POLVERE DI (5) STELLE

Di Maio ascoltaci. Altrimenti... non sappiamo

Ecco il documento "No Tav" che i Cinquestelle torinesi intendono sottoporre al capo politico. Ma resta il nodo sulle conseguenze in caso di un probabile via libera del Governo all'opera. Chi davvero sarebbe pronto a lasciare il Movimento in segno di protesta?

Altrimenti ci arrabbiamo, dicevano Bud Spencer e Terence Hill prima di iniziare a menare le mani. E allo stesso modo anche i grillini torinesi vorrebbero sfogarsi contro quell'opera giudicata tanto inutile, ma proprio laddove bisogna indicare le conseguenze di un più che probabile semaforo verde del Governo, per ora c'è solo uno spazio bianco. Che fare? Alzare i tacchi? Abbandonare il Movimento 5 stelle o più pragmaticamente fare buon viso a cattivo gioco? Resta da compilare la parte decisiva del documento che l’assemblea degli attivisti e iscritti torinesi discuterà il prossimo 5 luglio al Teatro Alfa.

Nella paginetta redatta e fatta circolare nelle chat si ripercorre brevemente la storia della Torino-Lione, il recente via libera di Telt ai bandi per il tunnel di base sul lato francese mentre non si parla della pubblicazione delle gare sul lato italiano, avvenuta due giorni fa. Segno che il documento in questione era già stato redatto prima e forse sarà integrato. La lotta contro la Tav viene definita “uno dei fondamenti dell’azione politica del Movimento 5 stelle” e per evitare di rimetterla “in discussione” l’assemblea ricorda l’uscita del Comune di Torino dall’Osservatorio, nel 2016, definendo qualsiasi passo indietro “inaccettabile”. Chiede che “in tutte le sedi istituzionali in cui il M5s è presente siano ribadite le ragioni del No alla Tav che si sostanziano nell’analisi costi-benefici effettuata dal Ministero dei Trasporti”. E poi l’ultima parte: “Nell’ipotesi che, nonostante tutto, sia dato il benestare da parte del governo al proseguimento dei bandi, i Gruppi Consiliari Comunali, Regionali, di Città Metropolitana e Circoscrizionali dichiarano...”. Ed è qui che, per ora, compare solo uno spazio bianco, da riempire al termine della discussione del 5 luglio in vista dell’incontro con Luigi Di Maio già fissato da tempo per il 12 luglio al Royal Hotel di corso Regina Margherita a Torino.

Inutile dire che a quell’assemblea si troveranno di fronte le due anime del Movimento: quella ortodossa, che nei cortei in Valle è cresciuta e si è plasmata – "perché a Torino siamo prima No Tav e poi grillini" – e quella degli istituzionali, convertiti alle ragioni della realpolitik e nell’arte del compromesso. La prima fazione è capitanata dalla neo capogruppo a Palazzo Lascaris Francesca Frediani, valsusina, pronta anche all’estremo sacrificio – l’addio al M5s – sull’altare della Tav, così come, almeno a parole, il senatore Alberto Airola. Dell’altra si è già fatto interprete con una intervista sullo Spiffero Davide Bono, a lungo leader di fatto del Movimento piemontese, in piena sintonia con il viceministro Laura Castelli che nei giorni scorsi ha lanciato l'ipotesi di una mini-tav sul progetto dell'ex sindaco di Venaus Nilo Durbiano.

In questo confronto Chiara Appendino continua a mostrarsi “oltranzista” ben oltre ogni sua convinzione; No Tav per sopravvivere a una eventuale scissione in Sala Rossa, perché non sono pochi i consiglieri che minacciano estreme conseguenze qualora il governo voltasse le spalle alla Val Susa. O meglio a quel pezzo della Valle che continua a considerare la lotta all’opera una questione prioritaria. Tanto, come lei stessa ricorda ormai a macchinetta, quando interpellata sul tema, “il dossier è nelle mani del premier Conte” e Torino quel che poteva fare l’ha fatto. “Non siamo noi a dover abbandonare il Movimento – ripete come un mantra Daniela Albano tra le più accese contestatrici del supertreno in Sala Rossa –. Il Movimento è No Tav e se da Roma non si danno da fare prenderemo atto del fatto che il M5s ha abbandonato il territorio e decideremo come agire”. I toni sono battaglieri ma di abbandonare la nave, per molti, non se ne parla. Resta dunque un enorme punto interrogativo su come verrà riempito quello spazio vuoto e su chi, oggi, ritiene tra attivisti ed eletti pentastellati la Torino-Lione una priorità. Una cosa è certa: i timori di Luigi Di Maio riguardo a una possibile implosione del Movimento a Torino, dopo la batosta elettorale e un eventuale sdoganamento della Tav, sono più che giustificati. 

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