Il costo dell'assistenza

Nel 2002 iniziò un tormentone che avrebbe accompagnato costantemente la Sanità nella sua trasformazione da istituzione dedicata alla cura, a impresa privata. Gli amministratori pubblici, all’epoca, partecipavano periodicamente a tavoli di confronto organizzati dalle Asl territoriali. Nel dibattito, o meglio nel monologo dei dirigenti dell’Azienda, veniva ripetutamente sottolineata (con una certa enfasi) la necessità di andare verso una sostanziosa riduzione dei posti letto ospedalieri. Al taglio di degenze nei reparti avrebbe però dovuto corrispondere il potenziamento dell’assistenza domiciliare (destinata alle lunghe degenze): le Aziende Sanitarie cercavano solamente di creare consenso su un robusto ridimensionamento ospedaliero deciso dall’assessore regionale di turno.

Veniva detto, in quelle occasioni, che occorreva investire nella rete assistenziale per dedicare l’intervento ospedaliero ai pazienti valutati potenzialmente guaribili: un mantra somministrato anche ai presidenti di Circoscrizione, nonché ai loro coordinatori e ai rappresentanti dei Comitati spontanei (di norma invitati alle riunioni). L’ipotesi prospettata non convinceva chi rappresentava le comunità, e tanto meno la politica locale, poiché tutti sospettavano che si volesse semplicemente scaricare sulle famiglie l’onere di assistere i parenti immobilizzati in casa. 

Le obiezioni rivolte all’Asl venivano superate tramite ampie rassicurazioni da parte dei dirigenti, i quali al contrario evidenziavano i benefici anche psicologici derivanti dal ricovero del malato presso il proprio domicilio, sottolineando inoltre che la degenza casalinga non avrebbe comportato alcuna, neppure minima, spesa a carico dei familiari. Purtroppo, nulla di quanto promesso è stato mantenuto, tranne la continua emorragia di posti letto negli ospedali: scelta che ha posizionato l’Italia in fondo alla classifica europea del rapporta tra abitanti e letti di degenza. 

Raccomandazioni dirette a tranquillizzare le sentinelle del territorio, e promesse elettorali, hanno raffigurano una realtà immaginaria, narrata per evitare “pericolose” proteste di piazza e scongiurare una massiccia fuga di consensi a favore delle opposizioni consiliari. Oggi, una famiglia che improvvisamente abbia un proprio caro non autosufficiente (per vecchiaia o a causa di una malattia invalidante) non può che affidarsi al Pronto Soccorso più vicino, per non imbarcarsi nella dispendiosa e faticosa scelta di tenerselo a casa. 

Non esiste infatti la continuità della cura e, una volta dimesso dal reparto di medicina d’urgenza, il paziente non può contare su niente altro che non sia l’affetto dei familiari. Le pratiche di invalidità, di accompagnamento, così come la richiesta dei benefici normati alla Legge 104, danno inizio a percorsi burocratici lunghi e pieni di insidie. 

Inoltrare la richiesta di assistenza domiciliare non significa neppure aver risolto i problemi scaturiti dalla coraggiosa scelta di portare a casa il familiare, poiché non è prevedibile quando (e se) verranno consegnate le attrezzature indispensabili per modificare l’alloggio in maniera appropriata (letto con sponde, materassi ad aria): chi può permetterselo economicamente deve acquistare il tutto mettendo mano ai risparmi. I nuclei familiari spesso sono anche costretti a cercare una persona che li aiuti nello svolgimento delle fatiche derivanti dalla degenza in casa, e anche questa spesa è a loro carico (pari a uno stipendio medio alto). L’alternativa alla domiciliarità è quella di rivolgersi a una Rsa, affrontando le costosissime rette mensili che comporta il ricovero.  

“Continuità della cura” è stato lo slogan adottato dalla classe politica che, spinta dalle lobby, ha distrutto la Sanità. A Torino, dopo anni di lavoro ai fianchi del sistema sociosanitario e del welfare, sta mettendo radici (probabilmente con la benedizione della Fondazione Bloomberg) il modello assistenziale americano: il potere economico sta cancellando in un sol colpo tutte le garanzie contenute nella Carta costituzionale (art. 32- “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”).

La Sanità che garantisce il ricco, ma non i lavoratori e le persone fragili, è dietro l’angolo. Privatizzare è semplice, poiché le difficoltà ricadono esclusivamente sulle spalle delle famiglie. 

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