FINANZA & POTERI

Ferrari scalda i motori in Compagnia e nella corsa spunta Barba Navaretti

Prima della pausa estiva il colloquio con il Ceo di Intesa. Ieri Lo Russo, Cirio e presidente della Cciaa Gallina al Consiglio generale della fondazione. Entra nel vivo la sarabanda del rinnovo. La carta rosa della Cfo e la new entry del prof della Cattolica

Nei ragionamenti sul profilo del prossimo presidente della Compagnia di San Paolo, smentendo Paolo Conte, Genova non è un’idea come un’altra. In qualche modo pare lo abbia accortamente rammentato Carlo Messina ai due “grandi elettori” e king maker, Alberto Cirio e Stefano Lo Russo, nel colloquio prima delle ferie estive. 

Al governatore e al sindaco di Torino, il ceo di Intesa-Sanpaolo, con quel riferimento alla Liguria (nel consiglio generale ha un membro indicato dal Comune di Genova, uno dalla Camera di Commercio e un terzo dall’Istituto Italiano di Tecnologia d’intesa con l’Università) non ha certamente indicato Oltreappennino il luogo dove cercare il successore di Francesco Profumo, bensì avrebbe suggerito attenzione a quella necessità di allargare oltre a Torino e al Piemonte il fronte auspicabilmente il più unitario possibile per la designazione del nuovo presidente. Un compito che in passato veniva assolto con consumata abilità ed esperienza da Enrico Salza nell’ambito del sistema camerale e la cui importanza, onde evitare frizioni o contrasti in un percorso assai delicato, Messina ha rammentato ai due interlocutori istituzionali. Il Ceo ha ancora fresco il non felice ricordo delle beghe territoriali per la Fondazione Cariplo.

Aspetto importante, questo della condivisione geografica, ma non certo l’unico, tantomeno il principale del colloquio, secondo quel poco trapelato. Un Messina, prevedibilmente, assai disponibile (e non meno interessato) ad “accompagnare” le due istituzioni lungo una via il cui traguardo primaverile ormai si avvicina, così come la necessità di individuare la figura cui affidare la guida della fondazione, principale azionista della sua banca. Ruolo, per alcuni aspetti anomalo, quello del capo della banca che contribuisce a “scegliere” il suo principale azionista, ma che esercitato con maestria indiscussa di Messina, viene ormai dato per consolidato e, anzi, in qualche modo richiesto da chi ha per prassi la golden share della designazione, ovvero il sindaco di Torino mai forse come in questa occasione in affiatata coppia col il presidente della Regione. I due, assieme al presidente della Camera di Commercio subalpina, Dario Gallina, ieri hanno preso parte chi in presenza e chi in collegamento alla seduta del Consiglio generale della fondazione. Un appuntamento troppo formale ed esteso a troppe persone per capire le strategie in corso che, come si confà, avvengono in conciliabili assai più ristretti e lontani da occhi indiscreti.

Nessun veto da parte di Messina, ma qualche paletto su alcuni dei nomi che da tempo circolano è assai credibile l’abbia già messo. Non serve neppure cercare conferma nel riservato colloquio per avere ben chiara la contrarietà del ceo nei confronti di Pietro Garibaldi, di cui non conserverebbe in banca un buon ricordo dei tempi in cui era consigliere di sorveglianza, ma anche per quei forti legami dell’economista torinese con l’inner circle del Collegio Carlo Alberto, pensatoio e centro di sistema cui appartiene anche un altro papabile che non sarebbe in cima ai pensieri di Messina, ovvero Giorgio Barba Navaretti. Il nome del noto e stimato professore di Economia – curriculum e prestigio internazionale, autore di autorevoli paper anche sul sistema economico torinese – è spuntato recentemente, ma proprio la sua presidenza dell’appena citato Collegio Carlo Alberto lo porrebbe in difficoltà nell’attenere un viatico dal numero uno di Intesa. Torinese d’esportazione – insegna Economia politica alla Statale di Milano – appartiene alla buona borghesia subalpina.La sua famiglia ha intrecciato i rami con la Famiglia per antonomasia: gli Agnelli. Sua madre, Carla Ovazza, nonna di John Elkann, scomparsa venti anni fa, sposò in seconde nozze l’ingegner Guido Barba Navaretti; una rete fittissima di parentele, in particolare tra le grandi famiglie ebraiche, che avvolge buona parte del mondo imprenditoriale, finanziario e intellettuale torinese, dai Debenedetti-De Benedetti ai Segre, dai Momigliano ai Tedeschi.

