RETROSCENA

Tav, piano di Salvini in due mosse: via ai bandi e progetto low cost

La tattica cerchiobottista del leader leghista: sbloccare le gare Telt e assecondare i grillini fino alle Europee. In questo modo i due alleati di governo potranno continuare a raccontare ognuno la propria verità

Bandi alle ciance. Matteo Salvini sa bene che le sole parole, pur ripetute ad ogni occasione, non bastano più per rassicurare o convincere chi vede la Lega troppo cincischiante e troppo legata al partner di Governo per darle pieno credito sul prosieguo del lavori della Tav. Ma è altrettanto conscio di non poter e non voler strappare con i Cinquestelle sulla Torino-Lione, così come di dover tenere una linea che non lo faccia apparire succube dell’alleato, ma neppure arrogante. Questo almeno fino alla dead line delle elezioni europee che, come noto, coincideranno proprio in Piemonte con quelle regionali.

E allora l’exit strategy, o meglio la strategia dell’allungamento del brodo, sta proprio nei bandi. Bloccati da mesi su richiesta del ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli che aveva richiesto una sospensione di poche settimane in attesa dell’analisi costi-benefici, nel caso sempre più probabile di una loro pubblicazione con il relativo avvio per le gare di appalto dei lavori del tunnel internazionale consentirebbero al vicepremier leghista di poter rivendicare il passaggio, sia pur parziale, dalle parole ai fatti. Senza, tuttavia, provocare una frattura con il M5s che, ancora ieri con l’altro vicepresidente del Consiglio Luigi di Maio ha ribadito che “con la Lega si troverà un accordo”.

I grillini potranno infatti, come racconta la versione data come la più probabile, imputare alla Francia e all’Unione Europea che incalzano sui tempi, la decisione di sbloccare i bandi, ma soprattutto rivendicare la salvaguardia di quei finanziamenti altrimenti a rischio nel caso di un procrastinarsi nel blocco. Non è tutto: l’asso nella manica dei Cinquestelle, che fa comodo in questa fase anche alla Lega, sta in una norma del trattato internazionale in base alla quale è possibile, anche a procedure avviata, interrompere quest’ultima in ogni momento.

In verità quella norma era stata abrogata il 3 dicembre del 2018, lo stesso giorno in cui Toninelli e la sua omologa francese Elisabeth Borne firmavano la lettera per chiedere Telt di sospendere le gare. Un’abrogazione, di fatto resa vana dalla riscrittura del testo, tanto che gli uffici giuridici della società italo-francese, diretta da Mario Virano, hanno fatto sapere che non cambia nulla e, pertanto la stazione appaltante può sempre dichiarare una procedura senza seguito. Insomma, si possono bandire subito le gare per i primi due lotti del tunnel di base, cioè l'intero tratto francese, i tre quarti dell'opera, 45 chilometri dei 57,5 totali, per il valore di 2,3 miliardi di euro e poi, secondo il codice francese degli appalti a cui Telt deve obbedire, si può comunque non far partire i lavori, "per motivi di interesse generale". I tecnici di Telt e Inea, agenzia che gestisce i fondi Ue per la Torino-Lione, si incontreranno a Bruxelles mercoledì: si tratta di un incontro tecnico che ha l’obiettivo di fare il punto della situazione in vista del resoconto ufficiale che Telt deve presentare il 31 marzo. Entro quella data la società italo-francese deve consegnare a Inea l’Action Status Report, una sorta di tagliando o di audit sul cronoprogramma dei lavori.

Una soluzione offerta sul piatto d’argento ai due partiti di governo per raccontare ciascuno la propria verità: la Lega dirà che come promesso si va avanti, i Cinquestelle potranno continuare a ripetere che la Tav non si farà come da loro promesso, avendo ancora gli strumenti per bloccarla senza per questo perdere cospicui finanziamenti. E questo, sempre aggiungendo mestoli d’acqua al pentolone del brodo sul fuoco fino a maggio.

Ulteriore conseguenza dello sblocco dei bandi sarebbe la non irrilevante diminuzione della pressione sul Governo italiano da parte di quello l’Oltralpe e dell’Unione Europea. Salvini, se il suo piano non troverà intoppi, potrà arrivare al duplice appuntamento elettorale di maggio potendo mettere sul tavolo contro il centrosinistra di Sergio Chiamparino, l’avviata procedura per le gare senza per questo disvelare apertamente quello che ormai pare il punto di caduta del conflitto con i Cinquestelle, ovvero la miniTav. Altrettanto vale, naturalmente, per i grillini.

Un tracciato non solo low cost, ma soprattutto low profile con eliminazione della stazione di Susa e del collegamento con l’interporto Sito di Orbassano, la cancellazione del tunnel sotto la collina morenica e altri pesanti ridimensionamenti al progetto in grado di renderlo digeribile ai Cinquestelle per servirlo al loro elettorato: questo il piano che per qualcuno sarebbe già un accordo fatto tra Salvini e Di Maio. Sarebbe, insomma, quella “revisione del progetto con l'obiettivo di portarlo a termine" di cui il leader leghista ha parlato ancora in questi giorni.

Paradossalmente lo stesso referendum che Chiamparino chiederà formalmente domani al Consiglio regionale, difficile da celebrare in tempi brevi, finirebbe per contribuire alla strategia del Capitano. Immaginare una votazione sul sì o no alla Tav in concomitanza con le elezioni regionali ed europee (come non a caso proposto da Mino Giachino, candidato alle regionali con la sua lista Sì Tav per il centrodestra e legato a doppio filo a Salvini) significherebbe contribuire a spostare in avanti una decisione definitiva, proprio come intendono fare i due partiti di governo, aspettando l’esito del voto per l’Europa. Poi, a seconda di cosa uscirà dalle urne, anche per la Tav potrebbe essere tutta un’altra storia da riscrivere. Arrivare all’appuntamento con le urne potendo raccontare, la Lega come i Cinquestelle, ciascuno la propria verità, senza doversi impegnare in rischiose inversioni di rotta per il futuro è il doppio binario su cui viaggiano i due partiti di governo.

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