Pantera in gabbia

Un filo ideale lega il Movimento della Pantera con i giovani che stanno occupando le Università. I due movimenti hanno infatti un comune denominatore, ossia la contrapposizione alla scelta di privatizzare l’intera società, compresa l’istruzione superiore. 

Nel 1989 il Ministro Ruberti riuscì a far approvare dal Parlamento la sua “Riforma universitaria”, la quale prevedeva che: “Le università sono dotate di personalità giuridica e, in attuazione dell’articolo 33 della Costituzione, hanno autonomia didattica, scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile; esse si danno ordinamenti autonomi con propri statuti e regolamenti”. In sintesi, dopo l’apertura ai privati delle Ferrovie e delle Poste (decisa negli anni ’80), ora anche le Università potevano spalancare le porte a sponsor e convenzioni siglate tra gli enti di studio e le imprese economiche. 

Il Movimento studentesco del 1990 mosse i primi passi a Palermo, dove qualche mese prima entrò nella scena politica la fantastica “Primavera siciliana”. Gli studenti del capoluogo siciliano scesero in lotta contro le mafie e il malgoverno, chiedendo sin da subito (e a gran voce) un cambiamento radicale degli equilibri di potere all’interno delle Università. In poco tempo la contestazione dilagò in tutta Italia, grazie a un rapido scambio di documenti e ricerche favorito dall’uso del fax. Le informazioni passavano tra i collettivi delle varie sedi universitarie, sino a scatenare una protesta capillare nelle piazze delle più grandi città della Penisola.

Il Ministro era indicato come l’estensore di una Legge da cui sarebbe derivata una pesante differenziazione tra gli atenei stessi, grazie ad una autonomia che inevitabilmente avrebbe costretto presidi e rettori a procacciare letteralmente gli sponsor privati: a quel punto, chi si sarebbe portato a casa più fondi entrava nell’élite delle Università; mentre agli altri toccavano le briciole e un futuro da serie “B” per i propri studenti.  

Purtroppo, con il passare degli anni, si è realizzato il triste quadro annunciato dai militanti della Pantera, e l’autonomia universitaria ha consentito un ingresso massiccio delle imprese, e conseguentemente della speculazione, nelle aule universitarie. Il privato ha goduto della ricerca fatta da laureandi e dottorandi, riuscendo a ottenere molto a fronte di esigui investimenti: benefici che hanno dato slancio anche l’industria delle armi. 

Il PIL dell’Italia attualmente è in crescita a causa all’esportazione di missili ed aerei verso i tanti scenari di guerra che infiammano il nostro agonizzante pianeta. I conflitti, tenuti abilmente in vita da diplomazie fedeli alla lobby delle baionette, sembrano destinati a durare in eterno, provocando crescite esponenziali dei profitti delle aziende che producono armamenti di tutti i generi.

In gioco ci sono miliardi di euro e la Fondazione Leonardo, presente in molte Università, non si sottrae alla logica del guadagno derivante dalla devastazione di città e vite. Un business cinico e tutt’altro che compatibile con quella “Transizione green” indicata di continuo come obbiettivo prioritario dell’Unione Europea. Il sangue versato a Gaza, come quello caduto sui campi che un tempo univano (ed oggi invece dividono) la Russia con l’Ucraina, è la manifestazione più eclatante dell’ipocrisia che regna sia nel mondo politico che in quello accademico. In effetti sembra inconcepibile che nelle aule degli atenei in cui si dovrebbe insegnare il rispetto delle culture del mondo, si pratichino invece azioni propedeutiche a bombardamenti ed uccisioni di massa.  

Gli studenti del 1990 scendevano in piazza, a costo di subire manganellate e denunce, per manifestare il proprio dissenso contro lo stesso scenario che oggi è in piena fase di realizzazione: una privatizzazione disumana, e in palese contrasto con i principi di libero insegnamento previsti dalla Costituzione (che include pure il valore di utilità sociale dell’impresa privata). Oggi gli universitari che occupano non criticano una situazione forse a divenire, come fu negli anni ’90, ma contestano un reale stato di fatto: il frutto delle scelte contenute nella riforma voluta dal Ministro Ruberti.

La scoperta, 34 anni dopo, che la Pantera aveva ragione è fonte di soddisfazione, non fosse per il fastidioso gusto amaro che persiste sul palato di tutti coloro che hanno occupato nel 1990.  

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