TRAVAGLI DEMOCRATICI

Da Chiappendino a Fantomas, un patto civico per Torino?

Dialogare con il M5s non vuol dire sostenere suoi candidati. La terza via di Gariglio in vista del 2021, mentre nel Pd prosegue il braccio di ferro tra chi preconizza l'alleanza e chi chiude la porta. Carretta: "La città si ribella ad Appendino e noi le offriamo una scialuppa?"

Il modello Umbria anche per Torino? Un “patto civico”, come evocato da Luigi Di Maio in grado di tenere unite due forze che in tre anni si sono date battaglia in Sala Rossa e nella città. È la terza via indicata da Davide Gariglio nel giorno in cui la direzione del Pd piemontese torna a dividersi tra chi vede i Cinquestelle come fumo negli occhi e chi accelera i tempi su un’alleanza dai connotati ancora ignoti. M5s sì, M5s no: un “tormentone esagerato” come definito dallo stesso Gariglio. “In un partito come il nostro – spiega – il livello nazionale non potrà mai imporre nessuna alleanza che il locale giudichi contro natura, ma attenzione a pensare che la ragione stia sempre nelle istanze del territorio”. Ancor più chiaramente questo concetto lo spiega Anna Rossomando, vicepresidente del Senato: “Torino è una questione nazionale” taglia corto. Il tassello di un mosaico ben più ampio che s’inserisce in logiche che prescindono dalla contrapposizione che ogni giorno va in scena in Sala Rossa tra Pd e Movimento 5 stelle, tra il capogruppo dem Stefano Lo Russo e la sindaca Chiara Appendino.

Gariglio ricorda il “caso Cuneo” che lui stesso, da segretario regionale, si trovò ad affrontare. Il partito della Granda neanche voleva saperne di sostenere il sindaco (civico) uscente Federico Borgna, ma nell’ottica di un ampliamento del perimetro del Pd fu proprio Gariglio a imporre la pace e a convincere la dirigenza locale a sottoscrivere l’accordo. “Poi – ricorda il deputato – salirono in tanti sul carro del vincitore”. 

Segnali di distensione al partito subalpino arrivano anche da Nicola Zingaretti, questa sera alla Festa dell'Unità di Torino: “Nessuna imposizione di modelli calati dall'alto, che sarebbe un errore gravissimo - assicura -. Faremo un confronto territorio per territorio su ciò che è meglio per garantire un buon governo”. Un concetto ribadito, tra gli altri, da Piero Fassino, mentre in direzione è passato in secondo piano anche il redde rationem sul (mal)trattamento subito dai piemontesi nelle trattative per la selezione della compagine ministeriale e dei sottosegretari, al punto che le dimissioni di Paolo Furia, chieste a più riprese via social e tramite interviste di esponenti renziani, sono uscite dall'ordine del giorno. 

Il "caso Torino" presenta tinte e sfumature diverse da quello cuneese. Borgna era molto più vicino al Pd di quanto non lo sia oggi Appendino e il giudizio dei cuneesi allora (correva l’anno 2017) era ben diverso di quello che oggi gran parte dei torinesi danno dell’amministrazione pentastellata. Borgna si avviava sicuro verso un secondo mandato, mentre “Torino si sta ribellando ad Appendino”. Parola di Mimmo Carretta, segretario della Federazione torinese del Pd, che interviene dalla trincea scavata all’indomani della formazione del nuovo governo giallorosso. Durante questa Festa dell’Unità “abbiamo dialogato con 130 associazioni che propongono strategie alternative a quelle adottate in questi tre anni dal M5s non posso regalare questo patrimonio a chi in tre anni ha messo in ginocchio la città” prosegue il numero uno del Pd subalpino. Una posizione condivisa da Silvia Fregolent, ascritta, ad oggi, tra i “renziani che vanno”, cioè quelli pronti a seguire l’ex premier in una scissione che Zingaretti, proprio sotto la Mole, continua a scongiurare. 

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“Il Pd ha tutti i titoli per esprimere una candidatura propria o di centrosinistra, m può anche decidere di cercare alleanze più ampie e, in tal caso, scegliere un sindaco fuori dai perimetri delle forze politiche” prosegue Gariglio con il suo ragionamento. Tradotto: dialogare con i Cinquestelle non vuol dire necessariamente sostenere un Appendino bis o Paola Pisano o comunque un esponente dichiaratamente grillino, ma intraprendere un percorso in grado di individuare un candidato terzo. Insomma, dal Chiappendino a Fantomas, l’uomo senza volto, il papa straniero, la sintesi tra due forze che se a Roma hanno formato un governo insieme, a Torino continuano a scontrarsi. Resta in questa discussione una variabile tutt’altro che indipendente: la durata e l’efficacia dell’esecutivo appena varato: “Se fra sei mesi ce ne andiamo a casa il discorso è già chiuso”. D’altra parte Ananke, la dea greca della necessità non aveva la faccia. Come chi rischia di perderla. 

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