FINANZA & POTERI

Dimissioni anticipate e postdatate, la "furbata" di Profumo e le grandi manovre di Furbizio Palenzona

Lascia anzitempo la Compagnia ma si assicura ancora un mese di stipendio e, soprattutto, ipoteca la poltrona di presidente di Intesa. Molti storcono il naso e parlano di un "conflitto d'interesse in carne e ossa". In Acri Big Fabrizio non getta la spugna

Detto fuori dai denti: per essere uno che ogni due per tre la mena con la “postura istituzionale” (sottinteso, che lui avrebbe e altri no) imprescindibile per rivestire cariche ai vertici delle fondazioni, la recente condotta di Francesco Profumo non è propriamente quella di un grand homme d’Ėtat. Le sue dimissioni anticipate di un paio di mesi della naturale scadenza del mandato ma posticipate di un mese nell’effettività non solo sono una macchia sulla reputazione di uomo delle istituzioni del quasi ex presidente della Compagnia di San Paolo, ma costituiscono una sgrammaticatura evidente e piuttosto grossolana del codice di comportamento che dovrebbe regolare i rapporti tra enti e rappresentanze. Inutile girarci attorno,

Profumo ha lasciato anzitempo la fondazione di corso Vittorio Emanuele per poter maturare i 12 mesi di “freezing” (o “cooling off”) imposti dal protocollo Mef-Acri, periodo di “decantazione” necessario per poter aspirare alla poltrona di presidente della conferitaria Intesa Sanpaolo. La solita norma all’italiana: dettata per evitare le porte girevoli e il passaggio senza soluzione di continuità da un ente azionista alla banca controllata, la regola è bellamente aggirata con il calendario alla mano. Di fronte a quello che è un “conflitto di interesse” in carne e ossa, passa persino in secondo piano il fatto che, a precisa domanda, soltanto una settimana prima Profumo aveva escluso l’intenzione di dimettersi, anche in quella occasione spargendo litri di retorica (“Non ho ansie sul futuro, credo si debba portare a compimento ciò che si è cominciato”). Il milioncino scarso attualmente percepito da Gian Maria Gros-Pietro può essere un motivo valido per perdere la faccia (peraltro già compromessa quando rinunciò alla candidatura a sindaco di Torino in cambio di futuri incarichi, che arrivarono puntuali e copiosi). E, giusto per non parlare di soldi, anche quel mese in più in Compagnia (le dimissioni decorrono dal 22 febbraio) buttalo via, soprattutto se ti aspetta un anno di stenti.

Ma se all’interno della cinta daziaria qualcuno ha storto il naso – parlando di una “pagina non esaltante per la Compagnia”, pari a quanto accadde con il passaggio di testimone tra Piero Fassino e Sergio Chiamparino, quando la fondazione venne trattata alla stregua di una dependance domestica – a Milano la mossa non è stata accolta affatto bene. Smentendo le voci di una decisione concertata con i vertici della banca – il ceo Carlo Messina vorrebbe Gros-Pietro per l’eternità – alcuni azionisti di peso hanno trasmesso il loro “vibrante disappunto” direttamente al secondo piano del Palazzo delle Colonne. Il tentativo di ipotecare con un anno di anticipo la presidenza della banca non è parsa una genialata agli occhi di chi, come i fondi internazionali, sono pronti a cogliere ogni stormir di fronde sui mercati. Se il passo indietro si rivelerà per Profumo un passo falso lo dirà solo il tempo, ma certo non sarà sufficiente la “mezza promessa” che gli avrebbe fatto Giuseppe Guzzetti in cambio del sostegno alla corsa di Giovanni Azzone per la guida dell’Acri. Il grande vecchio, a cui Profumo si è votato anima e corpo, per ora vuole incassare e poi si vedrà. Le primavere, come le quasi 90 sul groppone di “Sua Santità”, passano e non sempre preludono a un’estate radiosa.

Intanto, anche per piazzare l’attuale numero uno di Cariplo alla presidenza dell’associazione tra le fondazioni potrebbe non essere sufficiente né l’imboscata orchestrata da Profumo ai danni di Fabrizio Palenzona né la sua accelerata impressa alla successione. Il 21 febbraio è convocata l’assemblea straordinaria di Acri, l’ultima con l’ex ministro col loden in sella, per eleggere il suo erede ma è possibile che la decisione possa slittare. Dando ulteriore spago a Palenzona, per nulla rassegnato a mettersi il cuore in pace e rinunciare a un obiettivo, quello di far accomodare le sue generose terga sulla poltrona di via del Corso. Furbizio è attualmente in svantaggio – avendo contro le fondazioni big (Cariplo, Compagnia, Carifirenze e CrCuneo) – ma sta tessendo la rete tra Crt e gli enti medio-piccoli: la doppia votazione (per consistenza del patrimonio e quella numerica di associati) con maggioranze congiunte, meccanismo previsto dallo statuto, gli consente di restare più che mai in partita.

In ultimo il cortile di casa. Nella partita sulla Compagnia Profumo si è allineato ai desiderata del sindaco Stefano Lo Russo e pur di giustificare la bontà della scelta ha tratteggiato un “idealtipo” di presidente in cui prevalgono doti di relazione, soprattutto internazionali, a scapito della conoscenza del territorio e dell’interlocuzione con i corpi della città. Si chiama Marco Gilli e tra i suoi principali meriti c’è quello di aver messo in cattedra proprio Lo Russo. Come un accademico non propriamente di fama, la cui gestione dell’Ateneo non ha lasciato grandi ricordi (a onor del vero, né buoni né cattivi, ma comunque nessuno pare lo veda con favore), da cinque anni in esilio dorato a Washington e delle cui mansioni di attaché scientifico dell’Ambasciata non si trova praticamente traccia nel web, possa dare alla Compagnia quella funzione di levatrice della classe dirigente (come lo stesso Profumo ha sollecitato debba sempre più svolgere) è un mistero. Sempre che anche su questa partita il suo appoggio non si riveli un mezzo bluff.

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