Morto Nesi, banchiere rosso.
Un monumento del potere
13:22 Domenica 11 Febbraio 2024
Natali politici nella Dc, una precoce (e fugace) partecipazione alla Resistenza e poi socialista "lombardiano". Lo scontro con Craxi e lo scandalo Atlanta quand'era al vertice della Bnl. Folgorazione senile per il comunismo, con Bertinotti e Cossutta. La tessera del Pd
È morto all’età di 98 anni Nerio Nesi, politico e banchiere italiano. Lo rende noto la Fondazione Cavour. Bolognese di origine e torinese d’adozione, avrebbe compito 99 anni a giugno. Ha ricoperto diversi incarichi nel mondo bancario ed è stato presidente della Bnl. Per molti anni dirigente del Partito socialista, è stato ministro dei Lavori pubblici in quota Pdci nel secondo governo Amato tra il 2000 e il 2001. Ha presieduto fino a pochi mesi fa la Fondazione Cavour.
Classe 1925, Nesi aderì nei primi anni del dopoguerra alla Dc – più per spirito anticonformista che per convinzione, avrebbe spiegato poi – essendo lui originario di Bologna dove il Pci spadroneggiava. Nesi, emiliano di nascita e piemontese d’adozione, ha trascorso gran parte della sua lunga esistenza a erigere il monumento di sé stesso: le origini piccolo borghesi, una precoce partecipazione alla lotta partigiana, il primo lavoro alla Rai (Eiar) in via Arsenale, poi l’ingaggio in Olivetti, la militanza socialista al fianco di Riccardo Lombardi, la sua passione per Cavour e la storia risorgimentale, il sostegno al Psoe in clandestinità che gli fruttò la riconoscenza di Felipe Gonzalez e, soprattutto, di Alfonso Guerra. Parsimonioso fino alla tirchieria, di lui si ricordano i regali riciclati (che accumulava in una apposita stanzetta nel quartier generale della Bln a Torino), i libri già sottolineati (e quindi si presume letti) e persino un panettone sbocconcellato donato al suo autista (“Marino faccia un buon Natale con la sua famiglia”).
È stato a lungo il “banchiere rosso” per eccellenza. Vicepresidente della Cassa di Risparmio di Torino, quando al vertice c’era Edoardo Calleri di Sala e con il notabile Dc ha condiviso tratti importanti della carriera politica e di mandarino del potere: quando il cavallo di razza dei dorotei piemontesi nel 1970 divenne il primo presidente della neonata Regione Piemonte lui sedeva sugli scranni del parlamentino che allora divideva l’aula con la Provincia (in piazza Castello) capogruppo della pattuglia socialista. Grazie a quell’incarico in banca “che allora nessuno voleva”, ha ricordato molte volte celiando non poco, ha costruito rapidamente una fitta di rete di relazioni e di consenso, soprattutto per la corrente di sinistra del Psi (a colpi di agende omaggio e di un catalogo infinito di nomi in cui appuntava composizione famigliare, compleanni, ricorrenze, richieste e ogni singolo appuntamento).
Da Torino spiccò il volo nella grande finanza designato dal “nemico” Bettino Craxi alla guida della Banca Nazionale del Lavoro, dove vi rimase sino al 1989 quando scoppiò il famoso scandalo di Atlanta, la filiale americana che si era pesantemente indebitata per concedere crediti ad esportatori in Iraq a favore di Saddam Hussein, in guerra con la repubblica islamica dell’Iran. Accusò il segretario del garofano di averlo fatto fuori, tentò di rimettere in piedi una componente in aperto contrasto non solo con la maggioranza riformista del partito ma anche con la vecchia sinistra “ferroviaria” di Claudio Signorile, rappresentata a livello locale da Giorgio Cardetti e Filippo Fiandrotti. Con Tangentopoli abbandonò a gambe levate la nave socialista e raggiunse i lidi di Fausto Bertinotti, suo vecchio amico (cui la Bnl concesse un bell’alloggio a Vigna Clara al momento del suo trasferimento nella capitale alla segreteria nazionale della Cgil). Il rapporto si ruppe sul piano politico e pure su quello personale portando Nesi a aderire ai Comunisti Italiani di Armando Cossutta e Oliviero Diliberto, partito per il quale divenne ministro dei Lavori Pubblici nel secondo governo Amato.
La nascita di un buon rapporto con Cossutta, Nesi l’ha sempre raccontata così, con ironia e anche con un po’ di perfidia, un sentimento quest’ultimo che non ha mai smesso di frequentare: “Mi ero insediato da pochi giorni nel mio ufficio di presidente di Bnl. La segretaria mi mostrò il protocollo da seguire con gli ospiti che avrei cominciato a ricevere di lì a poco: A) l’ospite è così importante che il presidente si congeda da lui dopo averlo accompagnato sino al portone d’ingresso del palazzo; B) l’ospite è di media importanza: il presidente si congeda dopo averlo accompagnato sino all’ascensore; C) l’ospite è tale per cui il presidente si limita a congedarsi sulla porta del suo ufficio. Poco tempo dopo, fu Cossutta allora responsabile dell’organizzazione del Pci a chiedermi un incontro: immaginavo volesse parlarmi delle esposizioni bancarie del suo partito con Bnl. Il protocollo che trovai indicato sull’agenda era proprio quello più modesto: lettera C, congedo sulla porta dell’ufficio. Quella mattina con Cossutta parlammo di politica e poi anche dei debiti del Pci. Al momento di lasciarmi, però, lui mi disse: non ti nego di essere venuto qui in rappresentanza non solo del Pci, ma anche dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. A quel punto, non aspettai il cenno della segretaria e di mia iniziativa accompagnai Cossutta sino al piano terra, salutandolo sul portone d’ingresso”.
A giugno di due anni fa decise di prendere la tessera del Partito democratico assieme alla sua seconda moglie, Patrizia Presbitero, affermata cardiologa prima nella sanità pubblica (è stata primario di Cardiologia al San Giovanni Bosco), poi nel privato con il gruppo Humanitas.