TRAVAGLI DEMOCRATICI

Schlein dileggia i riformisti. Fassino: "Ci vuole rispetto"

Alla festa del Fatto liquida in malo modo l'ennesima fuoriuscita di dirigenti: "Avevano sbagliato indirizzo". Duro l'ultimo segretario Ds che ricorda a Elly come molti di quelli che se ne sono andati erano nel partito ben prima di lei (che peraltro è rientrata da poco)

Stupore. Sconcerto. Irritazione. L’area riformista del Pd è in subbuglio. La secca risposta di Elly Schlein oggi alla festa del Fatto dopo gli addii in Liguria fa salire il livello della tensione tra i dem. Tra i big della componente che un tempo, nel Pci, si sarebbe chiamata “migliorista”, c’è la consegna del silenzio per “rispetto dei militanti” alla vigilia della chiusura della festa nazionale di Ravenna. Le chat però ribollono e anche la temperatura aumenta. «Delle due, l’una: o Schlein non ha capito che sta succedendo nel partito, nei territori oppure ci vuole buttare fuori», dice un dirigente della minoranza all’Adnkronos.

La segretaria spiazza i riformisti che da ieri, dopo lo smottamento ligure in direzione Calenda, chiedevano un intervento di Schlein. «Non si può ignorare il disagio», metteva in guardia Lorenzo Guerini. Oggi la risposta della leader dem è arrivata ma, secondo la minoranza, andrebbe in direzione opposta a quella auspicata. «È sempre un dispiacere quando qualcuno decide di andare via – ha detto la segretaria – dopodiché se noi ci rendiamo conto che qualcuno che possa non sentirsi a casa in un Pd che si batte per il salario minimo, per la scuola, per l’ambiente, per i diritti, per il lavoro di qualità, allora forse l’indirizzo era sbagliato prima».

Le parole dell’inquilina del Nazareno, dove peraltro si fa vedere poco, arrivano dopo quelle di Stefano Bonaccini che era stato altrettanto netto: «Sbaglia chi lascia il partito, ma si torni subito a una vocazione maggioritaria. Un Pd piccolo e radicale non serve», abbiamo bisogno di un partito «più grande ed espansivo che punti a tornare al governo, non di un partito più piccolo e radicale. Credo che Elly sia la prima a doversi e volersi fare carico di questo». Il presidente dem, che è atteso questa sera a un confronto con Giuseppe Conte alla kermesse di Ravenna, non vuole aprire il fuoco (e anche per questa sua estrema prudenza è criticato da chi l’aveva sostenuto alle primarie) ma neppure intende rinunciare ad affermare principi e valori del riformismo.

Tra i dirigenti della minoranza si fa sentire in chiaro Piero Fassino: «Voglio sperare che le parole di Elly Schlein siano andate al di là dei suoi reali convincimenti. Non posso pensare che di fronte alla fuoriuscita di dirigenti e militanti in sofferenza, l’unica risposta della segretaria del partito sia che avevano sbagliato a scegliere il Pd. Detto peraltro a militanti e dirigenti iscritti al Pd molto prima della adesione di Elly Schlein. Ci si rallegra di chi arriva, non di chi parte. Non serve un Pd minoritario. “Meno siamo meglio stiamo” è l'anticamera della irrilevanza». Uno sberlone, quello inferto dall’ultimo segretario dei Ds ed ex sindaco di Torino, assestato dopo un crescendo di prese di distanze dalla linea movimentista e sempre più radicale della Schlein.

Non è escluso che, a questo punto, arrivi una richiesta di chiarimento alla segretaria, magari in una Direzione. «Vediamo nei prossimi giorni, lasciamo passare la festa di Ravenna», dicono dalle parti della minoranza. Un fronte che lo stesso Bonaccini con la sua “non corrente” fatica sempre più a tenere a freno.

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