Motocross sul Ruchè

Il nostro Bel Paese non impara mai dagli errori in cui cade ripetutamente vittima: i suoi amministratori non perdono occasione per dimostrare assoluta insensibilità nei confronti degli insegnamenti che la Natura dispensa loro con eccesso di generosità (e dalle conseguenze spesso drammatiche).

All’indomani di sciagure ambientali il coro dei politici e degli opinionisti è unanime: l’Italia ha un’enorme superficie di territorio coperta dal cemento; inoltre le grandi opere, una volta realizzate, sono fonte di profonda delusione poiché si rivelano utili alla sola corruzione generale (come ha evidenziato di recente il devastante fenomeno dell’acqua alta a Venezia).

La penisola italica, se confrontata con il resto del Vecchio Continente, risulta essere la nazione che più di altre ha sacrificato foreste, agricoltura e litorali per favorire l’uso indiscriminato di calcestruzzo.

Siamo oramai abituati agli incendi che devastano boschi alpini nei periodi di siccità, così come alle valanghe di fango che ogni anno seppelliscono villaggi e alle alluvioni devastanti, seppur generate da piogge non sempre così abbondanti, che spazzano via tutto e tutti. La colpa di ogni disastro è regolarmente addossata alla Natura, e purtroppo mai alle scellerate decisioni maturate in seno alle giunte di piccoli e grandi comuni.

È sufficiente varcare le Alpi per osservare distese di verde curato, oppure immense coltivazioni di alberi da frutto e di vite. La valorizzazione di vini e prodotti agricoli è una priorità del governo francese, il quale valuta con attenzione qualsiasi sacrificio di terra coltivata a favore di fabbricati o servizi.    

La Borgogna, la Bretagna, la Provenza e la regione dello Champagne si presentano ai viandanti mettendo in bella vista sterminate distese di poderi e floride aziende agricole: un panorama raro in Italia, dove al contrario le piante da frutto vengono regolarmente sradicate per fare posto a oleodotti oppure a piste dedicate al motocross.

Quanto accade a Castagnole Monferrato (Asti) è l’ennesima conferma della visione anti-ambientalista caratterizzante la progettualità di chi amministra la cosa pubblica. Il comune astigiano è noto per essere la patria del vino rosso “Ruchè”: un prodotto “doc” riconosciuto per la sua alta qualità e le tante sfumature di sapore che regala a chi lo sorseggia (tra le altre, un gradevole retrogusto, un bouquet di viola e ciliegia); un vino che si è imposto nel mercato enologico grazie al lavoro instancabile dei contadini locali.

Terre di vigneto e ambiti luoghi di villeggiatura, amati dai turisti alla ricerca della pace interiore, che ritrovano attraverso il contatto con l’ambiente, messi a rischio da un progetto tipicamente italico: la costruzione di un crossodromo che sopprimerà un’area agricolo-boschiva di circa 40 ettari.

L’assurdità di questo disegno, degno del premio “Attila”, è denunciata con forza dal comitato spontaneo “Vigilanza Motocross”. Il collettivo, composto da residenti, è determinato a difendere un territorio ricco di biodiversità (dove è presente anche l’orchidea selvatica) nonché rifugio di animali allo stato brado: un impegno civile alle prese con l’indifferenza delle istituzioni democratiche.  

In effetti il Piemonte ospita già 29 impianti di motocross, di cui una decina siti nel raggio di appena 50 chilometri dal centro di Castagnole Piemonte. L’impatto economico della pista è tutto da valutare nei suoi effetti reali, al contrario di quello su paesaggio e habitat, di cui è facile rilevare il riscontro negativo.

Ettari di bosco distrutti per fare spazio al circuito motociclistico, ai parcheggi e ai servizi connessi. Una distruzione compiuta nel nome dell’inquinamento acustico e dei gas di scarico provenienti da motori che aggrediscono dune e fanghiglia: l’esatto opposto della vocazione al trekking e al cicloturismo di quelle colline, di un’attitudine al turismo sostenibile valorizzata con determinazione dalla comunità stessa.

Una scelta a dir poco contradditoria con le politiche agricole regionali, nonché stravagante se rapportata alle polemiche recenti che hanno coinvolto la produzione veneta di prosecco: vino bianco in gran contaminato sia dall’uso abnorme di pesticidi cosparsi sui grappoli d’uva (utili per incrementarne la produzione e al contempo fonte di allergie per chi risiede nelle vicinanze dei vigneti) che dall’inquinamento abbattutosi sui filari posizionati lungo strade e autostrade.

Il prossimo 25 novembre la Conferenza dei Servizi dovrà esprimersi definitivamente sulla valutazione ambientale inerente il crossodromo, ma il comitato spontaneo teme venga sancita un’espressione favorevole, nonostante i molti aspetti del progetto non ancora chiariti del tutto. Si avvicina quella che sembra una resa incondizionata del territorio al business delle gare motociclistiche, una capitolazione dolorosa che molti cittadini non vogliono accettare.

Non passa giorno in cui non si devastino aree verdi e terreni agricoli per collocare al loro posto infinite colate di cemento. Un manto idrorepellente seppellisce le bellezze naturalistiche, insieme a quanto la terra offre con generosità.

Una visione molto limitata del profitto economico oggi violenta le terre del Ruchè, ieri invece ha straziato gli ulivi pugliesi e domani forse il pianeta intero. Il conto alla rovescia per il nostro ecosistema è iniziato da tempo, ma nessuno tra coloro che rivestono ruoli di responsabilità sembra davvero intenzionato a fermarlo.  

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