Concessioni balneari, Meloni spiaggiata

Il Consiglio dei ministri del 15 febbraio ha approvato una proposta emendativa al disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021 (A.S. 2469) in materia di concessioni demaniali marittime. Dal 2024 le concessioni saranno attribuite attraverso bandi di gara con canoni in linea alla redditività della concessione e alla qualità e prezzo del servizio reso al consumatore finale. L’obiettivo è sia quello di allinearsi alla normativa europea sia quello di favorire la pubblica fruizione del demanio marittimo. I bandi di gara contempleranno clausole sociali volte a promuovere la continuità occupazionale del personale impiegato nell’attività del concessionario uscente, e gli obblighi che consentono il libero e gratuito accesso e transito alla battigia. Dovrà essere assicurato “il minimo impatto sul paesaggio, sull’ambiente e sull'ecosistema” e saranno preferiti interventi che prevedono attrezzature non fisse e completamente amovibili. Nella bozza si prevede, a carico del concessionario subentrante, un indennizzo da riconoscere al concessionario uscente, in ragione del mancato ammortamento degli investimenti realizzati nel corso del rapporto concessorio, mentre la durata dovrà essere “non superiore a quanto necessario, per garantire al concessionario l’ammortamento e l’equa remunerazione degli investimenti”.

Il Governo, da parte sua, si impegna a stabilire un adeguato equilibrio tra le aree demaniali in concessione e le aree libere o libere attrezzate. Inoltre, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, il Governo si impegna anche a riordinare e a semplificare la disciplina in materia di concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative e nautica da diporto.

Ma qual è lo stato attuale delle spiagge italiane? Legambiente ha appena pubblicato il “Rapporto Spiagge 2019” da cui si evince che in Italia oltre il 50% delle aree costiere sabbiose è sottratto alla libera e gratuita fruizione e che siamo l’unico Paese europeo senza un limite alle spiagge in concessione (scelta lasciata alle Regioni). Relativamente ai canoni demaniali, sempre Legambiente, evidenzia cifre bassissime a fronte di business importanti, per esempio: a Santa Margherita Ligure, “Lido Punta Pedale” versa 7.500 euro all’anno, “hotel Regina Elena” 6.000 euro, “Metropole” 3.614 euro, e “Continental” 1.989 euro; a Pietrasanta, “Twiga” (di Briatore) occupa 4.485 mq e versa un canone di 16 mila euro all’anno; a Forte dei Marmi, “Bagno Felice” occupa 4.600 mq e paga 6.560 euro. Secondo le stime di Nomisma, nel 2016 le concessioni hanno fruttato allo Stato poco più di 103 milioni di euro a fronte di un business di circa 15 miliardi di euro/anno.

Ma cosa succede oltre confine, ad esempio in Francia, Croazia e Grecia? Francia: la finalità fondamentale delle spiagge è l’uso libero e gratuito da parte della collettività quindi, rispetto alla superficie dell’area demaniale interessata, almeno l’80% della lunghezza del litorale e della superficie della spiaggia deve rimanere libero da qualunque struttura, equipaggiamento o installazione. Nelle concessioni, che durano al massimo 12 anni, sono permessi solamente equipaggiamenti e strutture amovibili o trasportabili per un periodo che non può eccedere i 6 mesi annui. Inoltre, i Comuni sono obbligati a rendere pubblica informazione alla collettività di qualunque progetto o nuovo soggetto che intende gestire le spiagge. Croazia: il diritto d’uso del demanio marittimo per l’apertura di ristoranti o chiostri, di scuole di vela o canottaggio e nuoto, di parchi acquatici o di divertimento, e per lo svolgimento di attività turistiche sulle spiagge con ombrelloni e sdrai, è condizionato all’ottenimento, tramite gara, del “permesso di concessione” che viene rilasciato per un periodo massimo di cinque anni. Grecia: non esiste il concetto di spiaggia privata e la concessione di autorizzazione all’uso delle spiagge, per lo svolgimento delle attività turistiche, è sottoposta a gara (o aste pubbliche) e la loro durata è stabilita dai Comuni in modo autonomo ma tramite procedure di selezione trasparenti.

In Italia, nel 1942, veniva varato il Codice della navigazione in cui si stabiliva che quando pervenivano più domande per l’uso di uno stesso bene demaniale, l’amministrazione dovesse concedere la concessioni, di preferenza, a quella che offriva il più proficuo e rilevante interesse pubblico. Nel 1952 venne introdotta la possibilità di reclami o domande concorrenti per un bene già destinato. Nel 1993 fu inserito il “diritto di insistenza” in cui si salvaguardavano i soggetti già titolari di concessioni balneari e veniva sancito il rinnovo automatico delle concessioni ogni 6 anni. Nel 2006 nasce la direttiva europea Bolkestein con l’obiettivo di permettere l’affidamento di concessioni e servizi pubblici a privati solo con gare pubbliche aperte a tutti gli operatori presenti in Europa. Nel 2009 e nel 2010 la Commissione Ue mandò all’Italia lettere di mora per evidenziare come il “principio di insistenza” e il rinnovo automatico delle concessioni fossero incompatibili con la direttiva Bolkestein e con i principi comunitari. Nel febbraio 2010 il Parlamento italiano abolì il “principio di insistenza” mentre nel dicembre 2011 venne cancellato il rinnovo automatico delle concessioni ogni 6 anni. A seguito di questi provvedimenti, nel febbraio 2012 la Commissione Europea archiviò la procedura d’infrazione avviata nei confronti del nostro Paese. Nel 2010, però, il Parlamento proroga le concessioni degli stabilimenti fino al 2015, impegnandosi a varare, nel frattempo, una riforma e nel 2012, sempre con la promessa della riforma, il termine viene ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2020. Nel 2016 la Corte di giustizia europea condanna le proroghe indiscriminate in quanto contrarie alla direttiva Bolkestein, il Parlamento italiano tergiversa e, con la manovra del 2019, estende la proroga delle concessioni fino al 1° gennaio 2034.

Nel novembre 2021 arriva un’altra sentenza: il Consiglio di Stato italiano cancella le proroghe e dichiara direttamente applicabile la direttiva Bolkestein ma, per evitare il caos, viene fissata la scadenza delle concessioni al 31 dicembre 2023. Significa che l’intervento non è più procrastinabile e per questo il governo deve mettersi al lavoro. I maggiori oppositori all’introduzione, ma direi all’adeguamento alla normativa europea, di concessioni tramite bandi di gara è la forza politica di opposizione Fratelli d’Italia. Giorgia Meloni, leader del partito, in un comunicato afferma: “Oggi in Consiglio dei ministri si è consumato il primo atto di un esproprio ai danni di trentamila imprese balneari che avrà durissime conseguenze economiche e sociali. È assurdo che con la crisi ucraina, il caro bollette e l’aumento del prezzo di molti generi di prima necessità il Governo Draghi individui nelle concessioni balneari la priorità per la Nazione e che, con tesi strampalate, legittimi la demonizzazione di un’intera categoria”.

Quando Giorgia Meloni parla di “esproprio”, che cosa intende? L’atto dello “esproprio” lo fa lo Stato nei confronti di beni in piena proprietà di un privato, ma qui si stanno trattando le proprietà demaniali (quindi dello Stato) date in concessione ai privati e la “concessione” non è “proprietà”. Facendo un parallelismo, se la signora Giorgia Meloni (alias lo Stato) concedesse in affitto un suo appartamento (alias un lotto del demanio) ad un privato (concessionario) e poi ne reclamasse, a scadenza contratto, il rientro nelle sue facoltà, si sentirebbe espropriatrice di un bene altrui?

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