TRAVAGLI DEMOCRATICI

Jobs act, Valle alza la voce con Schlein: "Non si guida il Pd a colpi di abiure"

Nel giorno in cui da Tinagli a Franceschini si moltiplicano le critiche alla segretaria, in Piemonte il vicepresidente del Consiglio regionale parte all'attacco: "Sbaglia nel metodo e nel merito. La coerenza è nella storia delle nostre posizioni". Area riformista in fermento

“Non possiamo rimangiarci sempre tutto”. Non c’è solo una questione di merito per contestare la firma di Elly Schlein a sostegno del referendum della Cgil che vuole abolire il Jobs Act, ma anche di metodo. Ad affermarlo è Daniele Valle, 40 anni, fino a un paio di mesi fa in campo per contendere la Regione Piemonte ad Alberto Cirio e oggi in corsa con il Pd per uno scranno a Palazzo Lascaris, dov’è attualmente vicepresidente. Appartiene a quell’area riformista che vive con crescente imbarazzo l’ennesima svolta sindacal-populista di una segretaria sempre più schiacciata sulle posizioni di Maurizio Landini e Giuseppe Conte.

Valle, cosa intende quando parla di questione “di merito e di metodo”?
“Partiamo dal merito. Non si può dire che il Jobs Act ha aumentato la precarietà tra i lavoratori dopo che i dati Istat pubblicati nei giorni scorsi certificano un aumento dell’occupazione negli ultimi quattro anni, sia in termini assoluti (peraltro con la popolazione che diminuisce) sia relativi. E soprattutto, ci dice l’Istat, sono aumentati i contratti a tempo indeterminato”.

Ma cosa dicono i dati Istat? A livello assoluto il numero totale degli occupati, a marzo 2024, è di 23 milioni 849mila ed è superiore di 425mila unità rispetto allo stesso mese dello scorso anno. I dipendenti “permanenti” sono 559mila in più, gli autonomi sono 46mila in più, i contratti a termine si sono invece ridotti di 180mila unità. Il tasso di occupazione nel gennaio 2015, prima della riforma, era del 55,6%, nel gennaio 2017, circa due anni dopo la sua entrata in vigore, era del 57,5%, oggi è del 62,1%. In particolare si è dimezzata la quota dei giovani disoccupati tra i 15 e i 24 anni: nel gennaio 2015 erano il 41,1% oggi sono il 20,1%. I contratti a tempo indeterminato oggi rappresentano l’85% del totale dei lavoratori dipendenti.

Tutto merito di quella riforma del governo Renzi?
“Penso di sì e in ogni caso dovrebbe essere chi ne vuole l’abolizione a dimostrare che senza avremmo maggiore occupazione e soprattutto ancora più contratti a tempo indeterminato. Il problema semmai è un altro”.

Quale?
Il livello delle retribuzioni, che in Italia sono rimaste ferme mentre sono cresciute in tutte le economie occidentali. È un tema che in parte possiamo affrontare con il salario minimo, in parte attraverso la revisione dei contratti nazionali, dal pubblico impiego ai metalmeccanici, dagli operatori sanitari ai quadri. 

Cosa intende quando dice che c’è anche una questione di metodo e che il Pd non può rimangiarsi sempre tutto?
“Io riconosco a Elly Schlein una coerenza personale su questo argomento, tuttavia penso che quando si diventa segretario di un partito c’è anche un dovere di coerenza con la storia e le posizioni di quel partito”.

Cosa vuole dire?
“Purtroppo non è un limite solo di Schlein, troppo spesso il Pd si è rimangiato le posizioni assunte lungo il percorso. Alcuni esempi? La riforma del Titolo V della Costituzione, approvata dal governo D’Alema, l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, durante l’esecutivo Letta, la revisione delle province di Renzi, la riduzione del numero dei parlamentari del M5s: tutti temi su cui abbiamo recitato e stiamo recitando tutt'ora entrambe le parti in commedia.   

Chi vince le primarie avrà il diritto di cambiare la linea del partito?
“Certo. Ma un conto è fare nuove proposte, altro è cancellare il passato, senza neanche aprire una discussione nel partito. E poi vogliamo dirla tutta?”.

Certo…
“Il gruppo dirigente che oggi è al fianco di Schlein per la stragrande maggioranza il Jobs Act, la revisione delle Province e tutto il resto l’ha votato in modo convinto o perlomeno senza defezioni, ora non possono rimangiarsi tutto”.

I tempi sono cambiati. La politica non deve adattarsi allo spirito del tempo, quello che i tedeschi chiamano Zeitgeist?
“Un conto è lo spirito del tempo, un conto l’opportunismo. Gli elettori apprezzano la coerenza di posizioni anche quando nel tempo diventano minoritarie all’interno del dibattito pubblico. Perché sono quelle che definiscono l’identità di una proposta politica”.

Cioè il Jobs Act non è più di moda?
“Qualcuno forse lo pensa. Ma facciamo un altro esempio, il Superbonus, provvedimento bandiera del governo Conte: ebbene a quel tempo tutta la maggioranza lo approvò e anche dall’opposizione lo accolsero positivamente. Ora tutti lo disconoscono, a proposito di coerenza, ma i Cinquestelle continuano a difenderlo. Questo atteggiamento serve a cementare l’elettorato e alla fine paga”.

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