SCIUR PADRUN

"Stellantis mantenga le promesse".
Orsini sovranista (e un po' autarchico)

Nella prima uscita pubblica il neo presidente di Confindustria mostra un volto molto meloniano. Solletica l'orgoglio industriale italiano sul gruppo automobilistico, anela alla rete elettrica nazionale, smonta l'autonomia differenziata leghista

Sarà una Confindustria con una marcia diversa quella che muove i primi passi sotto la guida del nuovo presidente Emanuele Orsini. Nel primo incontro coi giornalisti dopo il voto che stamattina ha suggellato la sua elezione, il nuovo numero uno di Viale dell’Astronomia manifesta una visione molto in sintonia con la maggioranza che governa il Paese e sembra pensarla come Giorgia Meloni, non propriamente un’amica del gruppo presieduto da John Elkann.

"Mi auguro che Stellantis mantenga la promessa fatta di un milione di auto prodotte in italia. È necessario salvaguardare una filiera così importante per il nostro paese”, ha dichiarato. Un mondo, quello dell’automotive, composto da tante piccole e medie imprese, quelle che costituiscono la pancia di Confindustria e che l’ha sostenuto nella scalata al vertice. “Finanziare da parte del Governo auto che vengono da fuori Unione europea credo non sia corretto", ha aggiunto l’imprenditore emiliano in versione autarchica.

Il capo degli industriali nostrani, insomma, non vede nulla di male nel costringere Stellantis al rispetto dell’italianità. Costretta a cambiare il nome della nuova Alfa da Milano a Junior (su pressione del ministro al Made in Italy Adolfo Urso, per tutti Urss), il gruppo guidato da Carlos Tavares si è visto sequestrare le nuove minicar Topolino al porto di Livorno: sfoggiavano la bandiera nazionale sulla portiera pur essendo prodotte in Marocco. Idem per la 600 prodotte in Polonia ma con il tricolore sul paraurti. “La norma vale per tutti, è stata attivata più volte anche nell'alimentare", settore che Orsini conosce bene con la sua Tino Prosciutti.

Dichiarazioni che dovrebbero preoccupare i vertici della multinazionale, sempre più isolata in Italia. Perché se è vero che Stellantis ha da tempo rotto i legami con viale dell’Astronomia (e la torinese via Fanti), Confindustria resta pur sempre uno degli attori della concertazione economica del Paese e non averla ostile dovrebbe essere il minimo. Una cosa è certa, Orsini non intende rinunciare al proprio ruolo di rappresentanza “generale” delle istanze imprenditoriali, comprese quelle del comparto automobilistico, "Noi ci saremo al tavolo di crisi sull’automotive, siamo per la salvaguardia delle imprese italiane che fanno filiera". Sperando che i tavoli del Mimit siano meno inconcludenti di quelli apparecchiati finora.

Il successore di Carlo Bonomi ha detto di augurarsi che la sua presidenza possa portare “l’unità e il dialogo”. E ha sottolineato: “Sediamoci con tutti, noi ci siamo”. Su governo e sindacati ha messo punti fermi: “No alle norme retroattive, parlare di Jobs Act è una follia”. Ma il messaggio che lancia dopo la sua elezione è: con il governo, con i sindacati, con tutti gli interlocutori “serve un sistema che non deve essere conflittuale ma deve avere una visione Paese. Quello che tutti devono avere in mente è una idea di crescita. Fatto questo, vinciamo tutti”. Orsini è intervenuto anche sulla bufera giudiziaria che sta investendo la Liguria: “È importante che non si blocchino merci e lavori”. Non è entrato nel merito delle vicende giudiziarie ma ha detto di essere “preoccupato” per i rischi economici. 

Il neopresidente ha poi toccato i temi energia e infrastrutture, osservando che “serve un mix energetico, ma quello da coltivare di più è ovviamente il nucleare” e chiedendo un tavolo ad hoc sull’energia con il governo. Serve “una rete elettrica nazionale, non privata”, perché “se l'energia è una questione di sicurezza nazione allora serve una rete nazionale”. Mentre dà il suo assenso al Ponte sullo Stretto, non manca stoccata su uno dei temi cari alla Lega, quello dell’autonomia differenziata: “Bisogna rivedere dei capitoli" perché "serve unità" al Paese”. Sul Sud "servono davvero riflessioni profonde, in un momento in cui pensiamo agli Stati uniti di Europa non possiamo dividere il Paese in questo modo". Simpatetico con Bruxelles, a cui però chiede "idee chiare per una politica industriale europea che non sia antindustriale. Dobbiamo smetterla con comportamenti ideologici”. Affermazioni che sono musica per le orecchie di Palazzo Chigi.

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