A passo d'oca verso il Ventennio
 

L’irresistibile ascesa dell’estrema Destra, confermata ancora una volta dall’ultimo voto in Umbria, non rappresenta assolutamente una sorpresa per coloro che sanno leggere i fenomeni sociali in atto.

La regione umbra sin dalle prime elezioni repubblicane è stata un’inespugnabile roccaforte della Sinistra. Una terra dove in passato era usuale assistere a ballottaggi elettorali che contrapponevano Rifondazione Comunista al Partito Democratico (soprattutto al PDS), e in molti comuni la palma della vittoria veniva solitamente assegnata al partito di Bertinotti (ad esempio a Gubbio).  

Sembra essere trascorso un secolo da quelle sfide elettorali giocate interamente tra antagonisti nati dalle ceneri del Pci, ma in realtà è la storia recente di un patrimonio culturale (prima ancora che politico) dissoltosi velocemente nel nulla grazie al narcisismo di pochi pseudo-intellettuali dalla “Verità incontrovertibile” in tasca.     

Quanto avvenuto in Umbria raffigura tristemente l’inizio della realizzazione del sogno leghista di poter governare il Centro Italia dopo aver già conquistato il Nord. Una scommessa tempo fa giudicata azzardata quanto folle, e che una volta vinta (Emilia Romagna e Marche permettendo) potrebbe aprire addirittura a un rilancio: governare quel Meridione, con l’essenziale aiuto del movimento neoborbonico, che solo pochi anni addietro i militanti padani auspicavano veder sommerso dalla lava dell’Etna.

Le fortezze rosse, una dietro l’altra, alzano bandiera bianca, da Sesto San Giovanni sino a Genova passando per Torino, costringendo i militanti della Sinistra a prendere infine atto dei danni compiuti dai propri dirigenti: incauti politici, di lungo corso, incapaci di qualsiasi autocritica che metta in discussione il loro operato degli ultimi venti anni.

Essere più realisti del Re non ha quindi pagato. L’adesione alle scelte economiche neoliberiste da parte di ministri e amministratori regionali Pd ha letteralmente fertilizzato i germogli del neo-nazionalismo, del sovranismo e dell’ultra conservatorismo cattolico. Responsabilità che si uniscono però a quelle riscontrabili nelle scelte realizzate dal Cavaliere Nero intorno agli anni ’90.

Silvio Berlusconi al suo esordio politico ha ritenuto necessario, per realizzare i suoi obiettivi, sdoganare i partiti postfascisti assegnando loro ministeri e poltrone, tramite la nomina di individui provenienti dalle fila del Movimento Sociale di Giorgio Almirante. Il paradosso che vive attualmente il fondatore di Forza Italia è quello di essere stato scalciato proprio dalla sua creatura: dalla medesima Destra a cui aveva sporto la mano per aiutarla a uscire dal pantano della tragedia novecentesca (da lei stessa generata).

Al momento la crociata “contro i comunisti” non è più guidata dal partito aziendale di Mediaset, ma da realtà che si sentono a loro agio nella Destra non liberale, e che per questo vengono inneggiate durante i raduni xenofobi o nostalgici (come accaduto di recente a Predappio, tra le nuove camicie nere osannanti Mussolini).

Uno scenario agghiacciante agli occhi di qualsiasi democratico e che il leader Di Maio ignora, poiché concentrato esclusivamente a rimpiangere l’errore fatto nell’allearsi con Zingaretti: il capo politico del M5s dimentica come a ogni tornata amministrativa il vecchio amico leghista lo evitasse come la peste, preferendo a lui la compagnia dei soliti compagni di merenda (Forza Italia e Fratelli d’Italia).

L’errore imperdonabile commesso dai pentastellati è stato invece quello di fornire a Salvini una ribalta fantastica invitandolo a firmare il famigerato “Contratto”. L’ex Ministro degli Interni si è dimostrato bravissimo nello sfruttare il Movimento al fine di raddoppiare i suoi consensi, nonché nel garantirsi una crescita resistente pure all’autogol fatto affossando il proprio governo giallo-verde.

Torino è l’avanguardia del “feroce” cambiamento in atto. Nel capoluogo subalpino il sistema di potere gestito dai Dem è crollato nel 2016 con la sconfitta di Fassino. Il nuovo corso però non ha soddisfatto gli elettori alla ricerca di un metamorfosi generale.

Il mutamento ha infatti coinvolto negativamente il welfare torinese, un tempo fiore all’occhiello della città, il quale ha subito un pesante declino. A questo dato è corrisposto l’aumento del disagio in periferia mentre i portici del centro sono diventati la casa, e il wc, di decine di senzatetto in gran parte provenienti da Paesi dell’Est Europa: una situazione destinata a diventare esplosiva e quindi terreno fecondo per i salviniani pedemontani.

Sanare il debito pubblico è atto di governo fondamentale, sia a livello centrale che locale, ma il coraggio di stanare i grandi evasori e imporre la tassa patrimoniale è prioritario. Le misure incentrate nel fare pagare quanto dovuto a chi ha grandi disponibilità economiche possono essere esclusivamente filiazioni di un governo di Sinistra, come bene dimostra la levata di scudi della Destra contro le misure penali per i ricchi che celano i loro profitti allo Stato.

Gli elettori umbri, anche i più fragili economicamente, hanno voluto premiare chi nella scala sociale siede al vertice. Hanno voluto proteggere i professionisti del “farla sempre franca”, hanno tutelato i patrimoni dei capitani di industria e degli speculatori finanziari, dando vita a un gesto di enorme (quanto assurda) generosità.

Il popolo è sempre molto bravo ad infilare volontariamente la testa nel cappio, così come lo è poi nel lanciarsi nel vuoto e penzolare tirando calci al vento. Un masochismo, come dimostrano il Cile o l’Inghilterra, dalle conseguenze irreversibili.

La strada del nuovo che ricalca quanto accaduto negli anni ’20 è oramai tracciata, e il cammino verso il buio della Storia inesorabilmente iniziato.

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