INTIFADA CASALINGA

Occupazione pro Palestina a Torino, l'Università diventa una moschea

Circola in rete il video della preghiera di un imam a Palazzo Nuovo. "Ferma condanna" da parte del ministro Bernini che chiama il rettore Geuna. Intanto gli studenti smantellano le tende e la messinscena sembra finalmente concludersi - VIDEO

Non solo l’occupazione del Rettorato, video messaggi diffusi con tanto di kefiah in testa dalle studentesse pro-Palestine, ci mancava solo la preghiera dell’Imam che trasforma l’Università di Torino in una moschea. È il giorno della smobilitazione in via Verdi dove, sull’onda delle occupazioni nelle università americane, un gruppo di studenti ha tenuto per una settimana sotto scacco il rettore Stefano Geuna. Giorni in cui l’ateneo è stato off limits per studenti e docenti, nei quali c’è anche chi lo ha trasformato in una moschea, celebrando lì il suo sermone. Il video è su Youtube da alcuni giorni, ma era passato inosservato. A pubblicarlo è stato Brahim Baya, lo stesso che ha celebrato la preghiera del venerdì “per chiedere lo stop agli accordi di collaborazione con le università dell'entità genocida” dice Baya.

In una nota dell’Università il rettore Geuna “condanna la presenza dell’Imam Brahim Baya impegnato in attività religiosa negli spazi universitari”. È lo stesso numero uno dell’ateneo a informare del colloquio con la ministra dell’Università e Ricerca Anna Maria Bernini, che lo ha contattato telefonicamente. “Il fatto è avvenuto in situazione di occupazione da parte di studenti, i quali impediscono da giorni l’accesso a docenti e personale universitario; quindi sotto la piena responsabilità degli occupanti” afferma Geuna che ha mostrato scarsa capacità nel gestire la protesta. Un vertice succube, quando non addirittura sottomesso, alle istanze più estremiste, come testimonia l’irruzione dei manifestanti al Senato accademico cui è stato imposto il voto di una mozione per l’interruzione degli accordi con le università israeliane, passata con la sola contrarietà (eroica) di una docente. L’Università di Torino ribadisce “fermamente il carattere di laicità dell’istituzione universitaria. Il rettore e la ministra – conclude la nota – hanno quindi condiviso un sentimento di piena condanna sull'accaduto”. Un tantino tardiva.

Durante il sermone, l’Imam ha parlato di “Terra Benedetta e nei suoi dintorni c’è la Palestina”. Il suo intervento è tutto sulla Palestina, definita “da sempre mira degli invasori, degli arroganti, dei colonizzatori, lo è stata al tempo delle Crociate”. E ancora oggi, evidentemente. “I nuovi sionisti sono arrivati per prendersi quella terra, per insediarsi in un colonialismo più becero, più criminale che possa esistere, che è il colonialismo di insediamento in cui pretendevano che quella terra fosse una terra senza popolo ma non hanno calcolato che c’è un popolo ma non un popolo come gli altri ma il popolo Palestinese».

Alcuni docenti, nell’ascoltare in rete queste parole hanno lanciato l’allarme, dal momento che nel sermone si è parlato anche di forme di Jihad. Con riferimento agli ultimi mesi di guerra con Israele l’Imam definisce la sofferenza del popolo palestinese “una forma di Jihad”. “Il Jihad – ha proseguito – nel più alto senso di questo termine, come sforzo per difendere i propri diritti, come sforzo per difendere la vita umana, come sforzo per difendere la pace. La vera pace”. Jihad, ha concluso Brahim Baya “che vediamo in Palestina nella sua più importante più palese manifestazione, un jihad compiuto da donne, uomini, bambini ognuno con quello che può contribuisce a questa lotta di liberazione che è cominciata dal primo momento in cui i sionisti hanno calpestato quella terra Benedetta, prima ancora della Nakba di cui celebriamo il ricordo in questi giorni”.

A Roma, intanto, al termine dell’Assemblea dei rettori è stato ribadito l'impegno a “proseguire la collaborazione scientifica con le università straniere di ogni Paese”, osservando però che “il massacro di civili a Gaza ha superato ogni limite accettabile”. I rettori hanno preso atto della lettera, firmata da docenti e studenti, in cui si chiede “un immediato cessate il fuoco nella Striscia”.

Dopo due giorni di bivacco pare che la messinscena sia giunta all’epilogo. I manifestanti hanno, infatti, interrotto stamani l’occupazione del Rettorato e annunciato, nello stesso tempo, un ritrovo a Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche, per partire poi in corteo.

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