VERSO IL VOTO

Piemonte "merce di scambio", Conte tiene sulla corda Schlein

Il capo dei 5 Stelle alza la posta al tavolo nazionale: tra bluff e rilanci mette sempre più in un angolo il Pd. Incassata la Sardegna per Todde, puntata la fiche su D'Amico in Abruzzo, non esclude il trappolone per i dem piemontesi: far saltare i loro candidati

E se qualora si risolva la questione si scoprisse il trappolone? Pure se la trattiva tra Pd e Cinquestelle per le regionali in Piemonte è sideralmente lontana da riti, schemi e protagonisti della Prima Repubblica, soccorre nelle previsioni il sempiterno avvertimento del Divo Giulio: “A pensar male degli altri si fa peccato, ma spesso ci s’indovina”. Chissà se, tra una fumata nera e l’altra, almeno a qualcuno tra i dem si è accesa la spia di allarme su quella che potrebbe essere la più che probabile mossa pentastellata nell’eventualità, seppur remota, di chiudere positivamente la partita piemontese con un’alleanza giallorossa da opporre al centrodestra? La mossa, o per meglio dire appunto il trappolone per il Pd, sarebbe proprio di sfilare ai dem la candidatura alla presidenza della Regione, chiedendo non uno ma più passi indietro ai due attuali candidati in pectore Daniele Valle e Chiara Gribaudo, proponendo nella meno indolore delle ipotesi un profilo civico, nell’altra un esponente del partito di Giuseppe Conte

Fantapolitica? Sì, se si privilegia nelle previsioni un nulla di fatto per l’intesa, come la sempre più stanca e stucchevole tiritera degli incontri bilaterali in cui l’unica cosa certa alla fine è il rinvio a un altro incontro. No, se la situazione, come alcuni segnali fatti trapelare ad arte indicherebbero, avesse un’evoluzione opposta. Con, alla fine, i Cinquestelle che, superando gli ostacoli posti da loro stessi sulla strada del campo largo, rispondono positivamente alle pressante richiesta dem. A precise condizioni, però. Che potrebbero essere proprio quelle appena ipotizzate. Un colpo da maestro per Giuseppe Conte e Chiara Appendino, sotto la cintura per il Pd che dovrebbe incominciare a fare i conti per il suo futuro in Piemonte. Una regione che, più il tempo passa e più appare come merce di scambio nel quadro delle complicate trattative tra Pd e M5s in ambito nazionale. 

Le caselle su cui giocarla non mancano di certo, dalle regionali ai comuni, in lungo e in largo della Penisola. A Firenze, i dem sono già stati scaricati: i pentastellati starebbero lavorando con il rettore dell’Università per stranieri di Siena Tomaso Montanari per sostenere il candidato della sinistra a sinistra del Pd. Non meno intricata la questione in Umbria, regione dove si va al voto in autunno, che ha visto la presentazione ieri del patto avanti, rassemblement tenuto a battesimo dall’ex presidente della Camera Roberto Fico e che vede insieme Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi Sinistra, Psi e movimenti civici come Demos. Tutti insieme ma non appassionatamente sul candidato governatore che Conte non ha alcuna intenzione di lasciarlo ad Elly Schlein. Un patto avanti in regione, un passo indietro a Perugia dove il Pd si è spaccato tra chi vuole le primarie e ha candidati pronti e chi, invece, non le vuole percorrendo la strada dell’alleanza giallorossa. Restando da quelle parti a Prato l’alleanza resta una chimera e a Livorno, che vanta il primo sindaco grillino (Filippo Nogarin eletto nel 2014 e dopo l’enorme notorietà finito in un cono d’ombra da tempo), i Cinquestelle vanno insieme a Potere al Popolo

Dal centro al sud, nei giorni scorsi Conte avrebbe avuto un incontro col penalista Michele Laforgia, tra i nomi in pista per la successione al dem Antonio Decaro a Bari. E pure in questo caso le antenne piddine avrebbero dovuto segnalare un certo allarme. Soprattutto visto che da quelle parti il tanto, all’epoca osannato, modello Foggia, un campo larghissimo con la sindaca Maria Aida Tatiana Episcopo che, tuttavia, ha mostrato già le sue crepe con una lotta per le poltrone che è arrivata subito dopo la vittoria. Tant’è che proprio nella città che sta per salutare il suo sindaco presidente dell’Anci, i dem sono divisi tra La Forgia e altri papabili. Al momento l'unica altra situazione chiusa resta quella delle regionali in Abruzzo dove si vota il 10 marzo e dove il candidato unitario della coalizione è l'ex rettore dell'università di Teramo Luciano D'Amico, capace di mettere insieme un campo davvero largo arrivando a comprendere pure Italia Viva, Azione, oltre ad alcune liste civiche. Anche in Basilicata, al voto in primavera, il Pd era partito con decisione, indicando come candidato il civico Angelo Chiorazzo, ma dai Cinquestelle è arrivato il niet portando i dem a piegarsi. Ormai arcinota la situazione in Sardegna con Pd e M5s sulla grillina Alessandra Todde, ma con l’incognita ad altissimo rischio rappresentato dalla discesa in campo di Renato Soru. L’ex governatore ha pure litigato con la figlia Camilla, consigliera regionale Pd, ma non molla. E per i giallorossi è allarme rosso.

Insomma, altro che risiko, qui il gioco è davvero complicato e ogni giorno si aggiunge una difficoltà. Se è sempre più chiaro che Conte chiede posti di rilievo e possibilmente con probabilità di vittoria, Schlein e i suoi si fanno portare a spasso sempre più presi dal timore dell’abbandono, come si evince dalle dinamiche piemontesi. Quella che ormai è una manfrina, con incontri alla cui conclusione l’unica certezza è un rinvio a un’altra riunione, sembra nascondere un finale prevedibile in un nulla di fatto e ciascuno per la propria strada. Ma nel caso l’accordo si trovasse, i dem potrebbero trovarsi a loro volta nel trappolone della candidatura. Senza più poterne uscire. Un capolavoro.

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