E se sullo sfondo sempre si staglia la figura di Guido Saracco, agli sgoccioli da rettore del Politecnico, sarebbero non del tutto superati gli ostacoli (veti?) posti dall’inquilino di Palazzo Civico che, forse proprio per toglierlo dal novero degli aspiranti o papabili per la Compagnia, aveva accolto con favore le mosse di chi (pare proprio il sodale di concordia istituzionale) l’ha proposto come successore dello scomparso Mario Virano al vertice di Telt. Poi Matteo Salvini ha optato per una soluzione interna, soprattutto per accelerare la pratica senza passare per una defatigante trattativa con la parte francese. “Non possiamo far passare l’immagine della Compagnia come buen retiro dei rettori del Poli”, osservano con studiata malizia voci interne a corso Vittorio ricordando il predecessore in corso Duca degli Abruzzi. Inoltre, il continuo balletto sulla sua ipotetica discesa in politica non giova a Saracco.

Nel barnum che accompagna l’attesa designazione, c’è sempre il notaio Andrea Ganelli, anche se i maligni sostengono che siano davvero ridotte al lumicino le chance dopo essersi bruciato nella corsa per la Fondazione Crt. Poco più che boatos le voci circa un possibile ritorno dell’ex segretario generale della fondazione Luca Remmert, poi presidente in sostituzione di Sergio Chiamparino(“sarebbe una ministra riscaldata”, ammette lui stesso), così come quelle che mettono in campo Claudia Porchietto (“ce lo vedete il sindaco Pd, per quanto riformista e in amorosi sensi con l’azzurro Cirio, che indica un ex parlamentare di Forza Italia?”). Non meno fantasiosa l’ipotesi di Licia Mattioli: Profumo non cederebbe mai la poltrona alla sua ex vice nel precedente mandato che in coppia con Anna Maria Poggi lo fece dannare. E Profumo ha un certo ascendente sul sindaco.

Sta invece prendendo piede o per meglio dire, visto il cognome, scaldando i motori l’ipotesi di una candidatura di Carla Patrizia Ferrari, attuale chief financial officer della Compagnia. Laureata in Economia e Commercio all’Università di Genova, città dov’è nata nel 1957, incomincia il suo percorso professionale nelle istituzioni dell’Unione Europea, per passare nel 1988 all’Istituto Bancario Sanpaolo di Torino. Di lì in poi una carriera di prestigio: responsabile dell’Ufficio studi economici, della segreteria di direzione generale, della direzione enti e aziende pubbliche. Attualmente oltre a essere Cfo della Compagnia è ad di Equiter, presidente di Ambienta Sgr, è stata consigliere di Cassa Depositi e Prestiti dal 2015 al 2020, di IrenFinpiemonte e tante altre società. Un lungo curriculum in cui sottolinea di essere “un’europeista convinta”, Ferrari appartiene alla nidiata di Alfonso Iozzo, storico dirigente e amministratore delegato di Sanpaolo-Imi, nonché segretario generale della Compagnia e presidente per l’Italia del Movimento federalista europeo, cui aderì fin dal 1963.

Una serie di atout per una candidatura rosa (anche questo può pesare), anche se ad aver guardato con attenzione e simpatia la sfolgorante carriera della manager è stato, nel mondo politico, Chiamparino. Questo potrà pesare, insieme al fatto di non appartenere allo stretto giro del sindaco? Lei, comunque, è pronta ai box, anche se per la corsa verso la guida della Compagnia devono ancora partire i giri di prova e altri nomi, tra cui forse quello che approderà in corso Vittorio Emanuele al posto di Profumo, debbono ancora uscire.

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