VERSO IL VOTO

Sorpasso di Forza Italia, incubo Lega. Piemonte, allarme sul "doppio" Cirio

Aumenta il rischio per Salvini di arrivare terzo alle europee. La strategia nordista di Tajani agita lo stato maggiore del Carroccio. Un piano azzurro per impedire il varo della legge sull'autonomia prima del voto. Non piace il governatore civico e di partito

Se c’è un caso, in politica, in cui ci si guarda bene dallo strombazzare è proprio quello che incarna la metafora dei colpi di clacson che Vittorio Gassman assestava al volante della sua fuoriserie. Il sorpasso, tra partiti, si fa (o ci si prova) ma non di dice, o più precisamente non si avvisa. Figurarsi poi tra alleati, dove quasi si arriva al prego prima lei e intanto si manda avanti qualcuno a spargere chiodi sull’asfalto. 

Che quella tra una ringalluzzita Forza Italia e una Lega con la filossera sarà una sfida all’ultimo voto nella competizione europea è ormai chiaro al più disattento delle vicende politiche. Come finirà è tutto da vedere, ma già fin d’ora la sindrome del sorpasso fa preda di chi lo cerca e chi lo teme. Antonio Tajani, reggendo in maniera inaspettata l’impossibile eredità di Silvio Berlusconi procede con la brezza di bolina dei sondaggi imbarcando in maniera massiccia figure che tracciano una rotta verso il Nord colpevolmente trascurato troppo a lungo da Matteo Salvini nel suo periplo nazionalista con poco promettenti passaggi a Sud.

Candidature come quella di Letizia Moratti, capolista nel Nord Ovest, ma anche dell’ex sindaco leghista di Verona, oggi parlamentare azzurro, Flavio Tosi (o in alternativa della moglie, l’ex senatrice Patrizia Bisinella) e pure di un altro ex del Carroccio come il già governatore del Piemonte Roberto Cota e, non di meno restano da queste parti, dell’imprenditore Paolo Damilano, danno immediatamente l’idea di quanto il partito orfano del fondatore incalzi la Lega proprio in quei territori e in quell’elettorato che non nasconde di essersi sentito figlio non più del dio Po, ma di uno minore. La stessa valenza che sta assumendo all’interno di Forza Italia la componente (quasi un correntone) di Forza Nord, dove insieme a Tosi ci sono nomi come quelli del bossiano di ferro Marco Reguzzoni, l’eurodeputata uscente Stefania Zambelli e altri ancora, indica chiaramente l’obiettivo forzista e il rischio leghista.

La strategia azzurra non passa solo, e non è poco, per candidature e temi. I segnali che, a ragione, allarmano Salvini e i suoi suonano alla voce autonomia, vessillo che in quel che una volta di sintetizzava con via Bellerio si vuole poter issare assolutamente prima del voto, portando quindi all’approvazione in buon anticipo sul 9 giugno la riforma preparata da Roberto Calderoli. Riforma considerata da quella parte della Lega che non vuole cavalcare l’onda dell’ultradestra europea come il vero tema forte da porre al cospetto dell’elettorato. Da Riccardo Molinari a Massimiliano Romeo, passando per lo stesso Calderoli, non hanno mancato di concentrare l’attenzione proprio su questo tema. E a riprova di quanto l’autonomia regionale differenziata possa pesare sul voto europeo, ci sono le manciate di chiodi che l’alleato forzista è pronto a seminare sulla strada. La data del 29 aprile, con l’approdo in aula del testo Calderoli è scolpita sulla pietra per i leghisti, ma non altrettanto per gli alleati.

Della tiepidezza di Giorgia Meloni e del suo partito quella questione si sa da tempo, ma l’ostacolo più che da Fratelli d’Italia potrebbe arrivare proprio dal partito di Tajani. “Alla Camera hanno la precedenza i provvedimenti di natura emergenziale e urgenti”, ha ripetuto pochi giorni fa Tosi, lanciando un messaggio molto chiaro: la riforma non è né una questione urgente, tantomeno un’emergenza. Non certo una voce dal sen sfuggita, semmai una parte di un piano che Forza Italia avrebbe in mente per impedire a Salvini di portare in campagna elettorale la legge approvata. Si parla di un emendamento, preparato sotto l’occulta regia del governatore della Calabria Roberto Occhiuto, per rallentare l’iter parlamentare e spostare l’approvazione del testo Calderoli dopo il voto europeo. Un colpo basso, da quelle parti che un tempo erano simbolo del celodurismo leghista e oggi rischia di fare assai male. “Una riforma di questa portata – aggiunge Tosi rivendicando l’essere egli stesso un convinto autonmista, girando il coltello nella piaga – non può essere una bandierina elettorale”.

Sorpasso, come eventualità alle europee, ma anche più o meno virtualmente nella contestuale competizione regionale, ovvero quella in Piemonte. Stesso giorno, ma partite diverse. Questo è vero, così come verosimile è un risultato del partito di Salvini in Piemonte diverso e superiore rispetto a una media nazionale cui concorre quella parte del Paese, al di sotto della linea gotica, dove la Lega non ha mai sfondato e Forza Italia ha un suo storico e piuttosto ricco bacino. 

Ciò non toglie che dirigenti e quadri del Carroccio piemontese abbiano già alzato la guardia e il livello di chiamata alle armi di militanti ed elettori ben prima dell’inizio ufficiale della campagna elettorale. Così come, pur dietro l’incipriata di cortesie, la Lega mostri quanto sia sempre più accigliata di fronte a un ricandidato governatore che al suo essere vicesegretario nazionale di Forza Italia unisca pure la sua lista civica, finendo per rappresentare agli occhi dell’alleato un pericolo ulteriore in una partita, anche qui, all’ultimo voto. E se il Carroccio è riuscito a sventare alcuni tentativi di arrembaggio, come l’ingaggio nella lista del governatore della sindaca di Vicolungo Marzia Vincenzi, poi trattenuta a bordo, la campagna acquisti sul territorio da parte del presidente reste una spina nel fianco della Lega. A denti stretti un alto dirigente del partito ha inghiottito la candidatura nella civica di Cirio dell’ex sindaco di Rocchetta Ligure Giorgio Storace, potenziale e temibile concorrente in quelle lande collinari dell’Alessandrino del presidente della Provincia Enrico Bussalino, su cui la Lega punta per Palazzo Lascaris. Perché il sorpasso lo si può fare anche in curva e in salita. Sempre senza strombazzare.

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