene il 30% di Rimateria, la società che gestisce la discarica di Ischia di Crociano, a Piombino. Insomma, è lì che Iren si è concentrata negli ultimi due anni e a quanto pare è lì che sta proseguendo il suo shopping se saranno confermate le voci secondo cui presto dovrebbe ottenere le quote di maggioranza di Siena Ambiente. Sarà per questo che, nonostante le pressioni del sindaco di Torino Stefano Lo Russo, il management non ci ha neanche provato a inserirsi nella competizione per la realizzazione del termovalorizzatore di Roma?

Al momento non sono chiare le strategie di Iren, mentre il nome di Armani continua a circolare nel risiko delle nomine che coinvolge le grandi aziende di stato, da Terna a Enel, e ai piani alti si attende da settimane un avvicendamento. Il suo addio ormai viene dato per certo, mentre Dal Fabbro ha cercato di accreditarsi quasi ovunque per prenderne il posto, passando da presidente ad amministratore delegato (peraltro con scarsi risultati). Un ginepraio complicato dal veto che la Lega, attraverso il plenipotenziario ligure Edoardo Rixi, avrebbe posto sul nome di Paolo Emilio Signorini, il numero uno dei porti di Genova e Savona, che il sindaco della Lanterna Marco Bucci avrebbe voluto al posto di Armani.   

E mentre tutti sembrano in altre faccende affaccendati, la questione Egea rischia di trasformarsi in un danno non solo d’immagine per Iren, mentre il presidente Dal Fabbro, detentore delle deleghe di mergers and acquisitions, è già finito nel mirino, mentre Lo Russo, che ha messo il timbro sulla sua nomina, imposta da logiche romane, è ora in imbarazzo e prova a minimizzare quel che sta accadendo. È evidente a chiunque, infatti, la portata di un’operazione che porterebbe A2a a impossessarsi di un pacchetto di 300mila clienti in tutta Italia, la maggior parte dei quali concentrati nel basso Piemonte. La stessa A2a che già gestisce un impianto a Cavaglià e punta a realizzare lì un termovalorizzatore che per il momento è stato stoppato dalla contrarietà dei sindaci.  

Insomma, Iren ha in casa una concorrenza aggressiva peraltro in un periodo storico in cui le multiutility fanno la corsa per accaparrarsi importanti fette di mercato: la transizione ecologica si porta dietro investimenti e finanziamenti pubblici e questo è il momento in cui non si può sbagliare alcuna mossa. Ma Egea è davvero un boccone prelibato? Certo la situazione finanziaria è problematica, le banche hanno chiuso i rubinetti a fronte di un debito verso i fornitori che alla fine dello scorso anno ammontava a 101 milioni di cui 75 già scaduti. C’è poi un finanziamento da 125 milioni di Macquarie Bank con garanzia Sace al 90% che scadrà il prossimo 30 giugno. E poi ci sono i debiti verso i clienti che a ottobre del 2022 erano di 332 milioni di cui 87 già scaduti. E infine i debiti tributari per un totale di 107 milioni. Si tratta comunque di un’azienda che può contare su 1 miliardo di fatturato, con radici ad Alba ma operante a livello nazionale e con sportelli in tutto il Sud Italia e con un piano industriale che prevede investimenti per 400 milioni di qui al 2030.

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