POTERI FORTI

Appendino apre al bis di Profumo

Pare sempre più probabile il rinnovo del presidente uscente della Compagnia di San Paolo. La sindaca: "Ha fatto un ottimo lavoro". Ma difficilmente sarà lei a indicarlo nel Consiglio. Così Torino potrebbe perdere lo scettro

“È partito un percorso che porterà a una scelta condivisa con la Città”. Al Teatro Carignano, Chiara Appendino attinge parole e prudenza dal felpato vernacolo della prima repubblica per dire che sì, obtorto collo, le toccherà turarsi il naso e acconsentire al bis di Francesco Profumo alla presidenza della Compagnia di San Paolo. Partita chiusa? Ancora no, ma gli indizi sono inequivocabili: la sindaca sotterra l’ascia brandita fin dal suo esordio a Palazzo civico nei confronti di uno dei principali emblemi del vituperato (all’epoca) “Sistema Torino” e si prepara a dare il via libera alla conferma all’ex rettore del Politecnico ed ex ministro montiano. “In questi tre anni e mezzo di mia esperienza con la Compagnia di San Paolo posso dire che è stato fatto un lavoro straordinario dal presidente, dal segretario e dal consiglio”, ha sentenziato al termine della presentazione delle linee programmatiche del 2020 della fondazione torinese. “Abbiamo più volte bussato alla porta della Compagnia, non solo per cercare risorse economiche ma per costruire modelli di gestione di cose complesse” come la riqualificazione dell’ex Moi, ha aggiunto.

Arrivata a convention già iniziata, mentre il segretario generale Alberto Anfossi snocciolava dati e cifre, la sindaca si è accomodata in prima fila, accanto al suo braccio destro, Sonia Schellino, giusto in tempo per seguire la relazione di Profumo che dal palco ha rivendicato i traguardi ottenuti in questo suo “primo” mandato e, soprattutto, posto le basi per il prossimo quadrienno. Un discorso che ha trovato ampi apprezzamenti in platea, dove sedevano vertici e rappresentanti di Intesa Sanpaolo, di cui la fondazione è primo azionista con il 6,79%, di Cassa depositi e prestiti, della Banca europea per gli investimenti, della Commissione europea. Segnali eloquenti e per nulla inaspettati. Al desiderio di assicurare continuità in corso Vittorio Emanuele e alla guida di Acri, espressa da Giuseppe Guzzetti, grande vecchio della finanza bianca e ancora dominus del sistema delle fondazioni, si era aggiunto nei giorni scorsi l’endorsement del numero uno di Ca’ de Sass Carlo Messina: “La Compagnia è un punto di forza assoluto sul territorio” e “Profumo interpreta al meglio il suo ruolo”. Un pressing a cui è difficile sottarsi, in particolare per una Appendino ammaccata dai travagli della sua amministrazione e non meno indebolita dalle vicissitudini nazionali del Movimento 5 stelle.

“Ci sono tutte le premesse per fare un altro ottimo quadriennio” cammina ormai sul velluto Profumo. Il presidente di Intesa Sanpaolo Gian Maria Gros Pietro è costantemente accanto a lui, dall’inizio alla fine della cerimonia, quasi a voler cristallizzare l’asse di ferro tra la banca e il suo primo azionista.

I nuovi vertici della Compagnia saranno eletti in primavera, ma le grandi manovre sono già iniziate da tempo. Nel foyer una nervosissima Licia Mattioli, impegnata in una fitta conversazione con Dario Gallina, pare avverta il cambio di clima e da candidata in pectore alla successione di Profumo ora teme di dover concentrare tutti gli sforzi nella sola (difficile) corsa per la presidenza di Confindustria. Le notizie che nelle ultime ore sono giunte alle sue orecchie non sono (per lei) incoraggianti. Un paio di settimane, al massimo, e il quadro sarà più chiaro, soprattutto con la consegna delle designazioni dei vari enti. Ma una cosa è certa, Appendino ha fatto cadere il veto su Profumo, anche se difficilmente sarà a lei a proporne il nome, lasciando ad altri l’onere. Insomma, non sarà lei a intestarselo. Del resto molte sono le porte dalle quali Profumo potrebbe rientrare in Compagnia, a cominciare dal meccanismo delle cooptazioni, come già successo in passato per numerosi consiglieri e addirittura per un vicepresidente. Una scelta che romperebbe la prassi consolidata che vede il presidente espresso direttamente dal sindaco di Torino. E così, pur di evitare di perdere la faccia, Appendino parrebbe disposta a perdere lo scettro.

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