CORONAVIRUS & POLITICA

"Qualche falla, ma il Piemonte sta gestendo bene l'emergenza"

Il segretario della Lega Molinari difende l'operato delle Regioni e punta il dito contro il Governo: "Incapace e impreparato, scarica sui Comuni il dramma sociale". Rafforzare la medicina territoriale e con Salvini propone l'adozione del progetto "Covid a casa"

“Avremo una crisi di liquidità enorme e servirà pompare moltissimo denaro nel sistema delle imprese. Il Piemonte, come e forse più di altre regioni del Nord, sarà chiamato a un’altra prova durissima dopo quella che sta vivendo adesso. Bisognerà attuare una serie di iniziative forti e concrete per il mondo produttivo, per il lavoro. Sbloccare, come si sarebbe già dovuto fare prima, tutti i cantieri fermi, sospendere il Codice degli appalti e seguire il modello commissariale applicato per il ponte di Genova. E, soprattutto, serve svincolare i fondi europei dalle destinazioni per cui erano stati previsti per superare, insieme a quella sanitaria e quando questa sarà finita, quella economica. Bruxelles accetterà di farlo?”.

C’è, ancora una volta, l’Europa con le sue regole, molte delle quali ormai paiono anacronistiche e dannose anche ai più fieri sostenitori dell’Unione, nel mirino del segretario della Lega piemontese Riccardo Molinari. Che se concede ancora il beneficio del dubbio nell’attesa di una decisione che la Commissione Europea dovrà, in un senso o nell’altro prendere, non ha esitazioni a puntare dritto sul Governo per quanto riguarda il primo provvedimento in materia di aiuti economici, ma non di meno per la gestione dell’emergenza sanitaria. In una nota ha attaccato frontalmente il presidente del Consiglio: “Ora, dopo che da settimane gli segnaliamo che sta per scoppiare una bomba, perché la gente a casa senza poter lavorare e sta finendo i soldi, cosa fa il premier? Va in tv il sabato sera e dice a tutta Italia di andare dal sindaco. La realtà è che il governo Conte non sa come fronteggiare l’emergenza, che lo ha colto completamente impreparato”.

Onorevole Molinari, lei è capogruppo alla Camera del principale partito di opposizione e azionista di maggioranza della coalizione che governa un Piemonte piegato dal coronavirus. Al netto di quanto deciderà Bruxelles, è evidente che per voi il Governo si sta muovendo male. Lo denunciate ogni giorno. Non rischiate di isolarvi, rispetto a quello spirito unitario che dovrebbe caratterizzare l’azione per affrontare un’emergenza senza precedenti?
“No, anzi ricordo che Matteo Salvini è stato il primo a parlare di un governo di unità nazionale. Ci fu uno spernacchiamento da parte dei partiti della maggioranza, quando in realtà eravamo stati gli unici a comprendere che si stava andando verso una situazione difficile da gestire e che avrebbe richiesto la collaborazione di tutti. Questo, primo perché c’è l’emergenza e la necessità di mettere in atto provvedimenti che siano  quanto più possibile condivisi, ma c’è anche una necessità operativa visto che il Parlamento lavora in maniera contingentata e la maggioranza ha bisogno dell’opposizione. Se noi non diamo la garanzia di portare in aula un numero necessario di parlamentari e non fare ostruzionismo, i provvedimenti non passano. Noi vorremmo, però, incidere per modificare, quando è il caso, i provvedimenti. La collaborazione l’abbiamo offerta e l’abbiamo anche data”.

Però quando Conte, sabato sera è andato in televisione avete fatto, eccome, l’opposizione.
“I provvedimenti che interessano e chiamano in causa i Comuni sono stati fatti senza tenerci in considerazione e i nostri suggerimenti non sono stati ascoltati. Questo non va bene. È la maggioranza che non vuole collaborare con noi, non viceversa. Ma ancor più che il provvedimento nel merito, grave è il fatto che Conte, nonostante da due settimane gli dicessimo che le misure prese nel Cura Italia fossero insufficienti lui ha fatto una conferenza stampa in cui sostanzialmente ha detto agli italiani: andate a citofonare al sindaco. Un modo per cercare di lavarsene le mani e scaricare sugli enti locali la responsabilità. Ha creato un’aspettativa folle, un atteggiamento di disimpegno continuo”.

