Chi davvero "Lega" il sindacato

Alquanto surreale la polemica dei giorni scorsi scoppiata in casa Cgil e aperta dalla Fiom regionale, sulla presenza di Cgil-Cisl-Uil Regionali alla kermesse di Salvini a Torino.

Orbene, a parte forse le ingenuità nella capacità di analisi presenti in alcuni livelli sindacali, ovviamente non giustificabili, fa alquanto sorridere questa polemica perché non è accompagnata da memoria storica e vive, purtroppo sulla linea normale della società odierna: “Non mi ricordo cosa ho mangiato ieri sera”, così va nel dibattito politico e quindi ogni giorno posso dire il contrario del giorno prima. Si chiama anche (in)coerenza nell’agire.

Polemizzare sulla presenza Cgil all’iniziativa della Lega porterà sicuramente qualche lavoratore e lavoratrice in più a votare e solidarizzare con Salvini, perché proprio la Fiom sa benissimo di quanti militanti ha, in seno, che votano Lega e questo per loro stessa ammissione soprattutto in Lombardia, Veneto e Emilia-Romagna nonché Piemonte. Nessuna polemica in casa Cisl perché ha sempre incontrato tutte le forze politiche costituzionali, anzi sovente si è sollecitato momenti di confronto sui temi locali e nazionali. Poi forse in certe situazione bisognerebbe essere un po’ più “scafati” nell’agire sindacale.

Da dove nasce tutto ciò? Dal 2001, quando con la rottura della Fiom sul Contratto Nazionale dei metalmeccanici non firmato e dalla manifestazione conseguente in cui l’allora segretario nazionale Fiom, Sabatini, dichiarò il “finalmente soli”. Evviva l’unità sindacale, verrebbe da dire! Da lì nacque un sindacato movimentista, che ha cavalcato tutte le onde populiste da sinistra, tutte le battaglie contro tutto e tutti da cui è anche scaturita l’altra ondata populista dei vaffa-day sino a trasformarsi (in)capacità di Governo.

La politica sindacale del dare sempre ragione ai lavoratori anziché guidarli, orientarli, anche contraddirli, ha portato il lavoro dipendente a spostarsi su chi ha saputo interpretare meglio il loro malessere, cioè la destra Salviniana o il vaffa-grillino. Il populismo sindacale di sinistra è stato funzionale al successo della destra leghista.  Quando il sindacato smette di fare il suo mestiere e diventa movimento rinunciando al ruolo di avanguardia, di guida, dei lavoratori il risultato è questo.

Ricordo che a ogni elezione politica e in Italia sono frequenti, c’erano sindacalisti movimentisti che cavalcavano un partito nuovo; ricorderei, oltre alle varie miscele tradizionali di sinistra come Sel, Rifondazione, Leu…; l’Italia dei Valori e la Rivoluzione Sociale di famosi magistrati e poi il grillismo pentastellato. Senza dimenticare che sindacalisti e politici di sinistra appoggiarono, insieme agli imprenditori torinesi, l’attuale sindaco con tutto ciò che abbiamo visto o non visto in questi anni, pur di sconfiggere il centrosinistra.

Questo generare confusione politica, questo continuo ricercare senza approdare a nulla, questo movimento perpetuo ha disorientato i lavoratori facendo perdere anche credibilità al Sindacato, nel suo insieme e spostando l’elettorato del lavoro dipendente decisamente a destra.

Bruno Manghi ci ricorda sempre che il lavoratore è conservatore per sua natura, difende l’esistente e in tempi di continui e veloci cambiamenti se il sindacato non ha la capacità e perseveranza di “fare vedere” il futuro, spiegare i cambiamenti, i lavoratori si smarriscono, oltretutto in tempi di crisi industriale e cercano chi gli da ragione.

Così è avvenuto.

Infatti in questi anni, nella mia casa sindacale abbiamo lavorato sempre spiegando gli avvenimenti, senza mai fare la “bournia” ideologica. Ricordo quante riunioni con i delegati sindacali per spiegare del perché dei flussi migratori, che nessuno ruba il lavoro agli italiani, la coerenza nelle scelte sindacali difficili, Fca docet. Ricordo un bel dibattito, pacato e pieno di motivazioni concrete tra due importanti esponenti del fronte del Sì e del No sul referendum costituzionale, i confronti con docenti universitari sulla Costituzione, sull’Europa, con imprenditori e professori del Poli sul futuro di Torino, la formazione ai delegati, pagina per pagina, riga per riga del CCSL per fare capire quante bugie dette nel Paese dai tuttologi. Insomma, per fare un sindacato che sia un sindacato e non altro bisogna dare strumenti di riflessione alla base sindacale non dottrina ideologica.

Come spiega bene Globalist Syndacation dell’11 giugno 2019 in cui si “scopre” che la base Cgil e Fiom è, in alta percentuale, leghista o grillina e che occorre formazione sindacale. Mi rendo conto, allora, che nel lavoro sindacale siamo stati avanti di dieci anni rispetto a altri Sindacati e poi… bastava avessero alzato la cornetta e chiamarmi, glielo avrei spiegato, gratis, per tempo e senza scomodare Ipsos e magari oggi avremmo un sindacato più forte e unito!

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