INDUSTRIA

Italvolt ci riprova in Sicilia (dopo aver abbindolato i piemontesi)

Il fantasmagorico progetto della gigafactory da miliardi di euro si sposta dal Canavese a Termini Imerese. Il manager svedese Carlstrom era riuscito ad abbindolare buona parte della politica locale, ci riuscirà anche con i sicialiani?

Avrebbe dovuto investire 3,5 miliardi di euro, creare circa 3mila nuovi posti di lavoro. Una gigafactory su un’area di 300mila metri quadrati a Scarmagno nel Canavese, in grado di rivoluzionare il tessuto economico non solo di quell’area ma di tutta la Città Metropolitana di Torino. Dopo tante chiacchiere, però, lo svedese Lars Carlstrom ha deciso di prendere baracca e burattini e spostarsi dall’altra parte dello Stivale. In Sicilia, a Termini Imerese, nello stabilimento ex Blutec. Oggi l’amministratore delegato di Italvolt presenta la sua proposta ai consiglieri comunali, deputati regionali e politici del comprensorio, oltre alle rappresentanze sindacali, e chissà che non riesca ad abbindolare anche qualcuno di loro dopo aver trovato più di una sponda in Piemonte.

Era il febbraio 2021 quando il sedicente manager svedese ha annunciato la nascita della prima gigafactory del gruppo. I lavori sarebbero dovuti partire nei primi mesi del 2022 e nel 2024 il progetto sarebbe diventato realtà. Almeno nelle parole di chi l’ha raccontato, perché di tutto questo avveniristico piano non è rimasto che un portale sul web, vetrina agghindata di un negozio vuoto. Eppure, si diceva, in tanti gli avevano creduto.

L’assessore alle Attività produttive della Regione Piemonte Andrea Tronzano parlava all’epoca di “un’operazione di squadra che ha visto coinvolti gli amministratori locali, i corpi intermedi e naturalmente coloro che hanno scelto di investire in questa parte del Piemonte. Ci tengo a sottolineare che questo è il sistema Piemonte che può crescere e ha un futuro. Quello inclusivo e accogliente, che abbiamo visto realizzato anche su altri progetti”. Sul territorio tra coloro che più avevano creduto a quel progetto c’era l’allora presidente di Confindustria Canavese Patrizia Paglia, poi defilatasi e sostituita con Paolo Conta quando ha iniziato a essere evidente l’evanescenza del piano Italvolt. Improvvisazione, ingenuità, superficialità e inettitudine: tutto questo è emerso nella gestione a dir poco raffazzonata del dossier, come se il passato con analoghe vicende (due per tutte: Embraco De Tomaso) non avessero insegnato nulla.

Era a caccia di fondi pubblici Carlstrom? Avrebbe voluto che Governo, Regione ed enti locali pagassero il suo fantasmagorico investimento? Probabile. In un protocollo d’intesa dell’ottobre 2021, sottoscritto da Regione Piemonte, Città Metropolitana di Torino e i Comuni di Ivrea, Scarmagno e Romano  Canavese le istituzioni tutte si mettevano a disposizione dell’impresa, impegnandosi, anche attivando i ministeri competenti, a individuare le risorse per sostenere la nuova gigafactory. Ma anche quello rimase sulla carta. Italvolt si era anche impegnata con Prelios per l’acquisto dell’ex stabilimento Olivetti di Scarmagno, ma rimase tutto sulla carta.

Finché all’inizio di quest’anno è stato chiaro a tutti che non se ne sarebbe fatto nulla. A Londra, intanto, è finita in “amministrazione controllata” la Britishvolt, start up che mirava a diventare uno dei principali produttori di batterie agli ioni di litio d'Europa, il cui ceo fino a due anni fa era proprio Lars Carlstrom.

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