Il valore delle preferenze

Diciamoci la verità, anche se spiace dirla. Con le preferenze il cittadino, di qualunque estrazione politica sia, ritorna semplicemente protagonista. Cioè sceglie direttamente la sua classe dirigente. Certo, conosciamo le osservazioni e le prediche degli amanti delle “nomine” dall’alto. E cioè, con le preferenze crescono corruzione, malaffare e clientelismo. Osservazioni, peraltro, che non rispondono al vero quando si ha una concezione democratica, trasparente e leale della politica. Ma, al contempo, non possiamo far finta di non sapere che la classe politica nominata dai capi partito non è una classe dirigente autorevole e qualificata – salvo rarissime eccezioni – ma, di norma, si tratta di una sequela di nomi e di cognomi che si caratterizzano per la fedeltà incondizionata e smisurata nei confronti dei rispettivi capi partito più che non sul terreno del radicamento sociale, della competenza politica e, soprattutto, della rappresentatività culturale e territoriale. Appunto, solo ‘nominati’ che meno sono conosciuti e meglio è. Gli esempi, al riguardo, sono infiniti. A partire dal Piemonte, come ovvio.

Ora, alla vigilia delle prossime elezioni – europee, regionali e comunali – il sistema elettorale prevede la presenza delle preferenze per questi tre livelli istituzionali. Verrebbe quasi da dire, evviva! Con la speranza, concreta, che questo sistema elettorale – o quello dei collegi uninominali – si estenda prima o poi anche per la Camera e il Senato archiviando definitivamente la squallida pratica delle nomine centralistiche e fiduciarie. Al riguardo, e per fortuna, siamo tornati alle preferenze doppie – di genere – e alle Europee alle tre preferenze. Senza ricorrere a quella preferenza unica che aveva innescato, quello sì, nel lontano 1991 un meccanismo di corruzione, di imbarbarimento della lotta politica all’interno dei partiti, di crescita esponenziale dei costi per le campagne elettorali e, in ultimo, di una conflittualità permanente e strutturale all’interno di partiti stessi.

Comunque sia, non possiamo non evidenziare che uno degli elementi decisivi per ridare qualità alla democrazia, fiducia nella politica e anche credibilità alle istituzioni democratiche risiede nel modo concreto in cui si eleggono i rappresentanti. E il ritorno delle preferenze, nel pieno rispetto delle regole e delle norme che presiedono allo svolgimento della campagna elettorale sotto il profilo della trasparenza dei costi e delle risorse, non può che essere salutato come un segnale incoraggiante. Anche se per le comunali, le regionali e le europee la preferenza o le preferenze sono sempre esistite. Ma può essere, questo, un segnale potente che viene lanciato per il versante nazionale in vista delle prossime elezioni politiche. Perché, come ovvio, i sistemi elettorali non sono mai una variante indipendente ai fini della credibilità e della autorevolezza della stessa politica. In quanto non c’è elemento peggiore di avere una classe dirigente né rappresentativa e né scelta democraticamente. E la prossima tornata elettorale di giugno può innescare un meccanismo di cambiamento e di rinnovamento della scelta della classe dirigente politica che potrà essere trasferito anche sul versante nazionale.

print_icon