ECONOMIA DOMESTICA

Torna a crescere il popolo delle partite Iva, ma crollano artigiani e commercianti

Oltre i 5 milioni effettivi, lontani dai 6,2 di 20 anni fa. Trend positivo in molte regioni, non in Piemonte (-2,1%). Sono però in costante diminuzione le attività che costituiscono il lavoro autonomo "classico", quasi il 75% circa del totale

Dopo il 2020, annus horribilis della pandemia, il “popolo" delle partite Iva” è tornato ad aumentare e oggi la platea è stabilmente sopra i 5 milioni di effettivi. Lo rileva l’Ufficio studi della Cgia di Mestre (Venezia). Al 31 dicembre scorso contavamo 5.045.000 lavoratori indipendenti, ma sebbene il numero sia in leggero aumento rispetto a quattro anni fa, va segnalato che rimane ben lontano dai 6,2 milioni degli inizi del 2004, vent’anni fa.

Nei primi 9 mesi del 2023 l’andamento dei lavoratori indipendenti non ha però interessato tutte le regioni. Se nell’ultimo anno il Molise (+8,4%), la Liguria (+8,2%), la Calabria e l’Emilia-Romagna (+5,6%) hanno registrato gli aumenti più importanti, l’Abruzzo (-4,9%), l’Umbria (-5,6%), il Trentino-Alto Adige (-8,4%) e le Marche (-10,1%) hanno subito le contrazioni più significative. Anche in Piemonte c’è un decremento, seppur di modeste proporzioni: -2,1%.

Sono però in costante diminuzione le attività che costituiscono il lavoro autonomo “classico”, che rappresentano quasi il 75% circa del totale: artigiani, piccoli commercianti e agricoltori. Tra il 2014 e il 2022 il numero complessivo di queste tre categorie è sceso di 495mila unità. Gli agricoltori sono diminuiti di 33.500 unità (-7,5%), i commercianti di 203.000 (-9,7%) e gli artigiani di quasi 258.500 (-15,2%). Diversamente, sono in espansione le partite Iva senza albo od ordine professionale, tra cui i web designer, i social media manager, i formatori, i consulenti agli investimenti, i pubblicitari, i consulenti aziendali, i consulenti informatici, gli utility manager, i sociologi, gli amministratori di condominio.

Il crollo del numero degli artigiani, dei commercianti e degli agricoltori ha interessato tutte le regioni, ma in particolare le Marche (-17,2%), il Piemonte (-15,5%), l’Emilia-Romagna e il Molise (entrambe -15,1%), l’Umbria (-14,9%) e il Veneto (-14,8%). A livello di ripartizione geografica la contrazione più pesante si è registrata nel Nordest (-14,1%). Seguono il Nordovest (-14%), il Centro (-12,5%) e, infine, il Mezzogiorno (-6,9%). A livello provinciale, invece, le realtà più “colpite” sono state Vercelli (-21,6%), Massa-Carrara (-20,1%), Biella (-19,4%), Alessandria (-19,3%) e Rovigo (-18,3%). Tra le 103 province d’Italia monitorate, solo Napoli (+0,6%) ha registrato una variazione positiva.

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