Una società distopica

Certo, non è agevole la quotidianità di una società in una nazione membro dell’Unione europea. Un certo livello di solitudine sociale unitamente ad una percezione d’isolamento, condizione particolarmente diffusa sul versante occidentale, generano uno stato esistenziale che Durkheim, già alla fine del XIX secolo identificò come anomia, intesa come assenza di norme sociali.

Per il sociologo francese, gli individui sono anche il prodotto di forze  complesse (funzionalismo) da cui la preminenza della realtà collettiva (società) sulle singole peculiarità; oggi per forze complesse occorre intendere quelle politiche, lontane e distanti dalle libertà individuali, dai bisogni della persona, dalla felicità e dall’afflizione, dalle utopie e dalla realtà non riportabili né coincidenti con la mediocrità di una politica domestica e con la pretensione e l’inconcludenza di un’aporia politica continentale.

Inefficacia e volgarità intellettuale, raccontata da José Ortega y Gasset negli anni venti, pervade la politica europea in cui la seconda, quale onnipresente presunzione, oscura e sbiadisce le incapacità, esaltando vanagloria e megalomania di chi lascia credere l’onnipotenza dell’azione politica.

Ne sono esempi la presunta lotta al consumo delle sostanze stupefacenti e il perdente contrasto al femminicidio. Evidenza e intelligibilità di risultati e numeri ci risparmiano di prolungarci, lasciando spazio e tempo a considerazioni e ragionamenti su realtà effettuali non premiate dai fanali del politicamente corretto, delle compiacenti campagne di stampa, del chiacchiericcio universale “del così dicono e fan tutti”.

E allora, nessun dorma avrebbe tuonato Puccini nella sua romanza, nessun dorma, mestamente, sussurriamo noi al pensiero sulla condizione dei nostri vecchi in quelle che con ipocrita amabilità vengono definite Case di Riposo, Pensionati o Pie Case. A scadenze più o meno regolari apprendiamo che le forze di polizia hanno effettuato un blitz in uno di questi Istituti.

Bene, ma la domanda che si pone è: considerata l’accertata diffusione sul territorio nazionale della mala gestione e del malaffare, riguardante l’ospitalità degli anziani, perché il Governo non provvede ad un generale sopralluogo in tutto il Paese, avviando così almeno la speranza per un futuro migliore?

Ma la politica, evidentemente, ferma al politichese, al cicaleccio demagogico non è affatto proiettata verso un concreto, sostanziale mutamento sociale, e poi, agli europeisti di Bruxelles dei nostri vecchi non importa assolutamente nulla.

Sono un peso per la previdenza, a volte un ingombro per le stesse famiglie, sempre un gravame per lo Stato sociale. In effetti, se i Galli sacrificavano a Mercurio gli uomini di età particolarmente avanzata è altrettanto vero che il modernismo sacrifica la vecchiaia al silenzio della solitudine.

E della condizione delle carceri? Della detenzione delle persone, in altre parole della loro vita? Qui sì, scatta un qualche interesse funzionale alla lotta politica da intendersi quale lavorio per aggiudicarsi consenso. Di fatto, il nocciolo dell’interessamento si riduce per la Destra a privilegiare condizioni, interessi e visioni della struttura carceraria, per la Sinistra ad ammiccare ai detenuti in quanto tali. Delle condizioni di vita, delle sofferenze, delle speranze, delle fatiscenti strutture, del disagio degli agenti, alla politica domestica e agli europeisti non importa nulla.

E qui è oltremodo doveroso ricordare l’instancabile e solitario interesse di Marco Pannella per le condizioni carcerarie, oggi portato avanti da Rita Bernardini, Elisabetta Zamparutti e Sergio D’Elia con l’Associazione Nessuno Tocchi Caino.

Ma qual è, per la politica, il fattivo interesse di riformare quel che è da riformare e di preservare quel che è da custodire? Interrogativo capzioso? Sicuramente sì! I fattori, infatti, non sono in questi termini perché la centralità dell’interesse non è per la persona e il suo benessere bensì per priorità individuate in relazione alla capacità di generare consenso eterodiretto

Ci si ritrova così nei Pronto Soccorso, nuove frontiere da saloni western, non più ritenuti accoglienti oasi per la stabilità emotiva e immediate prime cure. In alternativa al potenziamento di strutture e risorse umane si prospetta, ai fini della deterrenza, l’impiego di agenti e militari.

Ecco, i soloni della res pubblica hanno individuato il cammino verso una sanità umana, forse troppa umana, nel momento in cui, per la tranquillità dei pazienti, si posticipano di mesi ed anni accertamenti clinici e diagnostici. Altro che riprogettazione organizzativa, altro che innesto di eticità nell’universo sanitario. Ricordando la riforma della sanità del 1978 e la nascita delle Usl, quante aspettative, quanto fervore, quanto lavorio intellettuale per assicurare la centralità della persona, oggi, invece, constatiamo un fallimentare aborto con decennali strascichi.

A nostro avviso, nel comparto sanità, è giunto il tempo di limitare, almeno, alcune competenze regionali, per ricollocarle in ambito governativo se non si vuole continuare a sommare criticità regionali con fallimento sanitario.

Ma, alla nostra politica di questo importa poco, a quella di Bruxelles assolutamente nulla.

Già, la centralità della persona, non la ritroviamo certo nel rapporto con l’Agenzia delle entrate, appropriata intestazione aggiuntiva “Riscossione”.

