INDUSTRIA & LAVORO

Più di 3mila posti a rischio

Le crisi nel settore metalmeccanico a Torino e nella sua area metropolitana fanno paura. Pesano le incertezze sull'automotive. Conte contestato dai lavoratori. I sindacati chiedono risposte. Chiarle (Fim-Cisl): "Senza Fca potremmo perderne 20-25mila"

Più di tremila lavoratori del settore metalmeccanico vivono da settimane, in alcuni casi mesi, col fiato sospeso. Ci sono almeno quattordici aziende in crisi nell’area metropolitana di Torino che minacciano di chiudere, trasferirsi o, nella migliore delle ipotesi, ridurre la propria capacità produttiva. È un bollettino di guerra che si estende di giorno in giorno con ripercussioni sempre più visibili sull’economia piemontese come dimostrano i dati sulla produzione industriale: quattro trimestri consecutivi col segno meno, l’ultimo è quello tra aprile e giugno 2019, in cui l’arretramento a livello regionale è stato dello 0,8 per cento, su cui ha influito particolarmente il risultato di Torino (-1,8%).

Nel giorno in cui il premier Giuseppe Conte è nel capoluogo per illustrare le misure attivate dal governo dopo il riconoscimento dell’area di crisi complessa, sul suo tavolo piombano i timori e le richieste di 3.296 addetti in attesa di risposte. Davanti a Palazzo Civico dove il presidente del Consiglio viene accolto dalla sindaca Chiara Appendino i lavoratori delle aziende in crisi gli rivolgono, assieme a qualche fischio, il loro appello disperato: “Lavoro, lavoro...”.

Dalla ex Embraco alla Lear, dalla Olisistem Start alla Tekfor di Villar Perosa (esclusa dall’area di crisi) dove 432 lavoratori hanno accettato il contratto di solidarietà nell’attesa che torni il sereno. L’automotive è il comparto che più di tutti frena: a La Loggia c’è la Mahle, azienda produttrice componenti per motori diesel dove sono impiegate 450 persone che convivono da più di un anno con la cassa integrazione e che domani faranno 8 ore di sciopero insieme ai colleghi dello stabilimento di Saluzzo, nel Cuneese. A Rivoli le disavventure giudiziarie della famiglia Ginatta stanno facendo crollare la Blutec e da mesi tremano i suoi 180 addetti. È uno stillicidio. “La fatica dell’auto è dovuta anche dal rallentamento delle economie francese e tedesca, causando una contrazione dell’export” spiega Claudio Chiarle, segretario della Fim-Cisl di Torino.

Sui 110mila addetti del comparto metalmeccanico torinese, 3.296 sono collocati in aziende in crisi senza calcolare i 4mila di Fca – particolarmente Carrozzerie e Agap – che convivono con la cassa integrazione. L’automotive oggi occupa 58mila addetti in tutto il Piemonte, esclusa Fca. Il fatturato del comparto auto in regione è di 18 miliardi di euro, cui la casa del Lingotto contribuisce per il 45 per cento. Conclude Chiarle: “Se teniamo conto che tra Fca e le altre aziende abbiamo più di 7mila posti di lavoro in ballo e considerando un rapporto di uno a tre sull’indotto, possiamo stimare 20-25 mila posti di lavoro a rischio, prevalentemente nell’automotive, che resta il core business di Torino e del Piemonte”.

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