GLORIE NOSTRANE

Dall'ultimo banco al Senato, ora Laus studia da sindaco

Una storia di riscatto sociale e politico. Con la pubblicazione della sua autobiografia l'esponente del Pd mette un'ipoteca sulla prossima competizione elettorale torinese. Perché comunque vada, per la successione di Appendino, dovranno fare i conti con lui

Angelì, stu disgraziat m'ha da fà dvndà pacc’. Il “disgraziato” che avrebbe fatto diventare pazza la maestra, come lei lo disse in stretto dialetto lucano alla madre, si era sistemato nell’ultimo banco della scuola di paese in quello sbocciare degli anni Settanta. Adesso, cinquant’anni dopo, il discolo che non aveva scelto a caso quel posto in classe sta seduto in un banco di Palazzo Madama.

Nel mezzo, la vita professionale, sentimentale e naturalmente politica di Mauro Laus che lui ha deciso di raccontare con sentimento e disincanto in un libro. Non si sarebbe che potuto intitolare Il ragazzo dell’ultimo banco (edizioni Visualgrafica). Sarà presentato dall’autore, senatore del Pd, domani alle 18 al Teatro Ragazzi e i proventi saranno devoluti al progetto ristorante di strada per i bambini della Cambogia. Lontano, e senza pretendere d’esserlo, da un’autobiografia il racconto galoppa come in fondo ha fatto il protagonista di una storia in cui l’immigrazione a Torino dal Sud è più recente di quella storica e più anomala, con un ragazzo che per seguire il suo amore adolescenziale che poi diventerà compagna di vita e madre dei figli, prende su lo zainetto erede delle valigie di cartone e sale al Nord. Sentimenti e ambizioni, perseveranza e tenacia, il giovane Laus studia e trova lavoro, umilissimo, nella cooperativa che poi scalerà fino a diventarne il numero uno.

Sale anche gli impervi e spesso scivolosi gradini della politica senza mai inciampare. La Margherita, i Moderati, il Pd dove pur avvicinandosi per un lungo periodo a Piero Fassino resterà sempre il ragazzo dell’ultimo banco, inteso come un po’ ribelle e per nulla incline alle regole. Le radici della terra lucana sempre profonde e coltivate, citate, senza nostalgia ma con orgoglio. Quelle nuove in Piemonte altrettanto solide, come la pervicacia che mette nelle sue iniziative imprenditoriali, una dietro l’altra.

Passione politica e passione civile, quella che lo portano prima di altri a partecipare ai gay pride e schierarsi contro ogni forma di esclusione. Passionale, eloquio talvolta fin troppo frizzante con qualche svirgolata perdonabile per l’entusiasmo. Lontano, per origini e temperamento, dal grigiume di alcuni grandi vecchi del centrosinistra sabaudo. Laus colora spesso, a volte fin troppo, anche alcuni suoi interventi in Senato dove arriva dallo scranno di presidente del consiglio regionale. L’ultimo banco è un caro ricordo nelle fotografie, memoria di una partenza fisica e sentimentale per quella città che ormai da anni lo vede tra i protagonisti della vita politica.

A breve per lui si profila un ingresso nell’ufficio di presidenza del Senato, ma per l’ex disgraziat che faceva uscire pazza la maestra nella sua Lavello – dove torna appena può e dov’è diventato cittadino onorario come si conviene ai figli di una terra agra che hanno fatto fortuna senza mai scordarla – c’è la legittima e sempre meno nascosta ambizione di arrivare a governarla la città dov’era arrivato con lo zainetto, mettendosi subito a lavorare come custode a Palazzo Reale “facendo spesso i doppi turni, tant’è che il responsabile mi chiamava il giovane bisognoso”. Dopo un paio d’anni diventerà lui il responsabile, dei servizi della cooperativa al Salone dell’auto. Poi la rapida ascesa, professionale e politica. Mai finita, né l’una, né l’altra.

Il ragazzo con lo zainetto studia da sindaco della città dove nessuno tra quelli arrivati con la valigia di cartone, né loro discendenti, lo è mai stato. Anche questa una sfida, o forse il segno di quanto i tempi siano e debbano essere cambiati, rispetto a un non detto che pure in qualche modo resiste. Sarà davvero il primo sindaco napuli, o aspirante tale, della vecchia capitale sabauda? Non è escluso, anche a giudicare dalla grande mobilitazione del suo entourage. Una cosa è certa, qualunque sia la scelta che il centrosinistra farà per dare un volto al successore di Chiara Appendino dovrà fare i conti con lui. 

“Quando Napolitano conclude il suo intervento mi alzo con gli altri colleghi (non tutti) ad applaudire. Poi – scrive Laus nel libro con prefazione della ministra renziana Teresa Bellanova – mi siedo nel banco che mi è stato assegnato, alla sinistra dello scranno della Presidenza e, quasi senza accorgermene, vengo trascinato indietro nel tempo, quando, seduto all’ultimo banco nella classe della scuola elementare di Lavello, sognavo cosa avrei fatto da grande”. Molti di quei sogni si sono avverati. E lui non sembra affatto aver smesso di sognare.

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