I cattodem non perdono la fede e credono ancora in Renzi
Oscar Serra 07:50 Lunedì 07 Agosto 2017 2Il vicecapogruppo Pd al Senato Lepri rivendica il ruolo centrale della componente cattolico-democratica nelle politiche del segretario. "Felice che Franceschini e i suoi portino il loro contributo", ma la leadership non è in discussione
“I cattodem stanno con Matteo Renzi”. Le polemiche balneari e i consueti “movimenti settembrini”, registrati nella sacrestia del Pd, non scalfiscono Stefano Lepri, tra le prime linee di quella legione di 50-60 parlamentari di matrice cattolica che nei battibecchi tra il rieletto segretario e Dario Franceschini di certo non propendono per quest’ultimo. Il ministro della Cultura, a capo di una corrente tra le più forti e strutturate del partito, provoca l’amico Matteo consigliandogli il marquesiano
Cent’anni di solitudine e incassa la solidarietà di Beppe Fioroni, mentre Roberto Di Giovan Paolo, uno degli uomini a lui più vicini, dà appuntamento dopo l’estate a Camaldoli per ragionare sul futuro e serrare i ranghi; ma questo, secondo Lepri, non vuol dire che anche i cattolici stanno abbandonando Renzi, anzi. “Se i seguaci di Franceschini organizzano un convegno a settembre per dire che ci sono anche loro io rispondo che ne sono lieto, ma il problema è che non li abbiamo visti in questi cinque anni sui grandi dibattiti e provvedimenti all’interno del mondo cattolico”.
Li elenca Lepri: dal reddito di inclusione alla legge sulla cooperazione internazionale – con lo stanziamento di 200 milioni per l’Africa – dalla riforma del terzo settore, di cui è stato relatore a Palazzo Madama, alle misure per il sostegno alla natalità con il ddl su un child benefit universale che probabilmente verrà discusso nella prossima legislatura. Un lavoro cui Lepri, 56 anni e un passato nell’associazionismo cattolico e della cooperazione, tiene moltissimo, frutto di un “dura discussione parlamentare sul merito”; così come sul merito si è ritagliato un ruolo di mediazione su leggi come le unioni civili, dove ha incassato l’accantonamento della stepchild adoption, grazie anche all’inatteso voltafaccia del M5s. E proprio per rivendicare i provvedimenti ottenuti in questi cinque anni, l’area che fa riferimento al ministro Graziano Delrio promuoverà una convention nazionale a Roma, nella quale verrà ribadito anche il convinto sostegno a Renzi. “I cattolici democratici in questa legislatura ci sono stati – rivendica Lepri –. La nostra visione del mondo non è un’etichetta utile in vista delle elezioni: noi abbiamo ispirato il nostro impegno politico alla nostra fede, non con spirito integralista ma forti delle nostre esperienze”.
Lepri ha lavorato alla Fondazione Giovanni Agnelli fino al 1997, anno in cui l’allora primo cittadino del capoluogo piemontese Valentino Castellani l’ha chiamato a fare parte della giunta nel suo secondo mandato affidandogli la delega alle Politiche sociali, in virtù di un curriculum di ricerca proprio sul terzo settore. La cooperazione sociale è un chiodo fisso nell’esperienza professionale e politica di Lepri, tanto che tra il 1989 e il 1995 è presidente della coop Cilte di Torino che si occupa di servizi sociali per anziani, quindi dal 1990 al 1997 dirige il Centro Studi Cgm di Confcooperative (l’associazione delle coop bianche) assumendo anche la direzione della rivista Impresa sociale.
Nei giorni in cui si è riaperta la discussione tra rappresentanza e leadership in un mondo che ha sempre fondato il proprio radicamento nella società grazie a una rete fatta di associazionismo sportivo, enti di volontariato, cooperative, Roberto Rossini, presidente delle Acli, su Avvenire ha scritto: “Occorre convincersi che sono da ricostruire dialoghi, ponti, reti perché questa forma democratica non può fare a meno dei corpi intermedi (…). Se la politica non riconosce piena cittadinanza a questi mondi e non capisce che essi sono essenziali non solo per rispondere a dei bisogni sociali, ma per costruire la democrazia, allora credo che alcune fatiche continueranno”. Sollecitazioni che fanno il paio con quelle di uno dei padri nobili del cattolicesimo democratico e popolare, Guido Bodrato, il quale riprendendo le parole del cardinale Gualtiero Bassetti, nuovo capo della Cei, sulla “crisi della rappresentanza” in atto in Italia e non solo, ha preso di mira proprio Renzi e ha messo in guardia sul crescente astensionismo: “Sono molte le realtà sociali e culturali che non si sentono più rappresentate, non soltanto la parte che era storicamente nella Dc”. In uno scenario politico in cui “prevalgono le posizioni che polemicamente rifiutano riferimenti culturali”. Appendici contemporanea di quella evoluzione iniziata con i famosi “cattolici adulti” di Romano Prodi e degli epigoni della tradizione dossettiana.
Sollecitazioni che Lepri, che in Piemonte guida l’area dei cosiddetti renziani della prima ora assieme al segretario del Pd piemontese Davide Gariglio, fa in gran parte proprie: “Mi sento sinceramente vicino a Renzi, ma noi non possiamo limitarci a essere semplicemente un gruppo facenti capo a un leader”, di più “non possiamo rassegnarci a un’idea di politica legata a un leader, perché le leadership non bastano a rappresentare una società”. Secondo il numero due del gruppo dem in Senato “le culture politiche devono continuare a vivere perché c’è un’originalità nella cultura del comunitarismo e del popolarismo, nell’idea di una società fondata su forme associative solide”.
In vista dei congressi provinciali Lepri benedice la candidatura – “non ancora formalizzata ma che mi pare sia nei fatti” – di Mimmo Carretta per la Federazione di Torino e indica una road map per il rilancio di un “partito-comunità” che abbia come obbiettivo quello di superare la crisi del modello tradizionale di partecipazione. Un percorso da attuare “a partire dai circoli”, attraverso “nuove forme di coinvolgimento”. La vita nelle sezioni del partito, secondo Lepri, “deve svolgersi in modo più organizzato, aprendo le porte a studenti universitari in cerca di luoghi per studiare o ad altri pezzi di società anche su dibattiti specifici di un territorio”. E poi “mettere in rete conoscenze ed esperienze” per far tornare quei presidi creati nelle città centri di discussione ed elaborazione. Anche nell’era del web.