Medioevo sotto sfratto

Le istituzioni, a Torino come altrove, saranno vicine ai cittadini nel 2024 esattamente come lo erano nel 2023, poiché terranno sempre conto delle loro motivate esigenze: sino ad anteporle a qualsiasi scelta amministrativa che possa riguardarli. Ancora una volta sapranno dare prova di saggezza e di dedizione assoluta ai valori democratici.

A riprova delle buone intenzioni del Comune (e a dispetto del programma elettorale della maggioranza vittoriosa che è ricco di riferimenti alla partecipazione), il Borgo Medioevale di Torino è stato chiuso al pubblico dal 31 dicembre scorso. La precisa riproduzione di un villaggio feudale del XV secolo, costruita in occasione della “Esposizione Generale Italiana 1884”, non sarà più accessibile per almeno tre anni, sino al 2026, a causa di importanti lavori di ristrutturazione che interesseranno presto l’intero sito. 

Il Borgo, infatti, è destinatario di parte dei fondi Pnrr (6 milioni) richiesti per la riqualificazione di un’area molto vasta, la quale include sia le rive del Po che Torino Esposizioni. Grazie al finanziamento ottenuto verranno rifatti diversi tetti, migliorati gli impianti energetici e restaurati (forse sarebbe più corretto usare il termine “valorizzati”) alcuni edifici posti al suo interno (il ristorante San Giorgio, chiuso da tempo, la Casa di Borgofranco, la Casa di Mondovì, la Casa di Ozegna, il Cortile e la Torre di Avigliana, la Casa di Chieri, la Casa di Pinerolo e la Casa di Malgrà)

A lavori conclusi la struttura si presenterà come nuova, ma soprattutto sarà piena di attività commerciali pronte a proporre i loro articoli, o i loro servizi, ai turisti che visiteranno l’affascinante copia del patrimonio architettonico medioevale piemontese e valdostano. Il Comune potrà quindi consolare i tanti che fanno del Borgo Medioevale una tappa fissa domenicale, impossibilitati ad accedere al suo interno per così tanto tempo, con la prospettiva di poter passeggiare, in un prossimo futuro, tra edifici messi a reddito e in sicurezza. Un ritorno alla normalità, benché proiettato nel 2026, riservato a visitatori torinesi ed ai turisti, ma non concesso agli artigiani Corradin e Cerrato.

Chiuderanno, infatti, definitivamente le botteghe del Borgo che sino a domenica 31 dicembre ospitavano la stamperia, gestita da Cerrato (aperta nel 1947), e la fucina del ferro battuto di Mastro Corradin (inaugurata nel 1977): due attività commerciali incentrate sugli antichi “nobili” mestieri, con tanto di laboratori annessi. Il Comune, al termine di una contestata procedura amministrativa, ha inviato lo sfratto ai due artigiani, i quali sono stati invitati a lasciare pure le abitazioni poste sopra le botteghe stesse (hanno perso lavoro e casa in un colpo solo).

Il Borgo riaprirà, si spera senza ritardi, con nuovi e splendenti negozi, dopo aver però buttato fuori coloro che lavoravano da decenni all’interno di quelle mura merlate: un paradosso assurdo, oltre a essere una profonda ingiustizia (stando alle motivazioni di tutela dell’interesse generale fornite dal Comune). Assurdo come tenere chiuso un sito turistico per così tanti anni: qualsiasi piano di cantiere deve fare i conti con l’area che andrà ad occupare, e nessun progettista può permettersi il lusso di cancellare esistenze altrui con un tratto di matita. Assurdo cha a nulla siano valsi gli appelli dei cittadini, così come i tanti dubbi espressi in merito dalla Circoscrizione competente. Assurdo non si sia voluto prendere minimamente in considerazione le rimostranze esposte dagli artigiani e neppure quanto emerso dal sopralluogo effettuato dalla Commissione del Consiglio Comunale, programmato nel settembre 2023. Nel nome del Piano Nazionale di Resistenza e Resilienza (che passa sopra tutto e tutti, e non accetta fasi di concertazione con i cittadini) non è stata esaudita neppure la richiesta, avanzata dai due lavoratori, di rimanere aperti almeno sino all’Epifania.

Alcune persone, nell’ultimo giorno dell’anno, si sono date appuntamento al Borgo per salutare Corradin, Cerrato e le loro famiglie; un’ora dopo il villaggio medioevale ha chiuso i battenti. Nel pomeriggio del 2 gennaio (secondo giorno di chiusura totale) la Bottega del ferro battuto di Corradin ha subito un furto: è stata sfondata una teca espositiva del negozio e sono stati portati via alcuni oggetti; un danno nel danno che ha il sapore della crudele beffa.

“Libertà è partecipazione”: bellissime parole scritte dal sempre compianto Giorgio Gaber, trasformate purtroppo in un banale slogan da molti politici con il solo scopo di raccogliere consenso, e dimenticate appena vinte le elezioni.

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