Il sondaggio della strada

Rimanere stupiti innanzi all’ultimo risultato uscito dalle urne il 26 maggio scorso è sintomo di quanta poca capacità di osservazione si abbia. Bastava annusare l’aria di cui sono intrisi i mercati, tastare gli umori delle persone, sentire (ascoltandoli) i commenti dei cittadini che camminano per le strade, per avere un quadro semplice quanto prezioso di cosa avrebbe sancito la recente tornata elettorale.

“L’asso nella manica” Chiamparino, questa volta, non èservito permutare una sorte segnata, forse irreversibile. L’epoca dell’autorottamazione del Pd è oramai a fine corsa,  compiuta in gran parte. Dal lato opposto, altrettanto  prevedibile era il crack riguardante i 5 Stelle (disastro annunciato e in qualche modo anche sostenuto da parte della carta stampata). Sul candidato pentastellato regionale si è scagliata la cosiddetta tempesta perfetta, la sintesi dell’insieme di sentimenti traditi e frustrazioni generate dalle mancate promesse fatte da Grillo durante la campagna politica del 2018.

La Rivoluzione gialla per ora ha sortito pochi effetti significativi, sia a livello nazionale che a livello cittadino. Torino affronta ogni giorno una faticosa arrampicata per riemergere dal melmoso pantano in cui è stata ingenerosamente buttata dalla Fiat ormai bostoniana, mentre a Roma il governo ha trascorso gli ultimi mesi tra selfie e varie retoriche volgarità (tra uno scatto fotografico e l'altro le pensioni minime hanno subito una decurtazione alquanto pesante).

Il Centro-destra scompariva invece nella foresta piemontese più fitta, rinunciando anche alla propria visibilità per favorire nuovi e vecchi alleati, e soprattutto spendendo un giovane nome che potesse raffigurare bene il dopo Chiamparino. L'ambizione padana di dominare tutte le regioni del Nord trova così un piccolo ostacolo a Torino (città, ricordiamo,fautrice del Risorgimento e dell’Unità d’Italia) grazie alla candidatura dell’ex europarlamentare berlusconiano. 

Il partito leghista ha ingoiato il rospo forse immaginando di perdere un match ma non l’intero combattimento, anzi ancora tutto da giocare. Al giovane presidente neoeletto si può affiancare infatti una squadra di possenti camicie verdi, e il prossimo scontro rappresenterà di sicuro una vittoria a tavolino a favore dei padani piemontesi. Tra invettive e provocazioni, frutto in realtà di una strategia ben architettata, l'ex partito di Bossi raccoglie infine quanto seminato in tanti anni portando la guerra pure nella Rossa Emilia Romagna, e conseguentemente lo scompiglio assoluto nei ranghi degli eredi del vecchio Partito Comunista Italiano.

Il leader leghista non è certo Napoleone (anche se lui vorrebbe esserlo) e non è nemmeno Giulio Cesare, ma in questa epoca, retta esclusivamente dalla comunicazione fine a se stessa e dal vuoto pneumico di valori, il segretario verde è riuscito a portare tutta l'attenzione su di sé, fagocitando e tritando gli avversari quanto gli alleati. Sarà la storia a stabilire se il successore di Bossi ha avuto solo fortuna, oppure capacità politica o in realtà abbia beneficiato di una congiuntura molto favorevole: essere a capo di un partito organizzato (sul modello leninista)  in mezzo a tanti altri che in realtà sono esclusivamente comitati elettorali sorti intorno al nome di un candidato.

Non immaginare in anticipo il risultato regionale del 26 maggio è dovuto a una cecità irreversibile, gridare “Vittoria” a Sinistra per aver eletto un consigliere, idem. 

L'elezione di Cirio dimostra anche il poco interesse elettorale in merito a inchieste e rimborsi regionali. La Regione Piemonte impegna oltre l’80% del proprio bilancio sul comparto sanitario: volenti o nolenti, saranno proprio molti piemontesi ad aver modo di valutare il peso delle proprie scelte.

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