SANITÀ

Camici bianchi e coop rosse. Patto sui medici di famiglia

Mentre le Regioni arrancano sulla riforma della medicina territoriale, Fimmg e Legacoop stringono un accordo. Il colosso della cooperazione a disposizione dei dottori che debbono unirsi nelle Aft. Ma spunta anche la sanità integrativa (e chiamatela privata)

La coop sei tu e se quarant’anni dopo il tormentone pubblicitario c’è chi non s’è mai lasciato convincere di quell’identificazione, oggi potrebbe scoprire che la coop non è lui, ma il suo medico. Già, perché se ci sono voluti dieci anni per muovere il primo passo verso le aggregazioni in ambito territoriale del medici di famiglia, c’è voluto niente al principale sindacato di questi ultimi e il colosso associativo delle cooperative per cogliere la palla al balzo e mettere nero su bianco un accordo da far impallidire quello firmato appena ieri l’altro, dopo interminabili trattive sindacali, dal governatore del Piemonte Alberto Cirio, aprendo la pista alle altre Regioni.

L’intesa sottoscritta da Fimmg e Legacoop, camici bianchi e cooperative rosse, è disegnato a pennello sulla riforma tanto attesa della medicina territoriale e, in particolare, sulle Aft, ossia le aggregazioni funzionali territoriali che entro l’inizio del prossimo anno dovranno essere costituite sostituendo il classico studio del singolo medico di base con un gruppo di professionisti chiamati a coprire orari più lunghi. Un cambiamento, per molti versi osteggiato dalla categoria, che comporta modifiche importanti che vanno dalla costituzione stessa del gruppo di medici ai locali adeguati, dalle attrezzature mediche e informatiche, i servizi di segreteria e via ancora. Problemi che i sindacati hanno da tempo messo sul tavolo di Governo e Regioni, ponendo al solito questioni economiche insieme a quelle procedurali. Ma se questo è, appunto un problema, ecco che alla porta del sindacato bussa Mister Wolf: “La coop sei tu, anche se fai il medico, di famiglia anzi a maggior ragione”.

Tanto più che, come si premurano di scrivere nel preambolo, “l’inquadramento del medico di medicina generale è quello del libero professionista convenzionato e come tale da una parte destinatario di flussi finanziari di competenza e dall’altra dotato di autonomia organizzativa per la gestione dei mezzi di produzione”. Insomma, a dispetto delle intenzioni della Regione di “sovrintendere” la costituzione delle Aft, i professionisti potranno agire in piena autonomia. E magari appoggiandosi proprio al colosso delle coop, che ha già la sua branca sanitaria in Sanicoop la quale rappresenta più della metà delle cooperative mediche già in attività. Un ingresso rumoroso, non foss’altro che per il peso dell’associazione e la sua storia, quello di Legacoop nel mondo della sanità che avrebbe tra le varie motivazioni anche l’intenzione inziale da parte di Fimmg di costituire sotto il suo ombrello delle cooperative. Un’idea che avrebbe fatto suonare più di un campanello di allarme nel colosso dell’associazionismo, mosso contatti, trattative e offerte, poi conclusisi con l’accordo da poco siglato.

La stretta collaborazione non si limita al supporto per costituire e gestire le cooperative, all’aiuto per i locali, le attrezzature e il personale. Leggendo l’accordo si scopre che il tanto osteggiato (da una ben precisa parte politica) privato nella sanità cui si vorrebbe chiudere la porta, entra dalla finestra sia pure sotto mentite spoglie. Difficile non pensarlo leggendo un altro passo del protocollo, quello in cui riferendosi alle cronicità, alle non autosufficienze e ai servizi in ospedali di comunità e altre strutture, questi servizi “siano affidati tramite accreditamento”, ovvero quel che già succede per il tanto temuto privato.

Lo stesso privato che salta fuori, in versione cooperativa, in un altro punto dell’accordo siglato al principale sindacato dei medici di famiglia. Si spiega infatti che “non sempre il servizio sanitario nazionale e le sue articolazioni regionali sono in grado di rispondere alle richieste dei cittadini”. E questo non sfugge a sindacato e coop i quali, infatti, citano chiaramente tra gli obiettivi e le possibilità lo sviluppo della sanità integrativa, come quella fornita per esempio da alcuni fondi gestiti proprio dal sistema cooperativo. Anzi, “Legaccop e Fimmg si renderanno protagonisti per lo sviluppo di ogni forma di integrazione” e se il ruolo del medico di famiglia non fosse sufficientemente chiaro, ecco un altro punto in cui si spiega che medico di medicina generale, “sostenuto al rapporto fiduciario con paziente” può essere il garante delle modalità con cui fornire le risposte alle esigenze degli assistiti ovvero col servizio pubblico o con forme integrative.

Altro che “fuori il privato dalla sanità”. E chissà che cosa ne pensa quella parte della politica che marcia in sacrosanta difesa del pubblico, scoprendo che “un’apposita normativa dovrebbe risolvere in modo certo le problematiche di incompatibilità per garantire progetti di salute, gestiti dal medico di famiglia con prestazioni erogate, in primis dal pubblico, ma completati da forme integrative”, come si legge nell’accordo tra camici bianchi e coop rosse, anche se forse ormai un po’ stinte.

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