VERSO IL VOTO

“Basta piagnistei, diamoci una mossa” La scommessa di Morano per Torino

Di fronte a duecento persone, tra professionisti e imprenditori, il notaio ha presentato il suo think tank. Parte la corsa per guidare il centrodestra nel capoluogo subalpino. "Nuovi investimenti e cessione dei carrozzoni pubblici"

Torino è una città più povera e meno sicura di vent’anni fa, ma le soluzioni per cambiarla ci sono” parola di Alberto Morano. Di fronte a quasi duecento professionisti e imprenditori, radunati nella sede della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, il notaio in predicato di guidare la coalizione di centrodestra alle prossime elezioni amministrative, fa il suo esordio snocciolando pensieri e programmi per una città “che amo profondamente”.

 

L’investitura ufficiale arriverà – se arriverà – solo nei prossimi giorni (quasi certamente entro la fine dell’anno) e per questo all’inaugurazione del suo think tank, l’associazione Torino 2026, i politici sembrano banditi, tra i presenti solo la beneamata (o maledetta, a seconda dei punti di vista) società civile. Un mondo che, per dirla con le parole del professor Filippo Monge, autore di un intervento decisamente efficace, “non deve essere salottiera” ma, parlando in particolare dei piccoli imprenditori “deve tornare nei quartieri, ritrovare la fiducia”. Più facile a dirsi che a farsi, ma le ricette non mancano, a dimostrazione che c’è una destra che non “gufa” ma propone, che non si rinchiude in un recinto identitario ma vuole contendere la leadership di una città amministrata da quindici anni da un monocolore, per quanto un po’ sbiadito. 

 

Tra i cavalli di battaglia la necessità di "nuovi investimenti, a partire dall'edilizia, un settore fermo", e le aziende partecipate, che tutte insieme accumulano un debito di quasi 4 miliardi, cui vanno a sommarsi i 3 miliardi del Comune. Un salasso che trasforma i torinesi nei cittadini più indebitati d’Italia con i loro 4.800 euro pro capite sul groppone. E, proprio a proposito di partecipate, non mancano i colpi a effetto quando, alla fine dell’oretta di relazioni, scorrono sullo schermo i nomi dei 450 amministratori che hanno gestito le società pubbliche torinesi, rappresentando il potere incarnato prima da Sergio Chiamparino e poi da Piero Fassino: tutti in ordine alfabetico, si va da Abbà Rosanna a Zorzi Ferruccio. Società che “se non sono strategiche vanno messe sul mercato” taglia corto Morano. I duecento in sala applaudono, anche perché il cahiers de doleances è affiancato da proposte, d’ispirazione liberale, perché libertà, sempre mutuando le parole di Monge, “non vuol dire per forza liberismo, ma semplificazione, pensiero positivo, voglia di intraprendere” secondo una ricetta che deve reggersi su tre pilastri: fiducia, ascolto e sicurezza.

 

Proprio sul tema della sicurezza concentra il suo intervento Morano: “gli scippi e i borseggi a Torino sono quasi ottocento l’anno contro i 268 di Napoli”, il capoluogo campano perde anche alla voce furti in casa, 126 contro i 705 di Torino. Certo c’è un problema di chi denuncia e chi no, ma è evidente che il gap è preoccupante. Una città al secondo posto per sfratti, dietro solo a Bari, la prima nel Nord Italia per disoccupazione giovanile. “È ora di far amministrare Torino a chi sa amministrare” conclude Morano.