Il carburante (che manca) al centrosinistra

La decisione dell’Unione Europea di aprire agli e-fuel e non ai biocarburanti come invece l’Italia chiede è un passo in avanti e può servire a migliorare la proposta italiana in materia di biocarburanti ma occorrerebbe una sinergia politica di maggioranza e opposizione che oggi non si vede. A scorrere i giornali non si trova traccia di una posizione del centrosinistra unito (o diviso) sul tema e-fuel sì e biocarburanti no. Perché è un tema che non interessa? Capisco che oggi ci siano questioni molto più importanti, radical borghesi e perdenti ma bisognerebbe pensare ai nostri lavoratori e lavoratrici, ai pensionati e pensionate.      Perché, oltretutto, per la nostra filiera automotive, la cui parte meccanica è prevalente, e quindi ai lavoratori, alle loro famiglie questo primo passo oltre l’elettrico e solo all’elettrico è una boccata d’aria. Significa continuare a sperare nel lavoro, nel mantenere il posto di lavoro e a produrre motori endotermici con una diversa alimentazione dai carburanti classici.

Nell’Osservatorio sull’automotive del 2022 il Piemonte rimane con 17,6 miliardi di fatturato la prima Regione italiana produttrice di componentistica a fronte di 54,3 mld a livello nazionale e con oltre 58mila addetti sul valore nazionale di 168mila. Quindi parliamo di oltre un terzo della componentistica risiede nella nostra Regione. La percentuale dei fornitori che hanno attività prevalentemente sul comparto dei motori benzina e diesel permane alto con il 73% delle imprese considerando il totale nazionale di 2200 aziende di cui 733 in Piemonte. Come consistente è la quota per le alimentazioni a metano e/o Gpl (il 40,1%). Oltre il 37% delle imprese ha anche attività sui powertrain elettrici ed ibridi, mentre un 20% sviluppa anche attività sulle fuel cells. Nel triennio 2019-2021 aumenta il coinvolgimento sia per il powertrain elettrico (il 29,4%), sia per quello ibrido (30,3%), ma soprattutto incrementa la quota di imprese che ha preso parte a progetti di riduzione delle emissioni su motore a combustione interna, attraverso nuovi materiali e alleggerimento del peso dei veicoli (il 25,2%).

Questi dati ci permettono di capire quanto sia importante che la politica, soprattutto la sinistra e la sinistra ambientalista apra gli occhi sostenendo percorsi tecnologici non ideologici ma funzionali a integrare riduzione di emissioni, occupazione, sviluppo tecnologico di molteplici forme di alimentazione dei motori endotermici insieme all’elettrico e all’ibrido che continua a essere abbondantemente il più diffuso. E vorrà pur dire qualcosa e suscitare qualche riflessione meno tranchant e più ragionevole verso i consumatori dei ceti meno abbienti. Mi pare ci sia invece un silenzio lontano dalla realtà delle persone che lavorano ogni giorno e che vorrebbero un Paese migliore e una rappresentanza politica migliore.

Se gli e-fuel sono un primo passo altrettanto bisogna lavorare affinché l’Unione Europea inserisca i biocarburanti, quelli prodotti da scarti e residui animali e scarti di lavorazioni alimentari e rifiuto trasformabile perché questo è il vero segnale di realizzazione di una economia circolare che recupera e riutilizza gli scarti di produzione. Certo bisogna liberarsi dall’afflato ideologico per affrontare realisticamente l’argomento. Perché se è vero che il biocarburante ottenuto da produzioni agricole può sottrarre terreno agricolo destinato alle produzioni alimentari è altrettanto vero che si potrebbero recuperare aree marginali o oggi non coltivate. Purtroppo nei Paesi in via di sviluppo e non solo questa pratica può comportare monocolture, coltivazione intensiva, disboscamento di polmoni verdi. Occorrono quindi delle normative severe e stringenti che però non invalidano la possibilità dell’economia circolare detta precedentemente.

Sarebbe però anche utile che la sinistra ambientalista e i partiti della sinistra dicano chiaramente che sono anche contro l’utilizzo di suolo coltivabile per l’installazione di “piantagioni” di pannelli fotovoltaici, in quanto anche le energie pulite se sviluppate male consumano suolo e distruggono il verde, i paesaggi e deturpano l’ambiente.

Un silenzio, a sinistra, perché il “pericolo” è sostenere grandi aziende come Eni che investono nel biodiesel? Non si tratta di essere pro o contro, tra l’altro, a un’azienda con controllo statale ma se il biodiesel è prodotto con materie prime di scarto e residui vegetali e non da produzioni in competizione con la filiera alimentare.

Serve in Europa una battaglia comune di tutti i partiti, l’opposizione va bene tranne quando c’è il bene comune dell’Italia e dei sui abitanti, delle forze sociali delle quali Confindustria si è già espressa con l’obiettivo di mantenere l’utilizzo dei biocarburanti per i mezzi di trasporto pesanti e penso alla filiera circolare dell’agricoltura cercando con un’azione diplomatica efficace di portare l’Unione Europea a sposare anche l’idea dei biocarburanti almeno quelli generati da economia circolare anche per le auto.

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