La statistica del pollo

Il 25 marzo 2024 l’Istat ha pubblicato i dati sulla povertà in Italia riferiti al 2023. Per rappresentare la povertà nel Paese, l’Istat considera: il numero di famiglie presenti in Italia, circa 26,200 milioni (pari a 58,850 milioni di individui), un campione teorico di oltre 32mila famiglie (campione che garantisce un livello di confidenza tendente al certo e un margine di errore praticamente nullo) e tre diversi modelli di calcolo (povertà assoluta, povertà relativa e rischio di esclusione sociale).

Il modello di “povertà assoluta” si basa sul valore di un “paniere di beni e servizi” ritenuti essenziali nel contesto sociale di riferimento, paniere la cui composizione e valore cambia nel tempo in funzione della variazione dei prezzi, delle preferenze individuali e sociali e della struttura socio-demografica. Le persone che rientrano nella categoria di “poveri assoluti” sono coloro che non dispongono di un reddito sufficiente a coprire le spese per l’acquisto di tali beni/servizi. Il valore del limite di povertà assoluta non è fisso ma cambia in rapporto al numero e all’età dei componenti la famiglia e al luogo di residenza. In Italia risultano esserci 2,234 milioni (8,5%) di famiglie povere, corrispondenti a circa 5,7 milioni di individui. Dall’analisi dei dati si è dedotto, per esempio, che il titolo di studio conseguito dal componente “capofamiglia” rappresenta una discriminante sull’incidenza della povertà assoluta: infatti fra coloro che hanno conseguito il diploma di scuola media superiore l’incidenza è del 4% contro il 12,5% di chi ha solo la licenza di scuola media dell’obbligo.

Nel 2022 risultavano 2,18 milioni di famiglie povere (8,3%) per circa 5,6 milioni di individui. Il modello di “povertà relativa” considera lo standard di vita dell’intera popolazione italiana e definisce povera una famiglia di due componenti con una spesa per consumi inferiore o pari alla spesa media per consumi pro-capite che è di 1.150 euro (soglia unica nazionale). Risultano in stato di povertà relativa 2,86 milioni di famiglie per un totale di circa 8,6 milioni di individui, da cui si evince che l’incidenza della povertà relativa è del 10,9%. Bisogna comunque sottolineare che la povertà relativa è un indice di disuguaglianza perché è un indicatore che rappresenta il posizionamento relativo di una generica famiglia rispetto alle altre famiglie del Paese.

Il terzo modello è “l’esclusione sociale” che tiene conto di chi vive in famiglie a rischio di povertà, di chi ha il reddito famigliare inferiore al 60% del valore medio nazionale, di chi ha una famiglia che è in condizioni di grave deprivazione materiale e sociale e di chi vive in famiglie a bassa intensità di lavoro. In Italia nel 2022, il rischio di esclusione sociale è stato pari al 24,2%.

L’ufficio studi Coop-Nomisma ha pubblicato un rapporto 2023 in merito ai consumi e agli stili di vita degli italiani. A fronte della richiesta di dare un’indicazione dello stato d’animo che la persona intervistata prova quando pensa al proprio futuro nei prossimi 12/18 mesi, la risposta è stata: sul piano personale il 30% prova inquietudine, il 29% serenità, il 19% non prova sentimenti, il 7% tristezza, il 7% angoscia; sul piano economico il 36% fiducia, il 24% non prova sentimenti, il 23% accettazione, l’8% disgusto; sul piano lavorativo il 43% non prova sentimenti, il 32% timore, l’8% paura, l’8% irritazione; infine sul piano relazionale il 28% aspettativa, il 26% interesse, il 24% nessun sentimento, il 16% allerta.

Leggendo questi dati la mia impressione è che il popolo italiano, pur dimostrando una certa apatia relativamente all’aspetto lavorativo e una non troppo fiducia in sé stessi sul piano personale, nutra un “sentiment” non così negativo sul piano economico e relazionale. Si manifestano però alcuni comportamenti disfunzionali che evidenziano un atteggiamento ansioso: un italiano su tre dichiara di aver fatto, anche se sporadicamente, uso di psicofarmaci, uno su cinque ne fa uso abituale, due su tre praticano tecniche per la gestione dello stress, senza contare quanti facciano uso di farmaci per l’ipertensione, la gastrite e lo stress.

