Il moralismo non è un progetto politico

Un grande storico cattolico, Pietro Scoppola, diceva molti anni fa che il buon politico – e non solo cattolico, come ovvio e scontato – deve “saper sempre legare la cultura del comportamento con la cultura del progetto”. Detto in altri termini, nella politica contano, e molto, l’onestà, la correttezza e la trasparenza ma quelle sono e restano le precondizioni essenziali per l’azione e la militanza politica. Dopodiché, sono altresì fondamentali la competenza, la preparazione e la capacità nel saper tradurre i valori e la cultura in un progetto politico e di governo. Questo era e resta il segreto della buona politica.

Ora, noi assistiamo ad uno strano fenomeno. Non solo alcuni settori della sinistra continuano a richiamare, per ragioni antiche e ben note, la cosiddetta “superiorità” o “diversità” morale di quest’area politica rispetto a tutte le altre ma, addirittura, dobbiamo ascoltare la comica che c’è chi distribuisce patenti, a destra e a manca, sulla propria moralità. Una sorta di auto investitura sulla propria indubbia moralità nella politica contemporanea per ragioni alquanto misteriose e non conosciute ai più. Si tratta del partito populista per eccellenza, cioè del movimento 5 stelle di Conte. E le recenti vicende di Bari e della Puglia, di Torino e del Piemonte lo hanno platealmente confermato. Ovvero, il partito di Conte ha posto le condizioni per poter governare con il Pd individuando proprio nella moralità – intesa come categoria di esclusiva competenza dei 5 stelle – l’elemento discriminante. Una tesi, questa, oltreché ridicola anche un po’ stonata perché significherebbe che tutto ciò che si muove al di fuori di quel partito populista può essere oggetto di malcostume o di clientela o peggio ancora.

Ecco perché è opportuno evitare che il moralismo diventi la regola esclusiva e decisiva per costruire progetti politici. E questo non solo perché è singolare appaltare ad un solo partito la titolarità della trasparenza e della moralità ma anche, e soprattutto, perché la politica è credibile nella misura in cui declina un progetto di governo che non è solo il frutto di una auto investitura etica e morale. Anche perché, come noto e come diceva spesso il vecchio Nanni, “c’è sempre un puro più puro che ti epura”. Una lezione che la sinistra, nelle sue multiformi espressioni, non ha mai compreso sino in fondo cavalcando battaglie moralistiche che poi si sono rivoltate contro quando il vento soffia da un’altra parte….

Infine, e proprio rileggendo anche i grandi e autorevoli richiami del passato su questo tema, forse è arrivato il momento per isolare politicamente chi fa del moralismo la sua unica arma di battaglia. Ben sapendo che esiste una storica ed antica distinzione tra i moralizzatori e moralisti. Perché i primi individuano il malcostume e cercano in tutti i modi di risolvere laicamente il problema alla radice mentre i secondi, di norma, si limitano a denunciare il caso avendo come unica ricetta la semplice sostituzione di loro stessi con quelli che vogliono definitivamente cacciare. È bene saperlo prima che sia troppo tardi.

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