POLITICA & LAVORO

Caselle in picchiata, tira aria di licenziamenti

Prosegue la crisi di voli e passeggeri nello scalo di Torino. In attesa degli investimenti promessi si parla di ridimensionamento del personale e trasferimenti a Malpensa. L'interrogazione di Lubatti ad Appendino (che però intanto ha venduto le sue quote)

L’aeroporto di Torino va a picco e anche le aziende che finora hanno prestato i propri servizi al suo interno sono costrette a ridimensionare il lavoro e, di conseguenza, a ridurre l’organico. Sono sempre più insistenti le voci di licenziamenti o trasferimenti a Malpensa, dove invece gli affari, neanche a dirlo, proseguono a gonfie vele. C’è preoccupazione, per esempio, tra i lavoratori della National Cleanness, società cui Sagat ha appaltato la gestione di locali e aree esterne (magazzino, spogliatoio, sosta mezzi sulla rampa) che avrebbe prospettato ai suoi dipendenti cinque licenziamenti e altrettanti trasferimenti.

A settembre i passeggeri sono stati poco più di 341mila, con un calo del 4,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, con un trend nazionale in aumento del 2,4%. E dire che già il 2018 non era stato un anno esaltante per lo scalo subalpino, sia per quanto riguarda i movimenti, cioè i voli in arrivo e partenza (45.511, -4,9% rispetto al 2017), sia sui passeggeri totali (4,1 milioni, -2,2%), sia sui cargo, in contrazione del 20,8%. Insomma, non si tratta di qualche isolata perdita di quota, è una vera e propria picchiata. Da quasi due anni i risultati di Caselle sono negativi, collocando il Sandro Pertini in fondo alla classifica dei principali aeroporti nazionali, dietro non solo ai grandi hub come Malpensa, Fiumicino o Capodichino, ma anche ad aeroporti di medie dimensioni come Pisa, Palermo, Olbia, Bari, Bergamo, Bologna.  

Un aeroporto che non funziona, o meglio che funziona solo dal punto di vista finanziario, facendo felici i suoi soci privati (nel 2018 ha fatto registrare un utile netto di 7,7 milioni di euro) è penalizzante per tutto il territorio, viste anche le scarse performance di uno scalo per certi versi complementare come Cuneo Levaldigi. Per questo il consigliere comunale di Torino Claudio Lubatti (Pd), già assessore ai Trasporti durante la giunta di Piero Fassino, ha protocollato una interpellanza per chiedere lumi a Chiara Appendino sullo stato dell’arte (LEGGI). Certo gli spazi politici di un Comune che esattamente un anno fa, per esigenze di cassa, ha dismesso anche l'ultimo 10 per cento di quote che deteneva, sono bassissimi, prossimi allo zero, "ma a qualcuno dovrò chiedere delle risposta e chissà che a Palazzo Civico non scoprano perché era importante mantenere almeno un presidio nella compagine azionaria". La dismissione era iniziata proprio con la giunta di centrosinistra, nel 2012, quando Fassino cedette il 28% di Sagat al fondo F2i.

“Vendendo le proprie quote, Comune e Regione si sono spogliati del diritto di mettere becco sulle scelte strategiche” attacca Mino Giachino, uno dei protagonisti della piazza Sì Tav ed ex sottosegretario ai Trasporti nell’ultimo governo Berlusconi.

Secondo un report di Mediobanca anche i negozi all’interno dell’aeroporto risentono di questa crisi. I punti ristoro dell’aeroporto torinese sono tra i meno affollati con una media di 1.040 passeggeri al giorno, davanti solo a Genova (856), mentre la media nazionale è di 1.821. Non a caso, sempre secondo lo stesso studio, Caselle è uno degli aeroporti in cui è più facile parcheggiare (4 passeggeri per posto auto al giorno, contro i 16 di Ciampino e gli 11 di Fiumicino, i due scali in cui il rapporto è più sfavorevole).

In estate il nuovo amministratore delegato Andrea Andorno ha annunciato 56 milioni di investimenti nei prossimi cinque anni per attirare nuovi passeggeri.

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