VERSO IL 2024

Regionali anticipate a marzo.
Il piano di Meloni (e Cirio)

Una mossa per mettere al riparo le Europee dalle beghe locali e per spiazzare gli avversari. Piemonte al voto insieme a Sardegna, Basilicata e Abruzzo. Due mesi in meno di campagna elettorale impongono un rapido cambio di passo al centrosinistra

La mossa del cavallo di Giorgia Meloni, sulle elezioni regionali, potrebbe rivelarsi il calcio dell’asino al già periclitante Pd in vista delle urne per il futuro governo del Piemonte. Perché proprio l’appuntamento, più precisamente la data del voto, è la notizia trapelata in queste ore dai vertici del centrodestra e destinata ad avere pesanti conseguenze sull’opposizione, agevolando non poco l’altro fronte.

Il proposito maturato nel corso del recentissimo vertice in cui, di fatto, è stata confermata la ricandidatura di Alberto Cirio, riguarda un notevole anticipo del voto regionale rispetto a quello europeo, con tanto di data già individuata nel 24 marzo. Una mossa strategica che, come si vedrà, ha più di una motivazione nei ragionamenti della premier e dei suoi alleati. E che ha il palese effetto di mettere in ulteriore difficoltà la sinistra, ancora alle prese con l’ennesimo tentativo di un campo largo con i Cinquestelle, non di meno con l’individuazione dei candidati. Se questo vale in tutte le regioni chiamate al voto, ancor più in Piemonte dove la confusione e le tensioni interne ai dem e con i potenziali alleati connotano un percorso a dir poco in salita. Togliere due mesi di tempo significa mandare ancor più nel panico il partito di Elly Schlein, imponendogli un percorso a tappe forzate con tutto quel che ne consegue.

Per spiegare come si è arrivati a questo anticipo rispetto alle europee d’inizio giugno, bisogna ricostruire gli appunti e gli schemi sul tavolo del centrodestra nell’incontro di lunedì scorso. Le cinque regioni chiamate alle urne, Sardegna, Abruzzo, Basilicata, Piemonte e Umbria vedono le loro scadenze differenziate, con una sequenza temporale proprio nell’ordine in cui sono elencate. Sardegna e Abruzzo a febbraio, la Basilicata a marzo, il Piemonte a maggio e l’Umbria in autunno 2024. Di fronte a questo prospetto è chiaro, in primis alla Meloni, che mandare al voto in solitaria la Sardegna e in anticipo sulle altre significherebbe correre il rischio di una sconfitta del centrodestra nell’isola che potrebbe pesare non solo e non tanto sulle altre regioni, ma proprio sulle europee. Da qui l’idea del blocco unico, lasciando fuori solo l’Umbria, con una election day regionale che, senza dubbio, non potrà che avvantaggiare ulteriormente Cirio.

Il centrosinistra in Piemonte è, come al solito, preda dei suoi demoni. Il Pd dibatte su chi dovrà essere il candidato, tra accelerate dell’unico autopropostosi Daniele Valle e stridenti frenate da parte dell’ala sinistra (anche con voci che parevano aver esaurito da un po’ di tempo la loro non sfavillante esibizione). La coalizione è tutta da costruire e rispuntano come da copione candidature più o meno civiche, con l’ulteriore dilemma sulle primarie. Insomma, mentre ci vorrebbe ancor più tempo ecco che l’attuale governatore brucia le tappe. Peraltro, non avendo mai smesso di fare campagna elettorale in questi cinque anni, meno tempo lascia agli avversari meglio è. Per lui, ovviamente.

Sul tavolo del centrodestra, insieme allo schema delle Regioni, c’erano naturalmente pure i punti critici su alcune (ri)candidature. Le grane ci sono, come accennato, in Sardegna e in Basilicata, due regioni che specie agli occhi di Fratelli d’Italia non funzionano come dovrebbero. Più di una riserva su Christian Solinas, eletto in quota Lega-Partito Sardo d'Azione, ma ritenuto ad alto rischio per evitare una possibile sconfitta. Anche il futuro politico di Vito Bardi, in Basilicata, è non poco traballante. Problemi che non riguardano l’abruzzese Marco Marsilio, men che meno Cirio il quale si appresta a sottoporsi al giudizio dei piemontesi in un periodo dell’anno, quello d’inizio primavera, che fu lo stesso di quando toccò a Roberto Cota vincere contro Mercedes Bresso.

Una tornata elettorale su cui, tra l’altro, non potranno neppure pesare gli eventuali distinguo tra alleati del centrodestra che inevitabilmente diverranno via via più marcati a ridosso del voto europeo, dove ciascuna forza politica corre da sola. E anche questo è un ulteriore vantaggio per l’attuale presidente e la sua coalizione. Tra l’altro, formalmente, l’indizione delle elezioni non è in capo al governo cui appartiene comunque una rilevante moral suasion, bensì proprio ai presidenti di Regione. I quali, essendo tutti dello stesso fronte politico, già si sarebbero consultati e la strada verso l’election day regionale anticipato a marzo sarebbe già stata concordata e tracciata. Ancor più in discesa di prima, soprattutto per Cirio.

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