I magheggi del Pil "su misura"

Caro Direttore,
gli economisti torinesi negli ultimi trent’anni non hanno brillato per fornire in tempo alla nostra comunità i dati sulla economia della città e della regione. Aver capito in ritardo il declino economico non ha aiutato le amministrazioni a prendere le contromisure. Ricordo che il libro di Berta, Bagnasco e Pichierri (“Chi ha fermato Torino”) che diceva che Torino si era fermata nel 2008, è uscito solo nel 2020.

Del ritardo a capire come andava Torino ne hanno pagato le conseguenze il lavoro, i tanti disoccupati, i tanti cassaintegrati, i giovani in cerca di lavoro, negozi e professionisti che han visto ridurre il giro di affari e le periferie.  Se ci fosse stata una sensibilità sociale, che per me è la precondizione del buon politico, il declino lo si sarebbe dovuto capire dall’aumento della povertà, dai tanti prepensionati e dal fatto che Torino non riesce più a trattenere aziende e avvenimenti, come feci io nel 2008. Parlo di Torino perché la sua economia vale più del 50% dell’economia regionale.

Dico questo perché il nuovo metodo del PILnow, studiato e applicato solo a Torino e presentato stamane dalla carta stampata con titoli enfatici (il nostro Pil vola sopra la media italiana) non mi convince assolutamente anche perché solo quindici giorni fa la ben più autorevole Cgia di Mestre aveva dato completamente diversi. Inoltre, il presidente degli industriali torinesi, uno che i numeri li conosce bene, il 18 ottobre 2021 aveva detto che il Piemonte dal 1996 al 2019 era cresciuto meno di 18 punti rispetto a Milano e di 8 punti rispetto alla media nazionale che, come sai, è tenuta bassa dalle regioni del Sud. La stessa Appendino aveva ammesso alla fine del suo mandato che Torino aveva numeri da regione del Sud. Sbagliare i dati o fornire dati rosei porta gli amministratori pubblici a sbagliare le scelte o a non fare le scelte giuste per tempo.

In questi giorni è uscito un bel libro che raccoglie articoli e interviste di Beppe Sangiorgio, un giornalista per bene, amico di molti di noi, scomparso qualche anno fa. Ebbene Sangiorgio nel 1997, alla vigilia delle elezioni chiese a Castellani cosa rispondesse al Centrodestra che proponeva una cura choc per l’economia della città in difficoltà. Castellani rispose che non ve ne era bisogno perché lui aveva fermato il declino. Purtroppo, non era vero. Non si cambiò linea, non si difese l’industria, non si puntò a realizzare subito la Tav, si puntò tutto sul turismo e sulla cultura e i risultati sono quelli denunciato da Marsiaj: da 25 anni Torino cresce meno della media nazionale, prima per disoccupazione giovanile, aziende che se ne sono andate, perso il Salone dell’auto etc. etc.

Stamane uno dei cultori dell’epoca di Castellani, Paolo Verri, senza chiedere scusa per gli errori fatti, corregge il tiro e dice che per il rilancio occorre puntare su spazio, auto e medicale. Non si è accorto che nel frattempo la Fiat è stata venduta ai francesi e che John Elkann investirà i miliardi incassati nelle start-up e nella sanità, tutto meo che nella fabbrica. Dopo aver detto che le Fiere andavano bene a Rho perché tanto i fieristi sarebbero venuti a dormire a Torino, dopo aver lasciato fare al management dell’aeroporto, solo tredicesimo in Italia, ora Verri dice che bisogna puntare sul turismo d’affari. Sarà per questo ottimismo che la nuova amministrazione Lo Russo dopo 19 mesi di lavoro non ha ancora prodotto una iniziativa di rilancio e vive sugli allori del Salone del Libro, merito del bravissimo Rolando Picchioni, delle Atp Finals merito della Appendino.

Sara per questo che la Tav l’abbiamo dovuta salvare noi, anche se la Camera di Commercio non ci ha neanche considerati per il premio Cittadini dell’anno. L’Autorità dei Trasporti l’abbiamo portata noi a Torino così come il fondone Giorgetti di 8 miliardi per il settore auto è nato da una mia idea portata avanti insieme ad alcuni parlamentari come Molinari, Laus, Fregolent e Comba.

Torino ha bisogno d’altro per rilanciarsi, in primis collegarsi a Genova e a Milano che dagli investimenti nelle Infrastrutture avranno una grande spinta come sostengono opportunamente le associazioni industriali delle tre città del vecchio triangolo industriale. Torino deve valorizzare molto di più le sue eccellenze produttive chiedendo al Governo Meloni una nuova politica industriale che sostenga i loro piani di investimento. Torino deve risolvere ieri il problema della tangenziale che a settembre subirà lo stress dei 700mila tir che, col Traforo del Monte Bianco chiuso, utilizzeranno la tangenziale per andare al traforo autostradale del Frejus.  Torino deve puntare molto di più a sviluppare informatica perché la digitalizzazione e la logistica del futuro avranno bisogno di migliaia di laureati e diplomati in queste materie. Torino deve ispirarsi all’ottimismo concreto dei romagnoli non a quello che copre i dati brutti, dando un caro saluto al pensiero debole del buon Vattimo.

E per quanto riguarda i dati economici reali aspetto come sempre lo studio di Banca d’Italia.

*Mino Giachino, responsabile piemontese trasporti e logistica FdI

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