È indicativo che sulla prima pagina web si ritrova: Inosservanza dell’obbligo vaccinale - Procedimento sanzionatorio, in un periodo in cui sul Pianeta si ragiona su eventuali utilità, inefficacia e danni della vaccinazione anti Covid, l’Agenzia, con l’assenso governativo, individua i non vaccinati per la riscossione di 100 euro. Siamo alla cecità politica, ovvero ad uno Stato da tre scimmiette, a una non buona pratica dell’impegno di questa sua branca.

La riscossione pecuniaria non può essere un momento conflittuale tra cittadino e Stato in cui la persona avverte di essere estranea, cosa avversa e distante da un’entità a cui egli stesso appartiene. Non è pensabile che lo Stato riscuota con coercizione somme ad esso dovute e non usi altrettanta solerzia per quelle da restituire.

Sarebbe opportuno per un giornalismo d’inchiesta, qualora ci fosse, approfondire voci ricorrenti su disposizioni impartite alle dirigenze competenti di Agenzia delle entrate e Inps, affinché si procrastinino, sine die, pagamenti dovuti per arretrati, rimborsi e similari, a fronte di riconoscimenti salariali ad personam.

Allo stesso tempo sarebbe auspicabile un interessamento della magistratura se non fosse impegnata a guerreggiare con la politica, in attesa di una sua organica riforma in gestazione da qualche decennio. Eppure, intanto, si potrebbe iniziare da un potenziamento delle strutture e dei suoi organici.

Ma questo sembra particolarmente complesso sia per la nostra politica che per l’europeista.

All’inverso, la scuola ha goduto di decine di mini riforme, molte affatto significative, ad appannaggio di ogni ministro dell’Istruzione al fine di valorizzare il proprio cognome negli annali ministeriali. L’ultimo, Valditara sarà ricordato per la consistenza dei suoi insignificanti provvedimenti rincorrenti ogni fatto di cronaca con assunzioni di esperti di ogni tipo e natura a discapito degli stessi insegnanti. Episodi di bullismo? Sociologi e Assistenti Sociali a gogò, femminicidi? Scuole stipate di esperti di educazione affettiva, sessuale, sentimentale e qualsiasi altra.

Tenero, alla sua età non ha compreso che ci avviamo verso una scuola senza senso, chi può aiutare le generazioni sono studio e cultura. Ciò che l’umanità può e dovrebbe conoscere è lì, no nelle chiacchiere sull’infinità del nulla. Ma questo per la nostra politica, per Bruxelles e l’agenda 30 dell’ONU, significa parlare al passato e loro sono nella modernità.

È vero, siamo in progress tutto si modernizza, si arricchisce, tutto è inclusivo e in questo la Chiesa cattolica è ormai all’avanguardia, purtroppo con sempre meno fedeli e ancor meno sacerdoti. La cristianità è moribonda ma la messianità politica è prorompente, il linguaggio è divenuto corretto, la presenza sul pezzo è costante, potremmo a lungo continuare, ma a che servirebbe?

In conclusione, di questo pensare interessava sottolineare che anche la Chiesa si è fatta politica in quanto fenomeno sociale con nessuna corrispondenza con la maggioranza del popolo. Per alcuni è ancora significativo entrare in una chiesa vuota, ammesso di trovarla, e pregare l’Essere con un leggero sottofondo di un canto gregoriano, ma questo non attiene più alla religione comunitaria solo al rapporto persona-Divino.

Le coincidenze universali: verso la fine del terzo secolo d.C. con la caduta dell’Impero romano d’Occidente finisce anche il Paganesimo, dopo diciassette secoli questo Occidente e questo Cristianesimo tramontano all’unisono.

E su questo solo Roma è appena interessata, Bruxelles e Onu assolutamente nulla.

Il nostro pensare ha avuto inizio con la riflessione su solitudine e anomia in un Paese occidentale e si è concluso con un mini ragionamento sulla   Chiesa Cattolica in relazione al senso d’isolamento che neppure in questa sfera incontra un significativo supporto.

Abbiamo indugiato sui Vecchi, su Carceri, Pronto soccorso e Sanità, Magistratura, Agenzia delle entrate e Scuola, tutte socialità bisognose di restauri e flussi finanziari, nel Paese delle riforme perenni non chiamiamole riforme, l’ultima riflessione vuole essere sul Pnrr.

Acronimo respingente per la sua pomposa presunzione e per l’utilizzo del termine resiliente, del tutto nuovo per il nostro linguaggio e praticamente adottato dalla filosofia globalista di Davos che l’intende con il significato di opportunità in presenza di una crisi. Parola non compresa dalla popolazione o ritenuta un rafforzativo della prima R.

Sarebbe interessante se la politica commissionasse un sondaggio sulla comprensione di quella R, comprenderemmo così la distanza tra popolo e politichese. Ma, al di là, perché i circa 200 miliardi del Piano non sono stati dirottati in buona parte sulle suddette emergenze nazionali?

Rotonde stradali, bocciofile e quant’altro avrebbero potuto attendere il tempo di un Paese più felice.

Noi come seguaci del liberalismo vogliamo ricordare le semplici ma compiute parole di Ludwig von Mises: “La dottrina liberale agli uomini non promette la gioia e la felicità, ma semplicemente la massima soddisfazione possibile di tutti quei desideri che possono essere soddisfatti mediante la disponibilità di oggetti del mondo esterno”.

*Vincenzo Olita, direttore Società Libera

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