Tutti i mali della sanità piemontese

Alla fine di novembre l’XI legislatura della Regione Piemonte s’avvia verso l’ultima parte del suo lustro. È trascorso un periodo abbastanza congruo per l’effettuazione di primi interventi diretti al miglioramento dell’assistenza sanitaria e per programmare azioni politiche proficue da portare a termine entro la fine della legislatura. Invece ci spetta,con disappunto,evidenziare gli insuccessi,l’assoluta mancanza di iniziative politiche concrete in materia sanitaria ed assistenziale e registrare, in alcuni casi, il peggioramento generalizzato delle prestazioni da parte delle strutture sanitarie pubbliche ospedaliere e territoriali soltanto in parte rimediato dall’assistenza fornita dalle strutture private convenzionate.

Si evidenziano le principali carenze presenti in campo sanitario nella regione, con particolare riferimento alla Città di Torino ed al suo hinterland: 1) Il mancato riordino dell’assistenza medico generica e pediatrica. 2) Le gravi carenze nell’assistenza sanitaria specialistica territoriale ed ospedaliera. 3) I mancati interventi riguardanti i Pronto Soccorso e i dea. 4) L’assenza di iniziative concrete per la realizzazione della nuova Città della salute. 5) Il mancato riordino dell’assistenza medico-generica e pediatrica.

1) Il riordino dell’assistenza territoriale medico-generica e pediatrica fornita dai medici di famiglia richiede il concorso fattivo dello Stato, che attualmente è competente per la stipula del contratto dei medici di famiglia (attualmente regolato da una Convenzione), mentre alle Regioni e alle Aziende sanitarie compete la gestione del loro rapporto di lavoro. Esiste una struttura: la Conferenza Stato-Regioni nella quale è possibile realizzare una fattiva collaborazione. Sostanzialmente l’attuale rapporto di lavoro e i compensi si fondano principalmente sulla “quota capitaria”, il medico di famiglia riceve il proprio compenso in base al numero di cittadini assistiti che lo hanno scelto. L’attuale sistema risale agli anni settanta del secolo scorso ed è stato ereditato dal sistema mutualistico. Seppure ovvio e superfluo registrare la necessità di un cambiamento, soprattutto per un raccordo ed una integrazione con l’assistenza specialistica e ospedaliera, tuttavia ci tocca, ancora dopo oltre 50 anni, evidenziare la mancata riforma del rapporto di lavoro dei medici di famiglia. Da segnalare anche che la Regione Piemonte, in sede di Conferenza Stato-Regioni, ha avuto e ha un ruolo importante non svolto al meglio.

2) Le gravi carenze nell’assistenza specialistica territoriale ed ospedaliera. Occorre subito precisare che le gravi mancanze non sono nella qualità delle prestazioni fornite. La Regione Piemonte è dotata nel campo dell’assistenza sanitaria specialistica di professionisti di primissima qualità. Le  carenze sono tutte riferibili ai lunghi tempi di attesa. Anzi è eufemistico talvolta, per determinate prestazioni specialistiche, parlare di lunghi tempi di attesa, perché molto spesso, per molte prestazioni sanitarie non vi sono lunghi tempi per usufruire dell’assistenza, ma non vi è nemmeno la possibilità di effettuare le prenotazioni perché queste non sono presenti nelle agende e nella disponibilità degli operatori dei Centri Unificati delle prenotazioni (Cup) e dei centri privati convenzionati. Si propone che l’effettuazione delle prestazioni specialistiche giudicate urgenti dai medici di famiglia debbano avvenire entro 3 giorni, che quelle ritenute necessarie e indispensabili per la formulazione di una corretta diagnosi e per prevenire aggravamenti delle malattie in atto debbano essere svolte entro 10 giorni e che tutte le altre prestazioni debbano essere effettuate al massimo entro 30 giorni. Ritardi maggiori sono in contrasto con l’art.32 della Costituzione e in violazione degli artt. 1, 2 e 3 della legge di riforma sanitaria n.833 del 1978.

3) Pronto soccorso e Dea. Le criticità sono note da sempre,come sono attuali le mancate soluzioni o, quantomeno, l’effettuazione di scelte politiche finalizzate al loro superamento. Innanzitutto il sovraffollamento determinato dalla mancanza o dalla carenza di idoneo filtro da parte degli operatori sanitari e delle strutture territoriali ed anche per motivi organizzativi,come la chiusura dei presidi territoriali nei giorni festivi e prefestivi. Poi la carenza di personale sanitario, la mancanza di adeguati incentivi per i medici e gli infermieri chiamati ad operare in queste strutture di emergenza.Da segnalare anche talvolta la mancanza di strutture idonee.

4) La nuova Città della salute. È triste notare l’assenza di un progetto definitivo per la nuova Città della salute e per le altre strutture sanitarie bisognose di ristrutturazioni o che occorre sostituire con nuovi ospedali e poliambulatori. Nella stessa zona dove finalmente, dopo tanti anni, verranno trasferiti gli organi e gli uffici regionali, dovrebbero trovare collocazione le nuove strutture ospedaliere ed universitarie destinate a sostituire gli attuali presidi. Ma vi è incertezza di quali degli attuali presidi si tratta, dal momento che lo spazio a disposizione non può contenere tutti gli attuali presidi (Molinette, Cto, Sant’Anna, Regina Margherita e Dermatologico). Manca una chiara decisione politica in merito. La presenza nello stesso spazio della sede regionale e di strutture sanitarie poi determina, a mio avviso, un intasamento di una zona già eccessivamente affollata, come evidenziato in precedenti lettere inviate a codesta Redazione. La ricerca di nuove zone più idonee, ad esempio le aree dove attualmente sono collocate le caserme, unita ad un piano di ristrutturazione di parte degli attuali presidi, potrebbe essere una delle soluzioni possibili. Un progetto comune delle attuali forze politiche di maggioranza e di opposizione potrebbe allontanare il fantasma che si aggira di una nuova edizione della vicenda rappresentata dalla ritardata realizzazione della sede regionale. In queste quattro materie,a mio avviso,le maggiori carenze,ma la sanità e l’assistenza necessitano di altri interventi a cominciare da quelli che riguardano il personale.


*Giacomo Manuguerra, già commissario della Aziende sanitarie di Torino

 

 

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