FINANZA & POTERI

Tre milioni tra consulenze e indennità. Crt fa i conti con l'eredità di Palenzona

Nell'anno in cui il Camionista di Tortona è stato alla guida della fondazione sono "esplosi" i costi per affidamenti e compensi. Tolta la buonuscita stellare di Lapucci (1,7 milioni) e l'incarico di assessment balla ancora un milioncino. E c'è il nodo Varese

Da quando se n’è andato, poco più di tre settimane fa, in Fondazione Crt sono alle prese con la sua eredità. L’addio tra veleni e carte bollate di Fabrizio Palenzona pesa ancora come un macigno, nonostante il recente di tentativo di ricomporre le tensioni e ridare serenità e una parvenza di normalità all’ente. Al netto di quanto deciderà il Tesoro sul merito dell’esposto presentato dall’ex presidente, ad Anna Maria Poggi, la giurista designata alla successione, spetterà il compito di fare i conti con il lascito di Palenzona. Conti veri e propri, giacché a quanto trapela da via XX Settembre nell’anno in cui il Camionista di Tortona è stato alla guida della fondazione torinese sarebbero “esplose” le spese per consulenze, buonuscite e affidamenti: un capitolo passato dai 400-550 mila euro dell’era di Giovanni Quaglia a circa 3 milioni in un pugno di mesi.

Dalla ricognizione, seppure ancora sommaria e informale, avviata dal cda si tratterebbe di assegnazioni che non avrebbero seguito la trafila ordinaria e sarebbero state decise senza neppure interpellare gli organismi. Almeno di una parte consistente di esse. Infatti, una grossa fetta sarebbe stata destinata a liquidare l’ex segretario generale Massimo Lapucci (si parla di circa 1,7 milioni), mentre altri 450mila euro sono attribuibili all’incarico di assessment rivolto alla struttura. “Ma sul resto non ne sappiamo nulla”, conferma un consigliere di amministrazione sotto la garanzia di anonimato. Trica e branca, balla ancora un milioncino. Nessuno, al momento, sospetta magheggi strani o men che meno illeciti, piuttosto si vuole accertare quante di queste risorse siano andate ai quei “consiglieri della corona” di cui si è circondato Fabrizio Magno. E se, tra di essi, c’è anche chi è stato l’estensore degli atti ostili contro il cda in carica. Ovvio che gli occhi siano puntati anzitutto su Andrea Zoppini, illustre giurista ed ex sottosegretario alla Giustizia nel governo del loden, che patrocina Palenzona nella vertenza giuridica (che presto potrebbe diventare pure giudiziaria). Non solo, lo stesso Zoppini – in prima persona o attraverso collaboratori del suo studio – ha spesso affiancato l’allora presidente durante le sedute del cda: “Una cosa mai vista prima, vissuta dai consiglieri con grave disagio”, prosegue la nostra fonte.

La lista della spesa non sarebbe però l’unica grana. Palenzona se n’è andato, seguito dal fido Roberto Mercuri, ma non tutti i suoi cari hanno levato le tende. Il caso più eclatante, per il ruolo, è quello dell’ex segretario generale Andrea Varese nominato da Furbizio al posto di Lapucci, nel luglio dello scorso anno poco dopo essersi insediato e “sfiduciato” dal cda nei primi giorni del terremoto che ha scosso l’ente di via XX Settembre portando poco dopo alle dimissioni dello stesso presidente. L’ex manager finanziario del gruppo Fiat voluto da Palenzona a dispetto di più di una perplessità sollevata all’epoca circa la scarsa conoscenza dell’ambito in cui è chiamata ad operare la fondazione, non è più segretario generale con relativo emolumento (attorno ai 450mila euro), ma resta comunque un dirigente apicale della fondazione. Una situazione oggettivamente anomala, tanto più considerate le ragioni per cui Varese lo scorso 21 aprile è stato sollevato dall’incarico, ma non da dipendente seppure d’alto rango della cassaforte piemontese. Fonti interne confermano trattative, ovviamente riservate, in corso per trovare una soluzione che non potrà che passare per l’uscita definitiva del manager, la cui permanenza sarebbe a dir poco complicata da spiegare e, non di meno, per lui da gestire.

La sua non è tuttavia l’unica figura legata al brevissimo corso palenzoniano. Con gli scatoloni pronti ci sarebbe pure Manuel Follis, responsabile della comunicazione, ingaggiato dall’allora presidente lo scorso gennaio con una decisione che aveva stupito molti, a incominciare da colei che aveva fino ad allora svolto quel compito, ovvero Laura Opalio la quale si trovò da un giorno all’altro a dover sloggiare in tutta fretta dall’ufficio e indurla a meditare possibili contenziosi. Sponsorizzato dall’onnipresente factotum di Big Fabrizio, Mercuri, e sostenuto pure dall’attuale “reggente” della fondazione Maurizio Irrera, Follis avrebbe avuto come missione particolare anche quella di arare il terreno per la scalata, poi fallita, di Palenzona al vertice di Acri. Giornalista professionista, 48 anni, Follis era arrivato a Torino dopo aver lavorato a MF, nel Gruppo Class e aver scritto di economia per la Stampa. Compito delicato il suo, ancor più considerato il carattere e il modus operandi del camionista di Tortona. I suoi stessi lontani trascorsi nel giornalismo del food & wine non hanno evitato che proprio sull’operazione da 20 milioni nel centro di ricerca enologica Enosis decisa da Palenzona si aggrottasse più di un sopracciglio, annunciando di fatto quel che sarebbe avvenuto pochi giorni fa con il congelamento da parte del board dell’ardito investimento nei vigneti dell’Alessandrino. Ma è quando la terra incomincia a tremare sotto la poltrona di Big Fabrizio e la strada per il camionista di Tortona si fa in salita e tutta curve che si sarebbe dovuta vedere e misurare l’attività del portavoce. Il quale in quei giorni travagliati sarebbe stato in ferie.

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