Se poi si analizzano i dati pubblicati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze per quanto concerne le dichiarazioni dei redditi presentate dai contribuenti italiani nel 2022 (relative all’anno di imposta 2021), si ha che, su 41,5 milioni di italiani che hanno presentato dichiarazione dei redditi, per un totale di 912 miliardi di euro, il 41percento (16,7 milioni di persone) ha dichiarato un reddito inferiore ai 15 mila euro con una media di circa 7 mila euro annue. Non hanno presentata dichiarazione circa 17 milioni di persone: circa 8 milioni sono soggetti al di sotto dei 15 anni, mentre gli altri risultano per lo più inattivi cioè disoccupati che non cercano lavoro.

Sempre da dati Istat, risulta che l’economia sommersa, ovvero quella che non compare nelle dichiarazioni, è in crescita: quasi 174 miliardi di euro. Inoltre, le attività illegali, per un totale di 18 miliardi di euro, danno lavoro a quasi 3 milioni di persone.

Ragionare con i dati statistici è molto complicato ed è corretto quanto afferma il presidente dell’Istat, Francesco Maria Chelli: “In una società così complessa avere più dati a disposizione che siano differenti, ma coerenti tra loro, è una ricchezza”, però riuscire a contestualizzarli in modo coerente non è facile. L’affermazione dello studio di Itinerari Previdenziali – «L’Italia è un Paese di poveri perché se solo 31,3 milioni di cittadini su 59,2 milioni di residenti hanno presentato per il 2021 una dichiarazione dei redditi positiva, significa che il 47% degli italiani non ha redditi e di conseguenza vive a carico di qualcuno» – è fuorviante, se non spiegata nel dettaglio.

Le analisi statistiche sono finalizzate a capire un particolare fenomeno per una determinata misura preventiva: non bisogna incorrere, come sottolinea Trilussa nella sua poesia “La Statistica”, nell’errore del pollo: è vero che se ho due polli e siamo in due la media è un pollo a testa, ma è anche falso pensare che uno ne mangia due e l’altro nessuno, ci sono tutte le misure intermedie. Avere una sensazione statistica del livello di povertà, è utile per disegnare piani che tendano a “smussare” le diseguaglianze sociali e a ridurre la povertà. Nel suo immaginario, però, ogni individuo ha maturato una sua personale idea di povertà e di ricchezza che è frutto del suo vissuto. Ogni individuo attribuisce alle parole delle accezioni interpretative che “corrompono” la possibilità di avere un unico significato monolitico. Se poi i media aggiungono informazioni allarmistiche pubblicando solo dati parziali e non contestualizzati, inducono i cittadini a considerare vano qualsiasi studio.

Povertà e ricchezza oggi hanno un valore soggettivo e se non si trova il modo di oggettivarle in una forma comprensibile all’“Uomo della strada”, i cittadini non troveranno nei dati statistici “coerenza” con la loro idea di povertà, così qualsiasi Governo in carica non avrà la forza “politico-sociale” per attuare le azioni correttive più opportune per raggiungere l’obiettivo. Mi piacerebbe, a tal proposito, che venisse realizzata un’indagine per verificare come gli italiani classificano gli individui “poveri” e quelli “ricchi”.

Intanto per sdrammatizzare mi piace riproporre la poesia di Trilussa: La Statistica. Sai ched'è la statistica? È na' cosa / che serve pe fà un conto in generale / de la gente che nasce, che sta male, / che more, che va in carcere e che spósa. / Ma pè me la statistica curiosa / è dove c'entra la percentuale, / pè via che, lì, la media è sempre eguale / puro co' la persona bisognosa. / Me spiego: da li conti che se fanno / seconno le statistiche d'adesso / risurta che te tocca un pollo all'anno: / e, se nun entra nelle spese tue, / t'entra ne la statistica lo stesso / perch'è c'è un antro che ne magna due. / Er compagno scompagno: / Io che conosco bene l'idee tue / so' certo che quer pollo che te magni, / se vengo giù, sarà diviso in due: / mezzo a te, mezzo a me... Semo compagni. / No, no - rispose er Gatto senza core - / io non divido gnente co' nessuno: / fo er socialista quanno sto a diggiuno, / ma quanno magno so' conservatore.

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