Iscritti e votanti, caos nel Pd

Il mio amico Giovanni mi ha detto che, poiché stanno scadendo gli organi amministrativi della società per cui lavora come impiegato, è stata convocata, per il prossimo mese di maggio, l’assemblea dei soci per eleggere il nuovo Consiglio di Amministrazione per il triennio 2023-2026. Giovanni è tutto eccitato perché vuole andare a votare, visto che l’azienda ha deciso di allargare il voto assembleare sia a tutti i suoi dipendenti sia a quelli delle altre aziende purché operino nello stesso comparto merceologico e condividano il desiderio di crescita. Subito ho pensato che l’azienda dove lavora il mio amico Giovanni avesse idee managerial-gestionali molto più innovative delle altre per avere una così grande considerazione per i suoi dipendenti ed addirittura per i dipendenti di altre aziende. Mi sono detto: Caspita, certo che l’azienda di Giovanni è veramente “democratica”!

L’azienda di Giovanni è comparabile al Partito Democratico che regola le sue votazioni primarie, per eleggere il proprio segretario e i componenti dell’Assemblea nazionale, attraverso il seguente articolo statutario: “Possono partecipare al voto per l’elezione del/della Segretario/a e dell’Assemblea nazionale tutte le elettrici e gli elettori che, al momento del voto, rientrano nei requisiti di cui all’art. 4, comma 3 dello Statuto del Pd, ovvero “le persone che, cittadine e cittadini italiani nonché cittadine e cittadini dell’Unione europea residenti in Italia, cittadine e cittadini di altri Paesi in possesso di permesso di soggiorno, iscritti e non iscritti al Partito democratico, dichiarino di riconoscersi nella proposta politica del Partito democratico, di sostenerlo alle elezioni, e accettino di essere registrate nell’Albo pubblico delle elettrici e degli elettori”.

La prima edizione delle primarie del Pd si svolse il 14 ottobre 2007. Si recarono ai seggi, in larga parte gazebi posizionati nelle piazze e nelle strade, 3.554.169 cittadini. Da allora il numero dei partecipanti alle primarie è progressivamente diminuito tanto che, nelle primarie del 2019, i partecipanti al voto furono 1.600.000. E le ultime primarie come sono andate?

Tutti i giornali e i telegiornali ci hanno aggiornati sugli esiti: su poco più di un milione di votanti, Elly Schlein ha totalizzato il 53,8% dei voti contro il 46,2% di Stefano Bonaccini. Quindi Elly Schlein è il nuovo segretario del Pd con circa 600.000 voti. Poiché alle ultime elezioni politiche del settembre 2022 il Partito Democratico ha totalizzato circa 5.355.000 voti, tutti voti “incontrovertibilmente” espressi da elettori del Pd, siamo sicuri che, viste le “regole statutarie”, i 600.000 voti del nuovo segretario del Pd siano realmente tutti di elettori del PD? Siamo sicuri che, visti i numeri, agli elettori del Pd interessi veramente la sorte del partito visto che consentono a solo 600.000 cittadini di eleggere chi determinerà la gestione e delineerà le linee politiche del partito?

A ben pensare, non sono più tanto sicuro che l’azienda del mio amico Giovanni abbia fatto bene ad allargare, oltre i confini societari, il voto assembleare. Sono i soci dell’azienda che devono nominare, negli organi amministrativi, le migliori risorse in grado di reggere le redini del comando al fine di rendere l’azienda sempre più gestionalmente solida. Sono convinto che anche il Partito Democratico, per dare forza al proprio “brand”, debba affidarsi solo ai propri iscritti permettendo loro di scegliere, in qualità di soci del partito, gli organi amministrativi più idonei a guidarli, segretario in primis. Non è mai utile annacquare gli iscritti di un partito con tutto il corpo elettorale della nazione così come non è utili in un’azienda confondere i soci con il mercato.

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