Salvini, ma non solo lui, continua a indicare e invocare Mario Draghi.
“Ormai questo governo c’è, ma non si può chiedere all’opposizione di rinunciare al suo ruolo. Draghi o altre figure di alto profilo istituzionale potrebbero essere soggetti migliori per un Governo post-emergenza. Pensando a un dopo, con un piano Marshall per l’economia un nome come quello dell’ex presidente della Bce credo che potrebbe trovare la convergenza di tutti i partiti, tolti ovviamente i Cinquestelle”.

Il suo partito giudica il Governo inadeguato anche sul fronte dell’emergenza sanitaria e contrapponendogli le Regioni, quelle del Nord, ripropone una questione irrisolta. Quella del federalismo e dell’autonomia. Questa tragica vicenda in cui vive il Paese può anche essere una sorta di verifica di un sistema in cui Stato centrale e Regioni non hanno mai superato tutta una serie di problemi?
“Quando tutto sarà finito si potranno fare i bilanci, ma nella sfortuna va detto meno male che questa tragedia è successa nelle regioni del Nord. Fosse capitata altrove saremmo a contare molti più morti e di fronte a un sistema sanitario non in grado di gestire la situazione. Tra enormi difficoltà le Regioni stanno gestendo bene l’emergenza, nonostante i problemi che crea il Governo centrale. Non dimentichiamo che proprio dalle Regioni era arrivato l’appello a disporre misure di contenimento ben prima di quanto poi si sia finalmente deciso di fare a Roma. Allora, quando i governatori del Nord chiedevano la quarantena per chi tornava dalla Cina, il tema era andare a mangiare gli involtini primavera nei ristoranti cinesi. Siamo tutti amici dei cinesi e ci piacciono gli involtini, ma a distanza di un mese si è visto cos’è successo”.

Il ministro Francesco Boccia ha detto che le Regioni senza lo Stato crollerebbero.
“Boccia dimostra tutti i giorni di non avere a cuore l’autonomia regionale. Vorrei capore cos’ha pensato quando il governatore della Campania De Luca ha detto le stesse cose che dice quello della Lombardia.

A suo avviso, come sta gestendo il Piemonte questa emergenza?
“Si è fatto un grandissimo lavoro sulla rete ospedaliera, raddoppiando i posti di terapia intensiva in pochi giorni, create o adeguate strutture, convertite cliniche private, allestiti nuovi ospedali Covid. È chiaro però che il sistema ha mostrato falle nella rete territoriale con ritardi delle Asl, scarsità di personale. Affrontata l’emergenza ospedaliera bisogna fare altrettanto su quella territoriale, per evitare quanto possibile che le persone arrivino in ospedale. Il protocollo predisposto ad Alessandria, il Covid a Casa, va in questa direzione. Ne ho parlato anche a Salvini per cercare di proporlo come modello a livello nazionale”.

Dagli ospedali come dai medici del territorio continuano ad arrivare richieste di dispositivi di protezione che ancora scarseggiano o, in alcuni casi, mancano. E anche a livello di gestione delle macchina dell’emergenza non sono mancate critiche e pure qualche scontro.
“Nell’Unità di Crisi regionale qualche problema ci può essere stato. Devo però dire che i problemi grossi li abbiamo con l’Unità di Crisi nazionale. Nonostante che il Piemonte abbia ordinato caschi per la respirazione e altri dispositivi, il decreto prevede che la protezione civile nazionale possa bloccare il materiale ordinato dalle Regioni e distribuirlo a propria discrezione. Questo ha portato a veder bloccati al Piemonte 400 respiratori su 500. Poi le mascherine. I farmacisti che le hanno ordinate per le province di Alessandria e Asti, se le sono viste bloccare a Genova, sempre dall’Unità di Crisi nazionale”.

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