CAMERE CON (S)VISTA

Meloni non risponde (quasi mai)

La premier e i suoi ministri particolarmente refrattari a rispondere al Parlamento. Solo il 34% di interrogazioni e interpellanze ha ottenuto risposta. E il dato scende ulteriormente se si tratta di atti non urgenti. Non che i predecessori facessero meglio, anzi

Domandare è lecito, rispondere è cortesia. In Parlamento, in realtà sarebbe qualcosa più di una cortesia, eppure il governo Meloni finora non si è distinto per la disponibilità a fornire chiarimenti ai deputati e senatori. Secondo una indagine di Openpolis, la premier e i suoi ministri hanno risposto al 34,2% di interrogazioni e interpellanze, ma non solo. In termine tecnico sono tutti quegli atti di sindacato ispettivo, attraverso i quali, il Parlamento chiede conto all’esecutivo del proprio operato, una delle principali prerogative delle due camere oltre alla funzione legislativa. È una sorta di controllo che gli eletti esercitano sui ministri.  

Per quanto riguarda l’attuale esecutivo, gli atti di sindacato ispettivo prodotti fino al 31 maggio sono stati 2.478 di cui 848 hanno ricevuto una risposta. Un valore che certo non è alto ma risulta il più elevato nel confronto fra i governi delle ultime tre legislature, anche se le differenze tra un esecutivo e l’altro non sono particolarmente marcate. Il governo Renzi infatti aveva risposto al 33,2% degli atti ispettivi, il governo Conte I al 33%, il governo Draghi al 32,9%.

Giorgia Meloni e i suoi ministri, però, tendono a essere particolarmente solerti con gli atti urgenti, mentre posticipano alle calende greche gli altri. Escludendo le interpellanze urgenti e le interrogazioni a rispostaimmediata, infatti, emerge che il Governo ha risposto a 261 atti di sindacato ispettivo su 1.867 (14%). Tra i ministeri più “efficienti” ci sono quelli della Giustizia, Famiglie ed Esteri. Per contro ci sono quattro ministeri, tra cui quello dell’Economia, che non hanno risposto a nessun atto ispettivo non urgente.

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