SANITÀ IN VOLO

Medici all'estero, numeri da esodo.
Oltre 6mila camici bianchi emigrati 

Continua a crescere il flusso di professionisti che lasciano l'Italia. Le mete: dalla Norvegia agli Emirati Arabi. Dal Piemonte oltre 500 pronti a partire verso altri Paesi. Aodi (associazione medici stranieri): "Riceviamo centinaia di curriculum ogni giorno"

La fuga dei medici dall’Italia verso l’estero sta raggiungendo numeri da grande esodo. Solo negli ultimi mesi sono state più di 6mila le richieste giunte all’Amsi, l’associazione dei medici stranieri in Italia che proprio per la sua rete capillare in molti Paesi del mondo rappresenta un crocevia e una fonte di informazioni per i professionisti che intendono emigrare. 

Un’emigrazione “di lusso” viste le offerte economiche e tutta una serie di benefit che dalla Norvegia agli Emirati Arabi vengono offerti ai camici bianchi italiani, tra i quali cresce in maniera preoccupante il numero di coloro pronti a lasciare il posto in ospedale, ma in alcuni casi anche nei servizi territoriali, per espatriare. Ed è il Nord la parte del Paese dove si registra la più alta quantità di professionisti che guardano oltreconfine, seguendo la scelta già fatta da non pochi loro colleghi in questi ultimi anni. “In testa per numero di richieste, ma anche per scelte giù compiute, c’è la Lombardia, seguita da Veneto e Piemonte”, spiega allo Spiffero Foad Aodi, presidente di Amsi. “Come associazione – aggiunge Aodi, fisiatra, laureato all’Università di Roma, docente alla Sapienza, palestinese nato in Israele – lavoriamo per favorire l’arrivo in Italia di medici stranieri, ma mai come in questo periodo ci troviamo a dover rispondere alle richieste di informazioni e contatti da parte di professionisti italiani che vogliono andare a lavorare in altri Paesi”.

Una fuga che proprio chi è arrivato in Italia per studiare e nel nostro Paese è rimasto non può che giudicare “allarmante, anche visto il numero crescente di coloro che guardano all’estero, anche a paesi lontani, per il futuro professionale”. La stessa prevalenza di professionisti delle regioni del Nord, quelle dove il sistema sanitario ha livelli più elevati, è un motivo in più per far scattare campanelli di allarme come peraltro già avviene, senza che tuttavia si siano ancora poste in essere misure per mitigare l’esodo, “che finisce con l’indebolire ancora di più il sistema sanitario italiano”.

I dati raccolti dall’associazione dei medici stranieri nell’anno appena trascorso attestano un aumento delle emigrazioni dei camici bianchi di oltre il 35% negli ultimi cinque anni, con un ulteriore incremento del 40% da maggio del 2023 e, ancora, con un picco del 60% a partire da settembre. Solo dal Piemonte, negli ultimi mesi l’Amsi ha raccolto oltre 400 richieste di informazioni e di contatti con l’estero da parte di medici, cui si aggiunge una settantina di infermieri e altre figure sanitarie. Un passaggio importante quello rappresentato dall’associazione presieduta da Aodi, ma non certo l’unico. E questo porta ad aumentare non di poco il numero complessivo dei professionisti che già nei prossimi mesi potrebbero lasciare il loro posto in ospedale per rispondere alle sempre più allettanti offerte che arrivano dall’estero.

Al flusso di camici bianchi verso altri Paesi corrisponde un arrivo di medici stranieri che, tuttavia non basta affatto a compensare l’emigrazione di professionisti, pur restando un’importante soluzione-tampone per arginare parzialmente la crescente carenza di personale che pone a rischio più di un servizio, a partire dai Pronto Soccorso. E, come evidenzia Aodi, “sono proprio, soprattutto, medici dell’emergenza e urgenza, anestesisti e rianimatori a guardare verso l’estero, dove non solo le condizioni economiche, ma anche quelle lavorative sono decisamente migliori rispetto a quelle in Italia”. 

Per quanto riguarda i medici che arrivano nel nostro Paese, “grazie alle deroghe disposte durante la pandemia che facilitano le procedure di riconoscimento dei titoli, c’è stato un incremento rispetto al periodo precedente il Covid di circa il 40%, anche se i numeri complessivi restano ancora bassi. Colleghi sono arrivati – spiega Aodi – dai Paesi dell’Est, dall’Argentina, dal Cile, dal Perù, ma anche dal Marocco, dalla Giordania e dall’Algeria. Sono arrivi soprattutto frutto di accordi con alcune regioni come la Sicilia e la Sardegna. Ci sono poi medici stranieri che studiano e si laureano in Italia e che fino a non molti anni fa avrebbero rappresentato una risorsa certa per il nostro sistema sanitario. Oggi il rischio è che anche alcuni di loro decidano di lasciare l’Italia”. 

Forte di una rete di contatti con oltre 120 Paesi nel mondo, l’associazione dei medici stranieri in Italia, “da sempre lavora per rafforzare il sistema sanitario nazionale, ma mai prima di questi ultimi tempi – spiega il presidente – ci eravamo trovati di fronte a un numero così alto e che continua a crescere di richieste da parte di medici italiani per andare a lavorare all’estero”. E con la maggior parte dei professionisti intenzionati a emigrare che attualmente lavorano nelle regioni del Nord, Lombardia in testa e appena dopo il Veneto, il Piemonte. 

print_icon